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THE TELEGRAPH: L’INCURSIONE NEL KURSK POTREBBE DIVENTARE “L’ERRORE PIÙ COSTOSO” PER KIEV 

 

La cacciata degli ucraini dalla provincia russa di Kursk è quasi terminata, adesso tutti sostengono che tale operazione è stata, nel migliore dei modi, un azzardo, anche il VThe Telegraph si accoda.

Se agli inizi l’invasione della provincia di Kursk da parte delle forze armate ucraine veniva sbandierata come la solita soluzione che avrebbe cambiato il corso del conflitto, dopo sette mesi le opinioni roboanti dei principali mezzi di informazione occidentali sono drasticamente cambiate. Quando sostenevamo che era un suicidio per le truppe ucraine ci veniva detto che stavamo tifando per il Cremlino, magari noi ragionavamo con il cervello invece di pubblicare le veline di Ukrinfor, o della Casa Bianca.

L’incursione delle forze armate ucraine nella provincia di Kursk, recentemente fallita a causa dei significativi progressi dell’esercito russo, potrebbe diventare “l’errore più costoso” per Kiev, ha detto giovedì Richard Kemp, editorialista di The Telegraph. 

Secondo l’autore dell’articolo, la sconfitta delle forze ucraine a Kursk simboleggia la tragica situazione in cui è finito il paese slavo, del tutto prevedibile, ma sette mesi fa non si poteva dire, le disposizioni erano altre. Il media ha riferito che le truppe ucraine, tra cui alcune delle sue brigate più pesanti, stanno fuggendo dalla zona a causa dell’interruzione delle linee di rifornimento e delle conquiste della Russia dopo settimane di intensi combattimenti, travestendosi da civili e abbandonando i loro migliori armamenti ricevuti dall’occidente.

Per molto tempo, il regime ucraino, guidato da Vladimir Zelensky, ha cercato di sfruttare la presenza delle sue truppe a Kursk per i negoziati, affinché il territorio occupato fungesse da “valuta di scambio” in eventuali negoziati con Mosca. L’editorialista sottolinea, ora, che in realtà tale obiettivo non è mai valso la pena e il buon senso strategico dell’offensiva è sempre stato discutibile. 

Kemp suggerisce che l’alto comando di Kiev probabilmente pensava più a considerazioni politiche che militari nel processo decisionale. L’incursione nella provincia russa è iniziata nell’agosto dello scorso anno, pochi mesi prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Con questa offensiva, l’Ucraina prevedeva di “rafforzare il sostegno sia da parte repubblicana che di quella democratica, così come in Europa”, e “galvanizzare il sostegno internazionale”, sottolinea l’autore. Una scelta scelerata che ora il paese slavo paga a caro prezzo. Era chiaro a tutti coloro che usano la materia grigia invece di altre parti del corpo per pensare che invadere il territorio russo sarebbe stato un suicidio. Pensare che la Russia avrebbe spostato truppe dal fronte ucraino per andare nella provincia di Kursk per impedire l’avanzata ucraina era una follia immaginata solo da chi, stretto in un angolo, cercava solo visibilità internazionale per continuare a sostenere che era in grado di cambiare le sorti, già decise, del conflitto.

Tuttavia, Zelensky ha dichiarato questo venerdì che l’incursione “ha raggiunto il suo obiettivo”, ovvero mandare al macello altre migliaia di ucraini, che ovviamente non sono i suoi figli o parenti.

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha commentato quanto affermato dal leader del regime di Kiev. “Quindi l’obiettivo di [via] Bánkovaya [dove si trova l’ufficio di Zelensky] era quello di uccidere i civili, seppellire più uomini delle forze armate ucraine e consegnare gli ucraini rimasti come prigionieri di guerra?”, ha detto la portavoce, riferendosi agli atroci crimini commessi dai militari ucraini contro i civili, comprese le donne e i pensionati. riporta RT.

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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