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PREMIO SAKHAROV PER I DIRITTI UMANI CONFERITO ALL’OPPOSIZIONE BIELORUSSA

Conferito all’opposizione bielorussa il Premio Sakharov 2020 dal Parlamento Europeo, durante la cerimonia di consegna del premio il 16 dicembre  il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli ha dichiarato che “Dalla loro parte hanno qualcosa che la violenza non potrà mai sconfiggere, la verità”.  

Istituito nel 1988, il “Premio Sakharov per la libertà di pensiero” viene conferito ogni anno dall’Europarlamento a persone o organizzazioni in lotta contro l’oppressione, l’intolleranza e l’ingiustizia. Con questo riconoscimento si premiano le azioni eccezionali in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in particolare la libertà di espressione, la difesa dei diritti delle minoranze, il rispetto del diritto internazionale e lo sviluppo della democrazia, solo però se stai dalla parte giusta, ovvero quella che rappresenta gli interessi dell’Europa e più in generale del capitalismo.   

Vincitore del Premio è quest’anno, stranamente, l’opposizione democratica della Bielorussia, rappresentata dal Consiglio di coordinamento, iniziativa di donne coraggiose come Sviatlana Tikhanovskaïa, candidata principale dell’opposizione che alle elezioni ha ottenuto un grandioso 10 per cento dei voti.

Sassoli aggiunge poi che “Il messaggio dell’Unione europea è chiaro: i cittadini bielorussi devono poter godere pienamente dei loro diritti democratici e vivere in libertà. Noi, nell’Unione europea, abbiamo il dovere morale di sostenerli”. 

Sarebbe bello che almeno una volta l’Unione Europea si ricordasse, nel conferire il Premio Sakharov, che in molti altri paesi vengono sistematicamente violati i diritti umani delle popolazioni nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica e delle istituzioni che dovrebbero garantire la tanto sbandierata democrazia.

Sarebbe bello che l’Unione Europea lasciasse per una volta da parte l’uso politico del premio e guardasse con obiettività anche altre realtà in cui i diritti umani vengono violati. Mi sarebbe piaciuto che il premio fosse stato conferito ai ragazzi che hanno perso la vista in Cile a causa dei pallini sparati dai carabineros durante le manifestazioni di protesta contro il governo Pinera. Oppure, sempre restando in sud America, alla memoria dei 245 ex membri delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia uccisi dopo la firma dell’accordo di pace con il governo colombiano da parte delle milizie paramilitari che operano indisturbate nelle foreste con il bene placido di Ivan Duque. Oppure, cambiando continente, al popolo Saharawi che lotta da trenta anni per l’indipendenza dal Marocco, tanto per fare alcuni esempi.

Ma evidentemente i diritti umani violati non hanno lo stesso peso e quanto da me sperato resterà solamente una vaga speranza.

Andrea Puccio

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