PESKOV RIVELA I DETTAGLI DELL’ACCORDO CON WAGNER
Il portavoce del presidente russo Dmitri Peskov rivela i dettagli dell’accordo tra il Cremlino e Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner, che ieri aveva tentato un colpo di stato, o qualcosa di simile, in Russia.
Ieri sera il capo del gruppo Wagner che si trovava con i suoi uomini a circa 200 chilometri dalla capitale russa improvvisamente aveva comunicato, gelando tutte le speranze dei commentatori televisivi che stavano aspettando che la marcia su Mosca si concludesse con la deposizione di Putin, che aveva deciso di tornare indietro ed interrompere così il suo tentativo di raggiungere Mosca.
Attraverso la mediazione del presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, che sembra vivo e vegeto nonostante alcune settimane fa i nostri poco informati mezzi di informazione lo davano per moribondo in una clinica moscovita, nella sera di ieri si è raggiunto un accordo tra il Cremlino ed il capo del gruppo Wagner. Dmitri Peskov riferendo i termini di questo accordo ha detto che stabilisce la fine delle azioni legali contro Yevgeny Prigozhin e i membri del gruppo Wagner.
Nel dettaglio l’accordo prevede che Yevgeny Prigozhin andrà in esilio in Bielorussia, il gruppo Wagner verrà sciolto ed i membri che ne fanno parte ma che non hanno partecipato all’insurrezione potranno stipulare contratti con il Ministero della Difesa russo. Quindi la compagnia Wagner verrà sciolta ed inglobata nell’esercito di Mosca.
“Se si chiede quale sia esattamente la garanzia che Prigozhin possa partire per la Bielorussia, è la parola del presidente della Russia”, ha dichiarato il portavoce di Putin.
I membri del gruppo militare privato non saranno perseguiti, tenendo conto dei loro meriti sui fronti del conflitto ucraino. Dmitri Peskov ha affermato che la squadra del presidente Vladimir Putin “ha sempre rispettato le loro imprese”.
Peskov ha sottolineato che gli sforzi di Lukashenko hanno raggiunto l'”obiettivo supremo di evitare lo spargimento di sangue e il confronto interno” aggiungendo che il presidente bielorusso ha partecipato ai negoziati con il fondatore del gruppo Wagner poiché conosce personalmente Prigozhin da circa 20 anni. “È stata una sua iniziativa personale”, ha detto.
La notizia della soluzione della crisi innescata venerdì sera da Yevgeny Prigozhin con il tentativo di colpo di stato, o di ciò che si trattava, è arrivata come una doccia fredda su tutti i commentatori televisivi che speravano nello scoppio di una guerra civile interna alla Russia che avrebbe dovuto concludersi con la sostituzione di Putin alla presidenza della Federazione Russa.
Improvvisamente gli orgasmi multipli di cui erano preda i nostri giornalisti si sono interrotti senza preavviso e sono tornati alla cruda realtà ovvero che Putin sarebbe ancora restato al comando della Russia. Allora si sono prodigati a spiegarci che il suo ruolo politico all’interno del suo paese sarebbe stato ridimensionato senza però conoscere i dettagli dell’accordo raggiunto con il gruppo Wagner e con il loro capo. Ma in qualche modo occorreva continuare la sceneggiata.
Non so se realmente il potere politico di Putin ne abbia risentito ma certamente la soluzione trovata, per il momento, pare accontentare il l’inquilino del Cremlino. Ha risolto una crisi che poteva avere conseguenze ben più gravi in modo positivo: ha evitato che l’esercito russo si scontrasse con la Wagner, ha finalmente messo fine alla contraddizione interna che permetteva, nonostante la costituzione non lo permetta, alla compagnia privata Wagner di esercitare le proprie attività inglobandola nell’esercito russo, ha, sempre per il momento, messo a tacere Yevgeny Prigozhin sempre critico verso i vertici militari.
La domanda che però dobbiamo continuare a porci è perché Yevgeny Prigozhin abbia deciso di mettere in atto questa insurrezione? La risposta ovviamente la sa solo lui, noi possiamo solo ipotizzare. Se voleva misurare la sua forza politica in vista di una sua possibile candidatura alla presidenza è stato sconfitto clamorosamente. Stessa sorte gli è toccata se invece voleva misurare il suo peso militare, se invece, come penso io, fosse stato finanziato da forze esterne per tentare una destabilizzazione interna al paese il suo esilio potrebbe permettergli di avere le mani più libere per organizzare dall’estero una sorta di offensiva a Putin.
Inoltre non bisogna dimenticare che dal 1’ luglio il gruppo Wagner sarebbe passato alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa e quindi Yevgeny Prigozhin ne avrebbe perso il controllo. Sicuramente questo non gli piaceva, ciò però non spiega fino in fondo il motivo di quanto avvenuto ieri. Forse ha pensato di avvertire Putin che non era il caso di procedere all’incorporazione nell’esercito dei suoi uomini.
Quali saranno le sorti dei vertici militari e del ministero della difesa russa sempre attaccati da Yevgeny Prigozhin? Per il momento sembra che non ci siano cambi, anche se alcuni fonti riferiscono che domani il Ministro della Difesa Shoigu incontrerà Putin, forse verrà sostituito o andrà a ricoprire un altra funzione.
Concludo con quanto scrive il Generale Fabio Mini oggi sul Fatto Quotidiano: “…Di certo ci sono preoccupanti segnali che gli ultimi gravi eventi non siano casuali o indipendenti. L’offensiva ucraina che parte nelle stesse ore della distruzione della diga; Wagner che dopo aver lasciato il campo di Bakhmut alle truppe regolari con tanto di cerimonie le attacca; l’offensiva che perde e macina tutti i migliori armamenti occidentali e gli Stati Uniti che non chiedono agli alleati d’inviare armi, ma promettono altri miliardi di dollari.
Quale è il piano di Prigozhin oltre all’ovvia mira politica? Vuole una parte di “quei” miliardi o altri miliardi di rubli? Vuole la testa dei generali o quella di Putin? E a chi vuole esibire le teste mozzate? Al popolo russo o agli ucraini e alla Nato? Di certo si rende conto che la sua minaccia è anche la sua condanna, ma quali promesse e garanzie ha ricevuto per un cambio di bandiera e da chi?” .
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info