INCATENATI DAVANTI AL PARLAMENTO PER PROTESTARE CONTRO IL MEMORANDUM ITALO-LIBICO
Un gruppo di uomini e donne provenienti da tutta Italia, appartenenti a varie associazioni che si occupano dei diritti umani e semplici cittadini, questa mattina si sono incatenati davanti al Parlamento, in Piazza Montecitorio, per protestare contro il memorandum firmato tra Italia e Libia sulla gestione degli immigrati provenienti dal paese africano.
La disobbedienza civile messa in scena davanti al Parlamento dagli uomini e dalle donne è stata fatta perché a breve, il 2 novembre, scadranno i termini per stralciare l’accordo triennale stipulato fra il governo italiano e le autorità libiche per fermare la fuga di chi vuole venire in Europa.
Un Memorandum mai passato per il parlamento che permette di addestrare la guardia costiera libica, finanziare i centri di detenzione, armare torturatori e stupratori, effettuare respingimenti collettivi illegali. Un Memorandum voluto dal governo di centro sinistra di Gentiloni e firmato il 2 febbraio 2017, , rinnovato tacitamente 3 anni fa e prossimo ad essere confermato ancora nel silenzio.
Sostenuta dal Partito della Rifondazione Comunista la manifestazione di oggi compiuta da chi, con questo gesto responsabile non accetta che un simile crimine venga perpetrato, chiede lo stralcio del memorandum. Gli slogan degli attivisti richiamano il parlamento ad esprimersi e a scegliere se continuare ad essere complici consapevoli dei carnefici. Intanto la polizia ha già provveduto ad identificare i partecipanti alla manifestazione.
Il 15 ottobre si è svolta la gIORNATA DI MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE organizzata da Abolish Frontex, Diritto di migrare – diritto di restare e Solidarity with Refugees in Libya per protestare a livello europeo contro il memorandum. A Barcellona, Berlino, Berna, Bruxelles, Londra, Madrid, Milano, Napoli, Roma, Zurigo e in molte altre città si sono svolte manifestazioni a sostegno della richiesta di stralciare il criminale memorandum.
Il Memorandum viola le leggi internazionali e i diritti umani. Nel 2012, l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per aver praticato respingimenti di persone provenienti dalla Libia. Per aggirare questa sentenza, nel 2017 viene firmato il Memorandum d’Intesa (MoU). Da allora è stato ampiamente contestato e denunciato da Amnesty International, da altre ONG per i diritti umani, dall’UNHCR, dalle Nazioni Unite e dalla stessa Unione Europea.
Il Memorandum regola la cooperazione tra Italia e Libia in materia di sicurezza e migrazione irregolare prevedendo: il supporto tecnico e tecnologico alla cosiddetta Guardia costiera libica; il completamento del sistema di controllo delle frontiere meridionali della Libia; il finanziamento dei centri di detenzione locali. Il MoU è finanziato principalmente dall’UE e messo in atto da Frontex, l’Agenzia Europea della Guardia di frontiera e costiera. Parte dei finanziamenti va all’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che rappresentano la facciata umanitaria dell’accordo, ma non adempiono al loro dovere di protezione dei rifugiati in Libia.
Sappiamo tutti cosa sta accadendo in Libia dove migliaia di persone provenienti dai paesi africani cercano di imbarcarsi per raggiungere le coste italiane, porta per entrare in Europa. Campi di detenzione in cui vengono reclusi i migranti in condizioni inumane, sottoposti a stupri, omicidi selettivi e molte altre forme di tortura e violazione dei più elementari diritti umani.
Il Memorandum stabilisce un’esternalizzazione radicale delle frontiere, installa un regime di morte ai confini e nei campi di concentramento libici. I numerosi rapporti che evidenziano le atrocità commesse in Libia, finanziate da questo accordo, sono ampiamente noti. Dal 2017, 50.000 persone in movimento sono state respinte e riportate in questi campi dopo essere state intercettate e catturate dalla cosiddetta Guardia costiera libica.
La Libia non è un porto sicuro di sbarco, ma nonostante ciò migliaia di persone vengono riportate sul territorio libico dove ripercorrono il ciclo infernale della detenzione arbitraria e della tratta. Un ciclo fatto di torture, stupri, schiavitù, fame e morte.
Il memorandum, nonostante tutto questo, resta in vigore e tra pochi giorni, nell’indifferenza generale, potrebbe essere nuovamente prorogato dato che per la sua proroga non occorre fare nulla. Sarà prorogato tacitamente dal prossimo governo se nessuno si occuperà di portarlo all’attenzione dell’opinione pubblica. La dimostrazione odierna ha proprio lo scopo di ricordare agli italiani, distratti dalla guerra in corso, che non esistono solo i rifugiati ucraini ma anche coloro che scappano dalle stesse guerre volute dall’occidente ma che abitavano in luoghi dove la pelle dei cittadini non è bianca e gli occhi non sono azzurri.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info
IL MEMORANDUM.
Era il 2 febbraio 2017 quando, sotto l’allora governo Gentiloni l’Italia stipulò un accordo definito “Memorandum Of Understanding” con le allora autorità libiche. Nonostante il Paese fosse ancora in preda ad una guerra civile in cui si confrontavano milizie territoriali, legate a clan affaristici o definite sulla base di conflittualità mai risolte, per fermare l’arrivo in Italia di profughi, provenienti soprattutto dall’Africa Sub Sahariana.
La scelta di fare una “lettera di intenti” (memorandum) e non un accordo vero e proprio nasce dal fatto che questo avrebbe dovuto essere sottoposto ad un voto parlamentare e ad un dibattito pubblico, cosa che si è evitata. Il testo, scarno, è composto da 8 articoli nel testo molto generici.
Si parla di ” sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti”. Da una parte col sostegno italiano ai paesi di provenienza dei migranti, attraverso la realizzazione di investimenti, infrastrutture ecc… (mai realizzate) dall’altra “la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell’Interno”.
Le parti si impegnano poi al potenziamento dei sistemi di controllo delle frontiere meridionali della Libia, per impedire ingressi in quel paese. Particolare attenzione è posta sull’adeguamento e al finanziamento dei centri di “accoglienza” (in realtà di detenzione) in Libia nel rispetto, che nessuno può verificare delle “norme pertinenti”, usufruendo di finaziamenti italiani e UE. Riprendendo il falso mito degli “italiani brava gente”, al nostro paese spetterebbe il compito di “contribuire attraverso la fornitura di medicinali e attrezzature mediche per i centri sanitari di accoglienza, a soddisfare le esigenze di assistenza sanitaria dei migranti illegali, per il trattamento delle malattie trasmissibili e croniche gravi” Ma il personale di questi centri di “accoglienza” andrà anche formato e i centri di ricerca libici che operano nel settore vanno anche sostenuti, “in modo che possano contribuire all’individuazione dei metodi più adeguati per affrontare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani”.
Si parla poi di contribuire ad eliminare le cause dell’ “immigrazione illegale” e si dichiara di voler sostenere le organizzazioni internazionali che operano in Libia nel campo delle migrazioni per incentivare i rimpatri “volontari”. Nel testo si parla anche di incentivare la creazione di posti di lavoro nelle regioni libiche in cui una parte consistente dell’economia si regge sul passaggio di migranti, come se si trattasse di scoraggiare il contrabbando di merci.
Il Memorandum istituisce un comitato misto (italo libico) di persone incaricate di individuare le priorità di azione, identificare gli strumenti di finanziamento, monitorare gli impegni presi. Alla parte italiana spetta il compito di finanziare le iniziative proposte dal comitato misto e soltanto in questo punto (articolo 5) compare un generico riferimento agli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani. Ogni controversia che dovesse sorgere nell’attuazione del Memorandum, andrà composta per via “amichevole” e non diplomatica.
Ogni modifica potrà essere concordata “ha validità triennale e sarà tacitamente rinnovato alla scadenza per un periodo equivalente, salvo notifica per iscritto di una delle due Parti contraenti, almeno tre mesi prima della scadenza del periodo di validità”.
Illustrare il testo è utile per capire a che punto si è oggi. Nel 2020 il Memorandum è stato tacitamente rinnovato senza alcuna modifica, fra pochi giorni si deciderà l’ennesimo rinnovo ed è da credere che gran parte del nuovo parlamento e, se sarà già insediato, del nuovo governo, non interverranno in alcuna maniera.
Poco conta che dal 2017 ad oggi ci siano stati 87 mila respingimenti illegali effettuati grazie a tale strumento o che, gli stessi addestramenti pagati dal governo italiano vengano oggi effettuati da ufficiali turchi. Poco importa che a causa di questo Memorandum al posto di leggi che permettessero l’ingresso legale sicuro, sia aumentato il numero dei naufragi e dei morti in mare. A nulla serve ricordare che anche in sede Onu, molto materiale è stato prodotto per dimostrare che i porti libici non sono POS (Place of Safety, ovvero porti sicuri). Da noi si continua a punire chi soccorre e a premiare chi, col business della sicurezza si sta arricchendo.
A nulla è servito che l’ex direttore di Frontex (l’agenzia europea per il controllo delle frontiere) ha da tempo aumentato il proprio budget e diminuito le spese affidando la gestione dei respingimenti ad aerei e droni che segnalano alle autorità libiche la presenza in mare di natanti carichi di fuggitivi da riprendere ad ogni costo. Lo stesso direttore è sotto inchiesta sia per la gestione dei fondi sia per i respingimenti illegali di cui Frontex è responsabile e la cui operatività è garantita dai contributi italiani ed europei forniti col Memorandum.
Oggi, davanti al parlamento, un gruppo di attiviste/i indignate/i si è incatenato per protestare contro il rinnovo di questo crimine contro l’umanità. Alcuni parlamentari di opposizione si sono fatti vedere, saranno in grado di portare tale istanza in parlamento o tutto passerà nel silenzio? Lo sapremo molto presto, ma le azioni di denuncia, di disobbedienza civile, di protesta, continueranno ancora.
Stefano Galieni