UCRAINA: DA MAIDAN A ROCCHELLI I CRIMINI DI KIEV CON LA BENEDIZIONE DEGLI USA
di Emiliano Squillante
Ucraina, le radici del ritorno dell’ultradestra. Dopo 14 mila morti e 2 milioni di sfollati la proxy war tra Russia e Nato mette il rebus ucraino al centro di una fitta rete di tensioni geopolitiche. Che i reduci del battaglione Azov sparpagliati nelle istituzioni e nei partiti cavalcano.
Della guerra in Ucraina che ha fatto 14 mila morti e 2 milioni di profughi, si parla poco. Gli accordi di Minsk ormai sembrano solo un lontano auspicio, e nei tavoli internazionali se ne discute solo quando torna la paura di un’escalation militare su larga scala in quella che è a tutti gli effetti una proxy war tra Russia e Nato.
PROSPETTIVA LONTANA dal concretizzarsi, ma che mette il rebus ucraino al centro di una fitta rete di tensioni geopolitiche, cavalcate da Kiev che da mesi spinge per una ripresa militare dei territori occupati dai separatisti. Le truppe al confine, le esercitazioni militari nel Mar Nero, la crisi migratoria tra Polonia e Bielorussia e le incertezze sulle forniture di gas danno l’immagine di un paese schiacciato da interessi stranieri contrapposti, la cui politica è sempre più viziata dallo scontro tra spinte nazionalistiche e neonaziste e tendenze di apertura verso l’Occidente. La fotografia di una Guerra Fredda che in Europa orientale non è mai del tutto cessata.
CON IL FORMATO NORMANDIA latitante, del Donbass comunque non si parla. Non si parla dei morti (anche civili) e delle infrastrutture distrutte. Soprattutto, non si parla dei crimini di guerra: morti dimenticate legate a doppio filo al lato nascosto dell’Ucraina. Quello del Battaglione Azov, delle formazioni neonaziste che nel paese (partner della Nato sotto comando Usa) conservano un’influenza significativa, andata rafforzandosi dopo il putsch di piazza Maidan nel 2014.
Ed è proprio nel movimento reazionario di massa della Maidan, culminato tra il 20 e il 21 febbraio 2014 quando negli scontri a fuoco tra i poliziotti della Berkut (la guardia scelta del governo) e i dimostranti morirono oltre 100 persone, che vanno ricercate le radici del ritorno dell’ultradestra in Ucraina. Ritorno parzialmente mascherato dal calo di consensi registrato da formazioni estremiste come Svoboda, che però rappresenta semplicemente la migrazione di esponenti dell’estrema destra in quasi tutti i partiti politici ucraini: personalità a cui sono state assegnate posizioni di rilievo in Parlamento e negli uffici pubblici.
È IL CASO, AD ESEMPIO, di Vadym Troyan, ex secondo in comando del Battaglione Azov tuttora capo della polizia a Kiev, o del “Fuhrer Bianco” Andriy Biletsky, fondatore del Battaglione che nel 2016 ha addirittura fondato un suo partito. Lo stesso Battaglione, protagonista di attacchi feroci alla popolazione russa in Ucraina (soprattutto a Mariupol), non è più una struttura paramilitare ma un reggimento delle forze speciali, dotato di artiglieria e carri armati.
Due gli aspetti importanti dietro alle violenze di piazza Maidan. L’impiego di militanti neonazisti addestrati come cecchini durante le proteste, per incrementare il numero di vittime e incolpare le forze di polizia dell’allora presidente Viktor Yanukovych, deposto nel 2014, fu confermato da uno studio di Ivan Katchanovski, dell’Università di Ottawa, che ha dimostrato come parte dei manifestanti fu uccisa da cecchini appartenenti alle formazioni estremiste Svoboda e Pravij Sektor, appostate sugli edifici del Conservatorio e dell’hotel Ucraina. Una false flag operation, volta a far ricadere le colpe sulla polizia.
DALL’ALTRA PARTE il coinvolgimento degli Usa, interessati a far cadere Yanukovych per il suo orientamento filorusso: circostanze confermate da due contractors georgiani, Alexander Revazishvili e Koba Nergadze, che raccontarono come, la mattina del 20 febbraio, due gruppi di contractors avrebbero dovuto sparare a polizia e manifestanti «cercando di provocare più morti possibili». Istruzioni impartite alla presenza di collaboratori dell’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili e di «un ex soldato dell’esercito americano». Rivelazioni che confermarono non solo la partecipazione di neonazisti alle uccisioni di piazza, ma soprattutto il coinvolgimento statunitense, attraverso la Georgia, nel loro reclutamento.
“EUROMAIDAN” FU IL PRELUDIO di una lunga serie di atrocità commesse dagli estremisti nel paese: emblematico il massacro della Casa dei sindacati a Odessa il 2 maggio 2014, in cui persero la vita almeno 48 persone dopo che i neonazisti, aggredendo i manifestanti contro il governo insediatosi dopo la cacciata di Yanukovych, appiccarono il fuoco all’edificio linciando i pochi che riuscivano a fuggire. Le violenze videro una partecipazione attiva di Pravij Sektor, a cui ancora oggi sono legate personalità di spicco nella politica ucraina.
A DIMOSTRAZIONE DI CIÒ può essere presa un altro “crimine dimenticato” dell’Ucraina: la morte di Andrea Rocchelli, fotoreporter italiano ucciso il 24 maggio 2014 nel Donbass da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino – vicenda che Articolo 21 richiama sempre all’attenzione di noi giornalisti. perchè rappresenta una pagina buia della giustizia italiana: non è un caso che l’autore materiale dell’omicidio, Vitaly Markyv, fosse un neofascista che ai tempi aveva il grado di vice comandante della Guardia nazionale. E non è un caso che la condanna in primo grado a 24 anni sia stata ribaltata dal tribunale di Milano circa un anno fa, dopo le pressioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e l’intervento al processo del ministro dell’Interno Arsen Avakov, che oltre a essere membro del governo è notoriamente vicino al Battaglione Azov e a Pravij Sektor.
«Un vero show con tanto di codazzo di giornalisti ucraini giunti insieme a lui», ricordò a luglio dell’anno scorso Oksana Chelisheva, attivista russa amica personale di Mironov.