LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL E’ DAVVERO PIU’ VICINA?
La luce in fondo al tunnel, ci viene detto, si sta avvicinando, ma sarà davvero la luce o sarà invece il treno che si avvicina? I segnali che la luce davvero rappresenti l’uscita dalla crisi sono contraddittori.
La luce in fondo al tunnel dovrebbe rappresentare in modo metaforico l’uscita dalla crisi provocata dalla pandemia, ma come ne usciremo? I segnali non sono confortanti ma soprattutto smentiscono tutti coloro che nei primi mesi della pandemia ipotizzavano che al termine dell’ennesima crisi il mondo sarebbe stato più equo e giusto. Insomma la pandemia avrebbe dovuto far prendere coscienza che occorreva cambiare il nostro sistema di vita.
In effetti i segnali che negli ultimi mesi si registrano in vari settori non possono smentire che andiamo verso un cambiamento, un cambiamento che però cozza frontalmente con le idee progressiste di chi auspicava una rivisitazione del sistema capitalistico che non era stato in grado, durante i peggiori periodi della pandemia, di assicurare protezione ai cittadini. Ma andiamo con ordine.
Ultimo, ma solo in senso temporale, provvedimento che smentisce clamorosamente quelli che speravano in un cambio di passo è il Disegno di Legge presentato dal nostro governo in materia di concorrenza. Mentre i nostri mezzi di informazione si ostinano a considerarlo un provvedimento che aumenterà la concorrenza, con indubbi benefici per i cittadini, si dimenticano che con il DdL viene messa una pietra tombale nella gestione pubblica dei servizi pubblici.
Il DdL, come altre riforme che dovranno essere fatte, ce lo ha chiesto l’Europa, sempre attenta alle privatizzazioni per elargire finanziamenti. Questa volta per ai accedere ai fondi del Next Generation Eu la Commissione Europea ci ha imposto di privatizzare anche quel poco che di pubblico restava, ovvero la gestione dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti e dell’energia.
Infatti con il nuovo DdL il governo ha di fatto cancellato ogni possibilità pratica che tali gestioni possano restare in mano al pubblico per la gioia del capitale finanziario pronto ad ottenere benefici economici da qualunque cosa. Marco Bersani di Attac Italia,in un articolo, scrive che è un provvedimento vergognoso che, sin nelle finalità espresse all’art. 1, sembra aver completamente accantonato quanto la pandemia ha evidenziato oltre ogni ragionevole dubbio: il mercato non funziona, non protegge, separa persone e comunità.
Senza alcun senso del ridicolo, continua Marco Bersani, si dice che il provvedimento ha lo scopo di “promuovere lo sviluppo della concorrenza e di rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati (…) per rafforzare la giustizia sociale, la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici, la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini”.
Insomma un bel passo in avanti che cancella inoltre il referendum del 2011 in cui gli italiani si erano chiaramente espressi perché l’acqua restasse un bene in mano pubblico. Referendum che del resto non è mai stato messo in pratica che però adesso viene definitivamente messo in soffitta se il DdL sulla concorrenza, non verrà modificato. Dubito che verrà modificato in senso meno privatistico visto che gli unici che non sono stati toccati ovvero i gestori degli stabilimenti balneari, dovranno mettersi il cuore in pace perché la solerte Europa ha affermato che anche le loro concessioni dovranno essere messe a gara europea.
Il mercato del lavoro è stato reso ancora più flessibile e precario grazie alla revoca da luglio scorso del blocco dei licenziamenti. Ciò ha permesso a varie aziende, tra cui la GKN di Campi Bisenzio, di licenziare con una email i propri dipendenti con la scusa di voler delocalizzare i propri stabilimenti all’estero. Inoltre nelle politiche del nostro governo non viene mai presa in considerazione la pur minima ipotesi di aumento dei salari dei lavoratori dipendenti con l’introduzione di un reddito minimo nonostante il nostro paese sia l’unico in Europa che non ha registrato, negli ultimi due decenni, aumenti salariali. .
Sul piano della lotta ai cambiamenti climatici poi restiamo alle parole. Il g 20 di Roma che doveva, tra le altre cose, essere il momento per la discussione e la messa in atto di politiche che limitassero le emissioni di gas serra nell’atmosfera si è trasformata nella solita gitarella fuori porta per i capi di stato delle nazioni più industrializzate del paese. Si è raggiunto il ridicolo quando i venti capi di stato, di spalle alla Fontana di Trevi, nel più classico dei riti scaramantici, hanno gettato la classica monetina nelle acque della fontana come fanno di solito i turisti. Quale sarà stato il desiderio espresso da ognuno di loro nessuno lo sa.
La COP 26 che si sta svolgendo a Glascow, estensione del recente G 20 di Roma, resta la solita riunione piena di buoni propositi ma che non porterà a nulla perché semplicemente il nostro sistema economico, dove la crescita economica è una costante imprescindibile, considera l’ambiente come un mezzo di produzione necessario alla moltiplicazione del capitale. L’ambiente e le sue risorse energetiche e minerarie sono necessarie alla crescita economica che sta alla base del capitalismo, quindi ridurre banalmente le emissioni di gas serra riducendo l’uso dei combustibili fossili significherebbe ridurre la crescita globale.
Se poi si considera che per inquinare basta pagare allora ditemi voi come si potranno ridurre le emissioni nocive in atmosfera. Infatti una nazione, un’industria o una semplice persona può acquistare i certificati green per far fronte alle emissioni eccedenti di gas serra. Chi eccede da queste quote acquista dei certificati che gli permettono di continuare ad inquinare, i proventi di tali certificati verranno poi utilizzati per il rimboschimento o per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Insomma se hai i soldi paghi per fare le tue gite in jet privato emettendo tonnellate di gas serra alla faccia dei cambiamenti climatici.
Il mercato dei certificati green nel 2018 valeva 300 milioni di dollari ma nel 2030, secondo alcuni analisti, questo mercato potrebbe raggiungere lo stratosferico valore di 100 miliardi di dollari. Forse qualcosa ci sta sfuggendo quando parliamo di riduzione delle emissioni dei gas in atmosfera.
Pochi esempi che indicano da quale parte il mondo si sta dirigendo dopo la pandemia, mentre nelle piazze si continua a manifestare contro il green pass come se l’abrogazione di questo pezzo di foglio fosse la soluzione a tutti i mali. Non voglio dire che non è giusto manifestare per una cosa che si ritiene inadeguata ma magari altre problematiche sono forse più importanti e meriterebbero la stessa attenzione da parte di chi urla contro il green pass. Senza contare poi che quasi nessuno nei grandi mezzi di informazione pone attenzione a quanto, ad esempio, ho scritto sopra rendendo ogni discussione ancorata ai vaccini ed al green pass.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info