CUBA: CONVOCATA PER IL 15 NOVEMBRE NUOVA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA
Il 15 novembre prossimo Cuba riaprirà completamente i propri confini permettendo così l’ingresso sull’isola del tanto necessario turismo, ma nello stesso giorno è stata indetta una manifestazione per protestare contro le politiche del governo. Una semplice casualità?
Dopo un anno e mezzo dall’inizio della pandemia anche Cuba si appresta con gradualità a tornare alla normalità. Questo significa soprattutto il ritorno del turismo sull’isola, tanto necessario per un paese sottoposto al blocco economico, commerciale e finanziario più lungo della storia. Necessario perché questa è la principale fonte di ingresso di valuta pregiata per Cuba e quindi dal 15 novembre sarà più facile raggiungere l’isola.
Il 15 novembre però non sarà solo il giorno in cui per entrare a Cuba sarà necessario solo esibire il green pass e non sarà più necessario fare sette giorni di quarantena in un hotel, ma sarà anche il giorno in cui verrà convocata dai gruppi controrivoluzionari un’altra manifestazione per protestare contro le politiche del governo. Un caso?
Penso proprio di no, ma andiamo con ordine. L’11 luglio scorso erano scese in piazza in varie città di Cuba alcune migliaia di persone per protestare contro il governo reo. a loro dire, di essere incapace di soddisfare le esigenze della popolazione. Venivano contestate al governo la penuria di alimenti, la gestione fallimentare della pandemia che avrebbe privato il paese della maggiore entrata di moneta ovvero il turismo, la scarsità di medicinali, la lentezza della campagna vaccinale, senza però, in alcun momento, ricordare che il paese è sottoposto al blocco. Era stata usata la pandemia per tentare di sovvertire il governo giocando la solita carta della divisione della popolazione.
Durante le proteste alcune persone avevano attaccato istituzioni governative e negozi per arraffare qualunque cosa avesse un valore e non alimenti. Avevano rubato materassi, televisori, frigoriferi ed elettrodomestici vari. Inoltre durante le pacifiche manifestazioni alcuni facinorosi avevano attaccato le forze di polizia ferendo alcuni agenti. I responsabili erano ovviamente stati arrestati come accade in qualunque paese. La macchina mediatica aveva però trasformato, come avviene oramai da anni, i violenti in prigionieri politici. Gli arrestati per i mezzi di informazione non erano violenti ma persone perseguitate perché avevano partecipato alle manifestazioni.
Da un paio di settimane sui social stanno girando post che incitano la popolazione cubana ad aderire in massa alla prossima manifestazione che secondo gli organizzatori si terrà il 15 novembre prossimo. In realtà la data è stata posticipata di due settimane, infatti la prima convocazione era per il 1’ novembre. La data è stata modificata solo dopo che il governo aveva dichiarato che il 15 novembre sarebbe stato il giorno in cui si riapriva il paese al turismo.
Se nella prima manifestazione i promotori imputavano al governo l’incapacità nel risolvere le necessità della popolazione, in quella convocata per il prossimo mese gli stessi promotori accusano l’esecutivo di irresponsabilità per aver preso la decisione di riaprire il paese ancora, secondo loro, in condizioni non adeguate per accogliere i turisti a causa della pandemia. Insomma prima si punta l’indice su Miguel Diaz Canel perché ha chiuso il paese al turismo, poi quando decide di riaprirlo viene additato perché sarebbe troppo presto.
Se ci sono degli irresponsabili non sono certamente i membri del governo cubano ma i promotori delle manifestazioni che usano il primo giorno di riapertura del paese al turismo per una evidente necessità di visibilità. Ma non solo. Indire una manifestazione quel giorno significa inoltre presentare ai turisti una nazione che potrebbe sembrare instabile e non sicura come invece viene a ragione considerata a livello internazionale. Un macabro tentativo che cerca di impedire a Cuba di rialzarsi grazie al turismo. E questa sarebbe la nuova classe politica che si candida alla guida dell’isola caraibica.
Con magica prontezza alla notizia della convocazione della prossima manifestazione le varie organizzazioni che sostengono i controrivoluzionari o che si occupano dei diritti umani hanno fatto sentire le loro voci. L’Osservatorio Cubano per i Diritti Umani, un’organizzazione a libro paga del governo statunitense, quindi indipendente, chiede all’Onu misure urgenti per proteggere i manifestanti del 15 novembre, Amnesty International invece ha criticato la decisione del governo di impedire la manifestazione di protesta del 15 novembre ricordando alla comunità internazionale le centinaia di persone ancora detenute dopo la manifestazione del 11 luglio.
Insomma la macchina mediatica non ha perso tempo ed è in piena attività per convincere i cubani a partecipare alle manifestazioni e per mettere l’isola ancora una volta in primo piano a livello internazionale cercando di oscurare così i risultati della campagna di vaccinazione. Campagna che in poche settimane ha ridotto i casi giornalieri di contagio da oltre 9.000 a poco più di 1.000 degli ultimi giorni. Proprio qui sta il problema per i controrivoluzionari.
I nuovi patriotti cubani hanno basato tutta la loro azione politica sulla narrativa che il governo fosse incapace di far fronte agli effetti della pandemia arrivando a sostenere che i vaccini non esistevano e che il governo stava giocando con la salute del popolo cubano ingannandolo. Adesso che i vaccini hanno ridotto di oltre l’80 per cento i casi di contagi tutto il castello di menzogne propagandate dai gruppi controrivoluzionari sta inevitabilmente crollando. Riaprire il paese al turismo significa, come detto, permettere all’isola di incamerare moneta pregiata che poi userà per acquistare tutte quelle merci che adesso scarseggiano e per riportare l’assistenza sociale ai livelli prepandemici.
Sabotare il turismo è la parola d’ordine della controrivoluzione, impedire all’isola di rialzarsi dalla crisi è l’unico modo per ottenere consenso nella popolazione meni politicizzata e stanca per gli effetti della pandemia. Ecco allora che convocare una manifestazione per il 15 novembre diventa imprescindibile per quella parte minoritaria dei cubani che spera in un cambio di governo sull’isola.
Infine gli Stati Uniti, finanziatori della manifestazione, hanno già dichiarato che prenderanno provvedimenti verso l’isola se il governo dovesse incarcerare o processare i manifestanti. E coloro che si dovessero macchiare di eventuali atti violenti il governo cubano cosa dovrebbe farne, dargli una medaglia?
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info