COLOMBIA: LE MANIFESTAZIONI CONTRO IL GOVERNO DUQUE NON SI FERMANO E VENGONO REPRESSE NEL SANGUE
Sesto giorno di proteste in Colombia contro il pacchetto di riforme proposte dal governo di Ivan Duque iniziate lo scorso 28 aprile mentre le repressioni della polizia e dell’esercito contro i manifestanti non cessano. Il bilancio delle repressioni è drammatico.
Le proteste contro il pacchetto di riforme proposte dal governo colombiano sono iniziate lo scorso 28 aprile: in molte città della Colombia migliaia di persone hanno iniziato a manifestare pacificamente contro tali riforme ma la polizia ed il corpo speciale anti sommossa (Esmad), come oramai avviene quando la popolazione manifesta contro i governi di destra in sud America, hanno represso il dissenso con violenza inaudita.
Il bilancio di cinque giorni di repressioni da parte della polizia e dell’esercito è drammatico, le organizzazioni che lottano per il rispetto dei diritti umani in Colombia hanno denunciato almeno 21 persone uccise durante gli scontri con la polizia, 208 feriti, 18 con mutilazioni o lesioni agli occhi, 10 casi di violenza sessuale e violenza di genere, almeno 503 detenuti e 42 aggressioni intenzionali contro difensori dei diritti umani o reporter indipendenti. Ma i dati potrebbero essere ancora più drammatici, infatti le autorità non forniscono alcuna notizia su le persone che attualmente risultano disperse. Secondo le organizzazioni dei diritti umani almeno una trentina di cittadini colombiani risultano scomparsi.
Tra le iniziative prese da Ivan Duque per tentare di soffocare le manifestazioni ieri il Presidente ha deciso di schierare l’esercito a fianco della polizia e dell’Esmad con il risultato di militarizzare di fatto la Colombia senza però ottenere il risultato voluto, infatti le proteste non sono cessate. Inoltre ieri Duque ha annunciato ufficialmente che verrà ritirata la riforma tributaria dopo che in precedenza aveva affermato la sua revisione.
La riforma tributaria prevedeva un aumento generalizzato delle tasse e delle imposte che andavano a gravare per il 70 per cento sulle classi poveri e medie della popolazione. Prevedeva tra le altre cose l’aumento dell’Iva sulla maggior parte dei generi di prima necessità come la benzina la cui aliquota passava dal 5 al 19 per cento. La riforma era nata dall’esigenza del governo di aumentare gli ingressi tributari per aumentare poi l’assistenza sociale, ma in pratica erano gli stessi cittadini meno abbienti che necessitavano degli aiuti a pagare per questi aiuti. Da qui il rifiuto generalizzato della popolazione alla riforma e la scesa in piazza per manifestare il proprio rifiuto. Ma il governo di fronte alla crisi economica decideva di acquistare 26 caccia supersonici F16 da guerra, goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Nonostante però il governo abbia ritirato la riforma tributaria le proteste non cessano perché la riforma globale del sistema fiscale colombiano contiene infatti riforme alla sanità, alle pensioni ed al mercato del lavoro. La nuova riforma sanitaria prevede che il malato affetto da patologie croniche paghi una tassa aggiuntiva per ricevere le cure, scompaiano gli ospedali che si dedicano alle cure dei malati di cancro, vengono soppressi i regimi sanitari speciali come quello degli insegnanti ad eccezione di quello del Presidente e del Vicepresidente che restano per questo dei privilegiati, viene chiesto agli ospedali di ridurre i costi di gestione e quelli che non lo faranno saranno chiusi. Insomma una riforma che mette in serio rischio la salute in Colombia e rende il sistema sempre più privatizzato e per conseguenza accessibile sono a chi dispone di grandi ricchezze.
Dopo che il Presidente della Repubblica ha ritirato il progetto di riforma tributaria il Ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla e il suo vice ministro Juan Alberto Londoño hanno deciso di rassegnare le dimissioni. Infatti questa mattina il Ministro ed il Viceministro si presenteranno di fronte ad Ivan Duque per lasciare i loro incarichi. essendo loro i promotori della riforma tanto osteggiata dalla popolazione.
Insomma in Colombia la popolazione sembra proprio che non ne possa più di questo governo che calpesta i più elementari diritti dei cittadini. La protesta nasce dal ripudio di una riforma tributaria ma affonda le radici nel malcontento generalizzato delle classi popolari. Le manifestazioni sono state anche l’occasione per protestare e denunciare nuovamente le continue violenze da parte delle bande paramilitari nei confronti dei leader sociali, degli ex appartenenti alle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane sistematicamente uccisi dopo la firma degli accordi di pace, della mancanza di politiche di sostegno ai contadini che decidano di sospendere la coltivazione della coca, della decisione del governo di distruggere le piantagioni di coca con il Glifosato e di tutte quelle forme di violenza che la popolazione subisce dall’arrogante governo.
Sperare poi che la comunità internazionale prenda una posizione di condanna verso queste violenze sarebbe come volere la luna. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se solo un manifestante fosse stato ucciso nelle manifestazioni che mesi addietro hanno portato in piazza gli abitanti di Hong Kong da parte della polizia. Tutti i governi compatti nel seguire ed assecondare le politiche statunitensi avrebbero gridato allo scandalo, alla dittatura, alla mancanza del rispetto dei diritti umani e cosi via, ma di fronte a quello che il governo colombiano sta compiendo in questi giorni non mi risulta che ci sia stata alcuna denuncia, seppur minima, da parte di coloro che mettono il rispetto dei diritti umani al di sopra di tutto. Ma al cagnolino Duque in fondo abbiamo perdonato tutto quindi anche gli avvenimenti di questi giorni gli perdoneremo in cambio della sua fedeltà atlantica.
Un caso come molti altri della politica dei due pesi e delle due misure.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info