A CUBA NUOVA RIFORMA DEL LAVORO PER CONTO PROPRIO NEL MEZZO DELLA CRISI ECONOMICA
Con l’inizio del nuovo anno a Cuba sono entrati in vigore vari provvedimenti tra cui la riforma monetaria, il riassetto delle tariffe per i servizi pubblici e l’ampliamento delle professioni che i cubani possono svolgere in forma privata oltre all’aumento dei salari dei dipendenti pubblici.
La riforma monetaria ha eliminato la circolazione del Peso Convertibile conosciuto anche come CUC lasciando quale sola unica moneta circolante il Peso Cubano o CUP. Contemporaneamente alla riforma monetaria lo stato ha deciso di attualizzare le tariffe dei servizi pubblici forniti come i trasporti, le tariffe dell’acqua e dell’energia elettrica ed altro ancora. Tale attualizzazione si è resa necessaria perché oggettivamente le tariffe pagate dai cittadini per tali servizi erano troppo basse e lo stato nella situazione economica attuale non era più in grado di sostenere il quasi completo costo dei servizi, quindi è stato deciso di sussidiare solo parte delle tariffe.
Altra importante riforma approvata ed entrata in vigore dall’inizio del nuovo anno è quella che aumenta notevolmente il salario dei lavoratori pubblici. Una timida riforma salariale era già stata fatta nel giugno 2019 ma questa è molto più radicale: i salari saranno elevati 4,5 volte. Il salario minimo sarà di 2100 Pesos ed il più alto arriverà alla somma di 9510 Pesos.
Ultima in senso temporale è invece la riforma del lavoro per conto proprio. Ufficialmente creato oramai quasi dieci anni fa nel corso degli anni il cuentapropismo, così è chiamata a Cuba l’attività privata, ha subito varie riforme per correggere gli errori che nel tempo hanno portato questi tipi di lavoratori ad essere una categoria privilegiata. Nel trascorrere degli anni i cuentapropistas, grazie allo sviluppo del turismo, hanno visto aumentare i propri redditi di molto creando una frattura sociale nella società cubana. Il lavoratore pubblico poco retribuito aveva perso il desiderio di lavorare e molti di loro avevano abbandonato la loro precedente occupazione passando dal pubblico al privato.
La nuova riforma ha ampliato il numero delle professioni che possono essere svolte in forma privata portandole ad oltre 2000. Restano comunque in mano allo stato l’istruzione, anche se viene creata la figura del professore che impartisce lezioni di recupero, la sanità in tutte le sue declinazioni, la difesa, la produzione e la commercializzazione di combustibili, la produzione e la commercializzazione di armi ed esplosivi, la comunicazione in tutte le sue forme ed altre attività di primaria importanza sociale. Con questa riforma si è voluto in primo luogo contrastare con i fatti quelle notizie che giungono da coloro che vedono nella rivoluzione e nello stato un ostacolo alla propria libertà imprenditoriale.
Sovente si sente dire che lo stato non permette alle persone di svolgere il lavoro che desidera in forma privata, con questa riforma si permette a chiunque di svolgere la professione che desidera. Tale affermazione propagandata ed amplificata dai social controrivoluzionari finanziati dal vicino a stelle e strisce tenta di creare in quell’opinione pubblica cubana, poco attenta alle conquiste sociali che la rivoluzione giornalmente gli apporta, la convinzione che bisogna cambiare forma di governo abbandonando il socialismo. Queste persone pensano che occorra abbandonarsi alle luci incantate di un capitalismo selvaggio come quello che vivono i loro parenti emigrati negli Stati Uniti e che sui social non perdono occasione per accusare il governo cubano di essere la causa dei problemi dell’isola. Adesso lo stato concede a chiunque di svolgere il lavoro che vuole.
Quando nel 2013 venne autorizzato il lavoro per conto proprio la parte più ortodossa del Partito Comunista Cubano vide l’ingresso del lavoro privato nella società dell’isola come il cavallo di troia del capitalismo per distruggere il socialismo a Cuba. A ben vedere a quasi dieci anni da quel momento gli ortodossi non avevano tutti i torti ed i dubbi sollevati hanno oggi delle solide basi di appoggio.
Infatti la categoria dei cuentapropistas è senza dubbio quella che maggiormente attacca il sistema economico di Cuba contribuendo in maniera determinante ad alimentare le illegalità. Inoltre si lamentano continuamente perché lo stato richiede da loro il pagamento delle imposte. Imposte che invece secondo loro non sarebbero dovute, pensano che lo stato gli debba fornire i servizi gratuitamente e non si sentono in dovere di contribuire al loro costo. Purtroppo lo stato al momento di autorizzare l’attività privata ha lasciato aperti troppi spazi normativi che hanno permesso ai lavoratori per conto proprio di fare un po’ quello che volevano.
Con questa riforma vengono aumentati i controlli contro la dilagante evasione fiscale che i lavoratori per conto proprio commettono ogni giorno. Dall’entrata in vigore della riforma ogni cuentapropistas deve giustificare il 100 per cento dei prodotti acquistati per rivendere o trasformare, prima era solo il 50 per cento. Il ristoratore, ad esempio, deve in pratica dimostrare con i documenti di acquisto dove reperisce la carne, il riso, i fagioli, il sale, lo zucchero, le bevande ed ogni altro genere alimentare usato per fornire il servizio di ristorazione. Il falegname deve comprare il legname necessario per la produzione dei suoi manufatti presso rivendite o contadini autorizzati al taglio del legname.
Purtroppo negli anni si è creato un vero e proprio mercato nero di qualunque cosa. La maggior parte delle risorse necessarie ai cuentapropistas per le loro attività viene sottratto illegalmente allo stato e rivenduto ai lavoratori per conto proprio. A Cuba non esiste un mercato all’ingrosso dove gli artigiani ed i commercianti possono recarsi per rifornirsi: i ristoratori o i barristi acquistano i loro prodotti negli stessi negozi dove acquistano i normali cittadini. Spesso si verifica che le merci scarseggiano perché un ristoratore ha acquistato ingenti quantità di pollo o carne. Altre derrate alimentari vengono vendute direttamente dai contadini, che grazie alla compiacenza di ispettori corrotti, deviano parte delle loro produzioni verso la vendita privata sottraendole allo cessione allo stato. Secondo le vigenti leggi i produttori agricoli devono vendere l’80 per cento delle loro produzioni allo stato ed il restante 20 per cento può essere venduto indipendentemente o usato per il proprio sostentamento.
Al fine di disincentivare la vendita in proprio dei prodotti agricoli lo stato ha inoltre aumentato il prezzo di acquisto delle merci dai contadini. Il riso viene acquistato adesso a oltre 10 mila Pesos la tonnellata mentre il latte viene pagato al massimo 7,5 Pesos al litro ai produttori allineandosi ai prezzi internazionali (un Peso vale un ventiquattresimo di dollaro).
Tutte queste riforme sono state messe in essere nel mezzo della crisi economica più grave che il paese soffre dalla caduta del campo socialista agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso. Molti sull’isola si chiedono se era davvero il momento giusto oppure se fosse stato il caso di aspettare momenti migliori. Io credo che lo stato abbia fatto bene ad attuare tutte queste riforme anche se come è ovvio al momento la situazione a Cuba è molto difficile. La pandemia di corona virus ha ridotto quasi a zero il turismo privando il paese della fonte di maggior entrata di valuta pregiata. Inoltre le cure delle persone affette dal corona virus sono costose ed obbligano il governo ad usare le poche risorse economiche in valuta pregiata per acquistare i medicinali necessari e per mantenere lo standard sanitario interno agli alti livelli a cui la popolazione dell’isola è abituata. Non ci dobbiamo quindi stupire se lo stato non destina molti dei pochi denari a disposizione per l’acquisto sui mercati internazionali di generi alimentari. Si percepisce realmente in questa fase la penuria di alimenti anche se nessuno sta soffrendo la fame. Le code di fronte ai negozi sono purtroppo diventate una costante.
Non ci dobbiamo poi dimenticare che con la presidenza di Donald Trump le misure economiche e finanziarie approvate dalla sua amministrazione contro Cuba hanno contribuito ad aumentare il già enorme e pesante blocco. Durante i quattro anni alla Casa Bianca Trump ha emanato oltre 240 misure coercitive contro l’isola rafforzando il sessantennale blocco economico, commerciale, e finanziario che Cuba stoicamente sopporta. Assieme alla crisi provocata dal Covid 19 il continuo attacco da parte degli Stati Uniti a ridotto le capacità economiche dell’isola. Infatti non bisogna mai dimenticare quando si parla di Cuba che l’isola è sottoposta dal 1962 al più lungo ed illegale blocco economico della storia dell’umanità. Quindi se alle volte le decisioni prese dallo stato possono far storcere il naso ai puristi del socialismo reale occorre ricordare che uno stato sottoposto a questo tipo di misure non vive una situazione normale e le decisioni prese potranno inevitabilmente essere non del tutto condivisibili come quella di aver aperto maggiormente alla libera professione. L’economia sta sempre più diventando mista, dove lo stato resta imprenditore nei campi primari e delega ai lavoratori per conto proprio la gestione delle attività minori e di piccole dimensioni. Anche se non disdegna gli investimenti stranieri e per questo ha semplificato le procedure per attirare investitori dall’estero. sull’isola.
Lo stato ed i suoi più alti dirigenti conoscono benissimo i problemi che il cuentapropismo ha creato nella società cubana ma evidentemente mettendo sulla bilancia i pro ed i contro il piatto pende verso il lato dei benefici. Le misure di controllo sui lavoratori per conto proprio, l’aumento dei salari dei dipendenti pubblici, la riforma monetaria nel medio e lungo termine avranno certamente un impatto positivo sul socialismo cubano. Credo che in questa fase storica occorra cercare in tutti i modi di resistere al capitalismo strisciante anche a patto di concedere qualcosa al nemico, nella fattispecie i lavoratori per conto proprio, per non perdere tutto ciò che negli gli anni la rivoluzione cubana a dato ai suoi cittadini. Bisogna però, tenere sempre presente che tali figure spesso lavorano per distruggere proprio quella rivoluzione che gli garantisce istruzione ai figli e assistenza sanitaria gratuite e quindi, che gli piaccia o no, devono rispettare le regole e non oltrepassare il limite concessogli.
Credo comunque che al momento la decisione di aver ampliato il ventaglio delle professioni non avrà alcun effetto sul piano pratico. Attualmente sono molti i cubani che avevano lasciato il lavoro o che non lavoravano affatto vivendo solo delle rimesse dei parenti all’estero che hanno deciso di ritornare nel settore pubblico incentivati dagli alti salari e dagli ammortizzatori sociali che lo stato garantisce a coloro che momentaneamente hanno dovuto interrompere il lavoro per la pandemia. Infatti lo stato garantisce il 60 per cento dei salari a chi non lavora a causa della pandemia, nel settore privato nessun lavoratore riceve un Peso perché il bar o il ristorante dove lavorava ha chiuso per mancanza di clientela o turisti. Attualmente sono molti di più i cubani che abbandonano il lavoro per conto proprio di quelli che iniziano una nuova attività spinti dall’aumento delle professioni che questa riforma concede. Oltre 100 mila persone si sono recate presso gli uffici del lavoro per chiedere un’occupazione statale. La crisi del turismo ha certamente dirottato molta manodopera verso il settore statale ma anche gli aumenti salariali hanno contribuito al ritorno dei cubani al lavoro pubblico. Le stime indicano che circa 617 mila cubani si dedicano al lavoro per conto proprio ma al momento sicuramente una grande percentuale di questi non sta più lavorando nel settore privato soprattutto nelle città a grande flusso turistico. La maggior parte delle attività private sono legate direttamente o indirettamente al turismo che essendo crollato ha lasciato questi lavoratori per strada. Di fatto sono migliaia le persone che hanno sospeso la propria licenza che però non avendola restituita figurano ancora tra i cuentapropistas.
Per concludere mi sento di affermare che al netto di tutti i problemi che al momento queste riforme stanno portando alla popolazione, primo fra tutti la limitata offerta di generi alimentari e il conseguente aumento dei prezzi causati dalla poca offerta, il governo cubano si sta muovendo nella giusta direzione. Occorre però che i cubani si rendano conto che non è possibile vivere solo di turismo ma bisogna implementare notevolmente le produzioni nazionali prime fra tutte l’agricoltura e l’allevamento. La pandemia deve servire per far comprendere che il turismo è un’industria troppo soggetta alle mutazioni politiche ed ambientali. Il turismo per un paese come Cuba che è soggetto a blocco economico non può essere la prima fonte economica ma deve diventare quel mezzo per sviluppare ulteriormente la sua economia. In sintesi Cuba non si può permettere per sfamare la popolazione di dipendere in gran parte dalle importazioni finanziate con i proventi del turismo ma deve creare un proprio mercato interno di sicurezza che prevenga le eventuali crisi politiche ed ambientali che si potranno verificare. Infine i cubani devono comprendere che non è possibile vivere aspettando un turista ma che devono prendere in mano gli attrezzi agricoli ed usare la terra per produrre quanto necessario per vivere. Almeno fino a quando i vicini nord americani non decideranno di rendere Cuba un’isola libera, indipendente e sovrana nelle sue decisioni politiche. ma i tempi saranno purtroppo lunghi quindi al popolo cubano non resta che ascoltare gli appelli del Presidente della Repubblica Miguel Diaz Canel che invoca l’autonomia alimentare per l’isola per uscire dalla crisi.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info