GLOBAL TIMES: I DAZI PORTERANNO ALLA DEAMERICANIZZAZIONE DEL MONDO
Dazi sì … Dazi no … i capricci di Donald Trump continuano, prima mette dazi a tutti i paesi del mondo. poi, oggi, li riduce al 10 per cento ad eccezione della Cina perché è stata cattiva avendo avuto l’ardire di rispondere con misure similari.
Ma le bizze di Donald Trump ha qualcuno hanno portato molto bene, coloro che sapevano delle sue intenzioni hanno ottenuto guadagni borsistici da capogiro, infatti la borsa di New York è letteralmente volata. L’indice S&P 500 ha guadagnato il 9,52 per cento, rappresentando la migliore performance dal2008, il Nasdaq è salito del 12,16 per cento , il più grande balzo giornaliero da gennaio 200,1 e il Dow Jones è aumentato del 7,87 per cento a dimostrazione che i soldi non si fanno lavorando.
In mezzo a questo scenario in rapido mutamento a secondo degli umori di Trump, il quotidiano cinese Global Time cerca di fare un po’ di chiarezza. In un editoriale viene affermato che l’imposizione di tariffe da parte degli Stati Uniti non fermerà la globalizzazione economica.
Per spiegare perché la misura imposta dal presidente Donald Trump non sarà in grado di disarmare l’impalcatura economica mondiale, il media sottolinea che “l’attuale rete” commerciale a livello globale “non è dettata da un solo paese”, ma è il “risultato naturale dello sviluppo delle forze produttive e dell’approfondimento dell’interdipendenza tra le nazioni”.
Pertanto, sottolinea che il commercio è un “motore fondamentale” della “crescita economica” e rappresenta la “forma fondamentale della globalizzazione”.
In questo contesto, Global Times sottolinea che, essendo la più grande economia del mondo, il PIL degli Stati Uniti rappresenta il 25% del PIL globale, mentre il dollaro rappresenta circa il 60% delle riserve valutarie mondiali. Ciò ha permesso al paese nordamericano di diventare il “più grande beneficiario del libero scambio e dell’attuale ordine economico mondiale”. Tuttavia, negli ultimi anni, gli Stati Uniti si sono presentati come una “vittima di un sistema commerciale globale ingiusto” e sono diventati i detrattori della globalizzazione economica.
Questa posizione, dettaglia l’editoriale, può essere riassunta in tre punti principali. Il primo è l’uso della guerra commerciale come una “minaccia per ottenere maggiori profitti”; il secondo, per girare l’attenzione verso i “problemi interni”; e il terzo, mantenere il suo “status di egemonia economica” frenando lo sviluppo di altri paesi.
Il quotidiano cinese ricorda nella sua analisi due momenti in cui gli Stati Uniti hanno già imposto tariffe di massa. Uno è stato negli anni ’30, quando ha applicato tariffe di oltre il 50% su quasi 2.000 categorie di prodotti importati per “proteggere le industrie statunitensi”. Il risultato è stato che il paese è caduto nella Grande Depressione e ha trascinato il resto del mondo.
Il secondo momento è stato nel 2018, quando ha applicato tariffe su prodotti cinesi per circa 250 miliardi di dollari, in quello che il media definisce “l’esperimento politico più costoso del 21° secolo”. A questo proposito, cita il Peterson Institute of International Economics, che ha stimato che i consumatori statunitensi hanno pagato 57 miliardi di dollari in più a causa di queste tasse, il che ha portato a un aumento significativo del costo della vita.
Al di là delle misure promosse dalla Casa Bianca, Global Times sottolinea che le importazioni di beni dagli Stati Uniti rappresentano il 13% del totale mondiale, mentre due decenni fa raggiungevano il 20%, quindi ha ritenuto che sarà più difficile modificare l’attuale processo di globalizzazione. A questo proposito, cita il Financial Times britannico, che ha affermato che l’importanza degli Stati Uniti nel commercio globale potrebbe essere esagerata. Pertanto, avverte che se la posizione di Washington va contro la maggior parte dei paesi che difendono il libero scambio e mantengono il sistema multilaterale, il risultato non sarà la “deglobalizzazione” dell’economia, ma la “deamericanizzazione del mondo”.
Infine, il quotidiano cinese prevede che qualsiasi tentativo di bloccare le leggi economiche con barriere sarà eliminato dalla marea della globalizzazione.
In questo scenario la Banca centrale cinese ha chiesto alle principali banche statali di ridurre gli acquisti di dollari statunitensi per evitare bruschi cali dello yuan, ha riferito mercoledì Reuters, citando le sue fonti.
Secondo tre informatori, la People’s Bank of China (PBOC) questa settimana ha chiesto alle banche statali di sospendere gli acquisti di dollari statunitensi. Mercoledì è stato osservato che le grandi banche statali stavano vendendo dollari e stavano acquistando yuan in modo aggressivo per rallentare il ritmo dei cali della moneta cinese nel mercato spot onshore.
Secondo gli analisti, un yuan più debole renderebbe le esportazioni meno economiche e alleggerirebbe in parte la pressione sul commercio cinese e sull’economia in generale, ma un forte deprezzamento potrebbe generare un deflusso di capitali indesiderato e mettere a rischio la stabilità finanziaria.
Il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un appello per costruire una “comunità con un futuro condiviso” con i paesi vicini, dopo l’entrata in vigore delle enormi tariffe del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che hanno penalizzato diversi stati asiatici.
La Cina è il paese che ha subito i maggiori dazi da parte di Trump, in risposta Pechino ha promesso di adottare “misure decisive ed energiche” per salvaguardare i suoi diritti e interessi. Il portavoce del ministero degli Esteri del paese, Lin Jian, ha sottolineato che “la Cina combatterà fino alla fine” se Washington ignora gli interessi della comunità internazionale. (RT)
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info