Vladimir Putin e Miguel Diaz CanelVladimir Putin e Miguel Diaz Canel

LA MACCHINA DELLE FAKE NEWS: EMIGRATI IL 18% DEI CUBANI 

 

Il quotidiano on line “Il Post”, non nuovo alla pubblicazione di articoli contro Cuba, ci informa questa volta che dall’isola caraibica sarebbe emigrato il 18 per cento della popolazione citando dati del governo statunitense.

Nell’articolo si legge che “dal 2022, più di 850mila cubani sono arrivati ​​negli Stati Uniti, secondo i dati ufficiali diffusi di recente dal governo americano )forse statunitense dato che l’America inizia in Alaska e termina nella Terra del fuoco, ndr), che ha parlato del «più grande esodo nella storia del paese». Lo U.S. Customs and Border Protection (CBP), cioè la polizia di frontiera che controlla dogane e transiti presso i varchi di confine nazionali e che dipende dal dipartimento della Sicurezza interna, ha confermato che il flusso migratorio ha causato un calo demografico a Cuba pari al 18 per cento della popolazione totale. Nulla fa pensare che la tendenza possa essere invertita: la grave crisi economica, sociale e del turismo non dà infatti segnali di miglioramento”.

Che l’emigrazione a Cuba sia un problema nessuno lo può negare, ma affermare che 850 mila persone emigrate siano il 18 per cento della popolazione è una bufala assoluta. E’ vero che gli italiani non sono dei campioni in geografia e matematica, ma con un minimo di buon senso si capisce facilmente che il dato è assolutamente falso.

La popolazione dell’isola si aggira intorno agli 11 milioni di abitanti, quindi, prendendo per buoni i dati forniti nell’articolo, la percentuale di cubani emigrati in quel lasso di tempo è il 7,7 per cento. Scorrendo l’articolo l’autore cita l’economista  e demografo cubano Juan Carlos Albizu che sostiene che la popolazione reale dell’isola è 8.620.000 cubani. Anche prendendo per buono lo studio dell’economista la percentuale di emigranti salirebbe al 9,6 per cento, quindi non si capisce quel 18 per cento da dove scappi fuori. 

Alla fine dell’articolo viene indicato che vivono all’estero 3 milioni di cubani, nemmeno prendendo questo valore come riferimento si comprende da dove hanno ottenuto quel 18 per cento. Infatti, se prendiamo come valore i 3 milioni di cubani residenti dal trionfo della rivoluzione all’estero, si ottiene che gli emigranti cubani rappresentano il 27 per cento, un valore alto che però va considerato calcolato nell’arco temporale dei 64 anni di rivoluzione. Ricordo che gli italiani emigrati all’estero sono più o meno gli stessi che vivono nel nostro paese: circa 60 milioni.

Insomma, ancora una volta, si sparano cifre prive di ogni realtà solamente per fare audience e per attaccare il governo cubano. Tornando alla questione emigrazione dell’isola, come è chiaro a tutti coloro che conoscono l’isola e non vivono con le informazioni manipolate  da questi pseudo giornali che hanno l’unico scopo di attaccare frontalmente il governo di L’Avana,  è un grande problema, come lo è in molti altri paesi del mondo, Italia compresa, della quale parlerò più avanti.

Gli attacchi al governo cubano da parte degli Stati Uniti si sviluppano su una strategia a 360 gradi. Oltre al blocco economico, commerciale e finanziario, che ovviamente nell’articolo citato viene definito come embargo e non come blocco seguendo le narrazioni statunitensi, anche l’emigrazione rappresenta un importante mezzo di pressione sull’amministrazione di Miguel Diaz Canel.

L’emigrazione cubana, come la maggior parte dell’emigrazione mondiale, è rappresentata da giovani compresi tra 18 e 40 anni, forza lavoro che se ne va dal proprio paese privandolo di quella manodopera essenziale per il suo sviluppo sociale ed economico. Secondo la narrativa corrente un cubano che decide di emigrare è una persona che fugge da una dittatura sanguinaria e che viola sistematicamente i diritti umani della sua popolazione, un italiano che emigra in Germania o Danimarca, in cerca di un lavoro meglio pagato, è un ragazzo che cerca nuove esperienze lavorative, necessarie, tra l’altro, per ampliare i suoi orizzonti e le sue possibilità nel mercato del lavoro futuro. Insomma se sei un cubano che emigra negli Stati Uniti fuggi da un paese che non offre alternative, se sei un italiano che fugge in Francia sei un giovane che si fa esperienza all’estero. Come cambia l’uso delle parole a secondo degli scopi che si vogliono ottenere.

Inoltre non bisogna dimenticare che giornalmente i cubani sono bombardati da notizie, la maggior parte  inventate e veicolate dalle numerose agenzie finanziate dagli Stati Uniti con sede a Miami e dintorni, che dipingono il loro paese sull’orlo del collasso economico governato da incapaci e inetti. Tutta questa propaganda quotidiana crea nella popolazione la convinzione che l’unica alternativa sia emigrare, emigrare proprio nel paese da dove arriva questa propaganda, dimenticandosi che, arrivati nel paese dove l’erba è sempre verde, alimenteranno il cospicuo esercito di riserva necessario al capitalismo per continuare il suo sfruttamento delle classi più deboli e povere.

Ma vediamo cosa accade nel nostro bel paese. Tutti parlano dei cervelli in fuga dall’Italia, vediamo alcuni dati. Uno studio realizzato dalla Fondazione nord est insieme all’associazione Talentos Italians in the UK e basato sull’osservazione di fenomeni statistici rivela che i dati dell’emigrazione sono tre volte maggiori di quelli ufficiali. 

Lo studio ha incrociato i dati Istat e quelli degli uffici statistici degli altri paesi europei. Il rapporto è indicativo del grado di sottovalutazione del fenomeno, la cui portata veritiera si comprende triplicando le cifre rese disponibili dalle banche dati.

Stando a quanto riportato dall’Istat, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2021 sarebbero stati 377mila gli italiani tra i 20 e i 34 anni a emigrare verso i principali paesi europei economicamente avanzati. Cifra che, moltiplicata per tre, supera di poco il milione e 200 mila. La causa della sottostima risiede nel divario che si crea tra il numero dei giovani emigrati che si iscrivono all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire), e che poi risultano conteggiati nei dati Istat, e quelli risultanti invece dagli uffici statistici dei paesi europei di arrivo, più vicini a quelli effettivi. La diversità del conteggio è dovuta al differente interesse che gli espatriati hanno nel segnalare la propria presenza ai due rispettivi istituti: se l’iscrizione all’Aire comporta la perdita di alcuni benefici, come l’assistenza sanitaria italiana, dichiarare il proprio trasferimento all’amministrazione locale è invece imprescindibile per ottenerne altri, dal contratto di affitto o lavoro alla fornitura di elettricità e gas.

Nel periodo compreso tra il 2021 e il 2023 sarebbero 100 mila i giovani emigrati dal nostro paese verso altre nazioni europee ed extra europee. Quindi prima di preoccuparsi dell’emigrazione cubana Il Post farebbe bene a occuparsi di quella nostrana. Si dovrebbe preoccupare di quella del nostro paese dato che l’Italia, almeno sulla carta, non è un paese dove vige una sanguinaria dittatura che viola sistematicamente i diritti umani degli italiani. 

Infine ricordo che Cuba è sottoposta a un blocco economico, commerciale e finanziario da parte degli Stati Uniti da oltre 60 anni che ne pregiudica lo sviluppo economico, l’Italia non è soggetta ad alcuna sanzione, ma i giovani italiani emigrano lo stesso. Qualcuno dovrebbe farsi qualche domanda, no credete?

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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