Il ministro degli esteri venezuelano Ivan GilIl ministro degli esteri venezuelano Ivan Gil

UNA MENZOGNA ACCREDITATA IN TUTTO L’OCCIDENTE “DEMOCRATICO

di Alessandro Vigilante

 

In tempo di Olimpiadi, la “notizia” della supposta frode elettorale in Venezuela concorre per vincere la medaglia d’oro delle fake news su quella delle armi di distruzione di massa di Saddam.

Il can can mediatico diffuso in tutto l’occidente, che da giorni insiste a veicolare la notizia di una supposta frode elettorale in Venezuela, è così costante, ripetitivo e contundente da arrivare a competere con l’altra fake news da Guinnes dei Primati delle armi di distruzione di massa di Saddam; altra notizia “certa” e incontrovertibile, raccontata anche nell’assemblea dell’ONU, utile all’invasione sciagurata dell’Iraq, che ebbe come eccellente risultato 600mila morti civili (di cui il 50% minori di età) e successiva consegna del paese attualmente al caos, alla povertà e alle forze integraliste religiose iraniane.

Innanzitutto, nessuno spiega come funziona il processo elettorale in Venezuela. Esso si compie tramite il voto elettronico in urne digitali, con tastiere simili ad un semplice telefono cellulare, in cui ogni partito ha un numero e l’elettore digita il numero e vota il partito scelto. Per quanto riguarda l’elezione del Presidente, ogni partito indica il proprio candidato Presidente. In queste elezioni venezuelane, in totale, l’elettore ha trovato sulla scheda elettorale 24 partiti politici, di cui 13 hanno indicato Maduro come candidato Presidente, 3 hanno indicato il secondo arrivato dell’estrema destra e altri 8 partiti hanno indicato i restanti candidati.

I risultati fin qui confermati indicano la vittoria di Nicolás Maduro con il 51,95%, il candidato di destra Edmundo González ha ottenuto il 43,18% e gli altri 8 candidati hanno raccolto il 4,60% dei restanti voti.

I 10 candidati alla presidenza erano:

– Nicolás Maduro (Partito Socialista Unito del Venezuela, sinistra);

– Edmundo González Urrutia (Piattaforma Unitaria Democratica, destra): principale candidato dell’opposizione, ex ambasciatore venezuelano in Algeria e Argentina, soprannominato “Ammazzapreti” per aver partecipato a violenze e omicidi in El Salvador all’epoca dell’assassinio del Cardinale Romero;

– Antonio Ecarri (Alleanza della Matita, centro): ex consigliere cominale del municipio di Chacao;

– Luis Eduardo Martínez (Azione Democratica, centrosinistra): deputato e rettore dell’Università Tecnologica del Centro;

– José Brito (Prima il Venezuela, centro): ex deputato;

– Daniel Ceballos (AREPA, Partito Digitale Rinnovazione e Speranza, destra): ex sindaco di San Cristóbal;

– Javier Bertucci (Il Cambio, centro): deputato e pastore evangelico;

– Benjamín Rausseo (Contare, centrodestra): comico;

– Claudio Fermín (Soluzioni, centrosinistra): ex sindaco del comune di Libertador;

– Enrique Márquez (Centrati, centro): ex deputato ed ex vicepresidente del Consiglio Elettorale Nazionale.

Il voto venezuelano ha due riscontri, uno digitale elettronico e uno analogico tradizionale. Dopo aver digitato la preferenza, che viene registrata nel sistema elettronico dell’urna, l’elettore ottiene una ricevuta cartacea, che viene inserita in un’urna tradizionale per il ricontaggio manuale. Alla fine della votazione, l’atto ufficiale che conteggia i voti nell’urna digitale è registrato e – nel 54% dei casi scelti aleatoriamente, per legge – viene effettuato anche il ricontaggio manuale, per confermare che il dato digitale sia stato conforme al risultato analogico. Nei casi in cui l’opposizione denunci irregolarità, anche il restante 46% dei voti viene ricontato e confermato anche manualmente. Ed è quello che sta avvenendo in questi giorni, nel mezzo di continui attacchi informatici ai sistemi di comunicazione che permettono le verifiche dei dati elettorali dettagliati di tutti i municipi del paese; attacchi che causano il ritardo della divulgazione completa dei dati. In ogni caso, finora sono confermati l’80% dei risultati e la vittoria di Maduro risulta certa.

In ogni caso, l’opposizione mente e già conosce il risultato finale, poiché è in possesso degli atti originali scaturiti da tutte le urne elettroniche. Infatti, due consiglieri su cinque del Consiglio Nazionale Elettorale venezuelano sono dell’opposizione ed hanno partecipato a tutto il processo di verifica dei dati arrivati dalle sezioni elettorali di tutto il paese.

Rispetto alle garanzie di regolare svolgimento delle attività del voto, il 17 ottobre 2023, era stato siglato un accordo tra governo e opposizione in Venezuela. I negoziati si sono svolti alle Barbados, nei Caraibi, alla presenza di rappresentanti di Brasile, Stati Uniti, Messico, Paesi Bassi, Russia e Colombia. Paesi che hanno inviato i propri osservatori nelle recenti elezioni, insieme ad altri 900 osservatori internazionali e accompagnatori provenienti da oltre 110 paesi del mondo, che hanno assistito alle attività del voto. 

Riguardo alle accuse di brogli denunciate dall’opposizione di destra venezuelana, queste sono ormai diventate una costante. Già in tutte le altre precedenti elezioni le stesse opposizioni avevano fatto esattamente la stessa cosa. Ricordate le ultime elezioni del 2018 in cui il tale Guaidó si dichiarò eletto al posto di Maduro? Per qualche anno, vari paesi, con in testa gli USA, riconobbero Guaidó come legittimo presidente eletto. Si verificarono tentativi di colpi di stato da parte di alcuni reparti militari, che furono sventati, e successivamente Guaidó fu dimenticato ed abbandonato dai suoi propri sostenitori e anche dagi USA, perché coinvolto in scandali di corruzione e appropriazioni di fondi che dovevano beneficiare i “poveri venezuelani frodati da Maduro”.

Oggi, si ripercorrono le stesse strade. E di nuovo si inverte l’onere della prova. È lo Stato, con le sue istituzioni e i suoi accordi stipulati anche con le opposizioni, rappresentate nelle istituzioni stesse, che è costretto a dimostrare di non aver compiuto frodi – cosa che sta oltretutto facendo, con i dovuti e necessari tempi. Mentre invece l’opposizione eversiva che accusa lo Stato di frode, anche in questo caso, non presenta neanche uno straccio di prova che supporti l’accusa di irregolarità. E non le presenta perché non le ha.

Ma quasi tutti i media tradizionali – mainstream – da giornali a TV in occidente continuano a mettere in dubbio e a dar fede alle accuse contro Maduro e l’attuale governo in carica da 25 anni, che è stato confermato in ben 31 elezioni. Nessun giornale o TV chiede le prove alla tale opposizione e nessun giornale o TV presenta le suddette prove della frode elettorale. Perché queste prove non esistono. Ma il can can continua imperterrito.

Mentre il Brasile di Lula, la Colombia, il Messico, la Bolivia, Cuba, Nicaragua, Honduras continuano ad avere fiducia che il Consiglio Elettorale Venezuelano dimostri l’esatta veridicità della vittoria di Maduro nei minimi dettagli, gli Stati Uniti e i loro stati asserviti del sudamerica insistono nell’appoggiare le menzogne golpiste dell’estrema destra venezuelana. In particolare, anche l’Unione Europea ha scelto di mettere in dubbio i risultati. Il capo della diplomazia europea, l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell, ha dichiarato che “finché i verbali di voto non saranno resi pubblici e verificati, i risultati elettorali così come dichiarati non potranno essere riconosciuti”. 

Non si ha certezza che l’aforisma sia stato pronunciato da Goebbels, ma che abbia successo – almeno per un certo periodo, che è poi ciò che serve ai padroni della “storia” – è proprio dimostrato: “una bugia detta mille volte diventa una verità”.

 

Alessandro Vigilante 

 

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