CINA, STATI UNITI E LE TERRE RARE
CINA, STATI UNITI E LE TERRE RARE
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, recita un noto proverbio, ma tra quanto dicono di voler fare gli Stati Uniti per arginare l’espansione cinese e quello che realmente possono fare di mezzo non c’è il mare ma ci sono le terre rare.
Infatti anche l’industria militare statunitense è molto dipendente dalle terre rare che la Cina dispone in grandi quantità che vengono utilizzate per la produzione dei chip necessari agli armamenti tecnologici di ultima generazione.
L’amministratore delegato di Raytheon, Greg Hayes, ha ammesso che Pechino tiene effettivamente “per le palle” la catena di approvvigionamento dell’esercito americano grazie alla sua dipendenza da terre rare e altri materiali che provengono o sono lavorati in Cina, scrive Jean Valyean su Scenari Economici.
Secondo Hayes di Raytheon che produce una parte consistente dei missili statunitensi e che ha migliaia di fornitori in Cina è praticamente impossibile fare a meno del colosso asiatico ed il disaccoppiamento delle economie non sarà facile da attuare.
“Pensate ai 500 miliardi di dollari di scambi che vanno dalla Cina agli Stati Uniti ogni anno. Più del 95% dei materiali o dei metalli delle terre rare proviene o viene lavorato in Cina. Non c’è alternativa”, ha affermato Hayes, aggiungendo ” Se dovessimo ritirarci dalla Cina, ci vorrebbero molti anni per ristabilire tale capacità a livello nazionale o in altri paesi amici”.
Le tensioni tra Stati Uniti e Cina però negli ultimi tempi non si sono affievolite nonostante la dipendenza da Washington di questi preziosi minerali. A febbraio Pechino ha sanzionato sia alla Raytheon che alla collega della difesa statunitense Lockheed Martin in risposta alle sanzioni statunitensi.
Le sanzioni hanno avuto scarso impatto commerciale in quanto i gruppi non sono autorizzati a vendere attrezzature militari alla Cina. Raytheon, tuttavia, ha una notevole attività aerospaziale commerciale nel paese attraverso la sua filiale di motori, Pratt & Whitney, e Collins Aerospace, specialista in sistemi di aviazione e apparecchiature di cabina. Ha circa 2.000 dipendenti diretti in Cina, riporta il Financial Times.
E’ notizia di alcuni giorni fa che la Cina ha deciso di limitare le esportazioni di gallio e germanio, due prodotti essenziali, che servono per la produzione di chip e soprattutto dei radar per uso militare come quelli montati sui caccia di fabbricazione statunitense F-35.
Quindi disaccoppiare le economie statunitensi e cinesi sarà per la Casa Bianca molto difficile. Nonostante le roboanti dichiarazioni giornaliere del governo a stelle e strisce la realtà è molto diverso anche perché gli Stati Uniti sono un paese deindustrializzato che dipende in modo importante proprio dal nemico cinese.
Proprio l’industria tecnologica militare, indispensabile agli Stati Uniti, per mantenere il suo dominio mondiale ne risentirebbe in modo inevitabile.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, recita un noto proverbio, ma tra quanto dicono di voler fare gli Stati Uniti per arginare l’espansione cinese e quello che realmente possono fare di mezzo non c’è il mare ma ci sono le terre rare.
Infatti anche l’industria militare statunitense è molto dipendente dalle terre rare che la Cina dispone in grandi quantità che vengono utilizzate per la produzione dei chip necessari agli armamenti tecnologici di ultima generazione.
L’amministratore delegato di Raytheon, Greg Hayes, ha ammesso che Pechino tiene effettivamente “per le palle” la catena di approvvigionamento dell’esercito americano grazie alla sua dipendenza da terre rare e altri materiali che provengono o sono lavorati in Cina, scrive Jean Valyean su Scenari Economici.
Secondo Hayes di Raytheon che produce una parte consistente dei missili statunitensi e che ha migliaia di fornitori in Cina è praticamente impossibile fare a meno del colosso asiatico ed il disaccoppiamento delle economie non sarà facile da attuare.
“Pensate ai 500 miliardi di dollari di scambi che vanno dalla Cina agli Stati Uniti ogni anno. Più del 95% dei materiali o dei metalli delle terre rare proviene o viene lavorato in Cina. Non c’è alternativa”, ha affermato Hayes, aggiungendo ” Se dovessimo ritirarci dalla Cina, ci vorrebbero molti anni per ristabilire tale capacità a livello nazionale o in altri paesi amici”.
Le tensioni tra Stati Uniti e Cina però negli ultimi tempi non si sono affievolite nonostante la dipendenza da Washington di questi preziosi minerali. A febbraio Pechino ha sanzionato sia alla Raytheon che alla collega della difesa statunitense Lockheed Martin in risposta alle sanzioni statunitensi.
Le sanzioni hanno avuto scarso impatto commerciale in quanto i gruppi non sono autorizzati a vendere attrezzature militari alla Cina. Raytheon, tuttavia, ha una notevole attività aerospaziale commerciale nel paese attraverso la sua filiale di motori, Pratt & Whitney, e Collins Aerospace, specialista in sistemi di aviazione e apparecchiature di cabina. Ha circa 2.000 dipendenti diretti in Cina, riporta il Financial Times.
E’ notizia di alcuni giorni fa che la Cina ha deciso di limitare le esportazioni di gallio e germanio, due prodotti essenziali, che servono per la produzione di chip e soprattutto dei radar per uso militare come quelli montati sui caccia di fabbricazione statunitense F-35.
Quindi disaccoppiare le economie statunitensi e cinesi sarà per la Casa Bianca molto difficile. Nonostante le roboanti dichiarazioni giornaliere del governo a stelle e strisce la realtà è molto diverso anche perché gli Stati Uniti sono un paese deindustrializzato che dipende in modo importante proprio dal nemico cinese.
Proprio l’industria tecnologica militare, indispensabile agli Stati Uniti, per mantenere il suo dominio mondiale ne risentirebbe in modo inevitabile.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info