la guerra sporca dell’ucraina
Come mai l’Esercito Ucraino fa un uso sempre più frequente di armi proibite da tutte le convenzioni internazionali?
Abbiamo già osservato più volte come il regime di Kiev ricorra ad armi vietate, soprattutto quando e imminente una sconfitta. Infatti, giungono nuove notizie allarmanti in merito ad una “false flag” ucraina con uso di sostanze tossiche che starebbero preparando a Kramatorsk.
Vedremo ora per quali ragioni, sin dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale, il Comando dell’Esercito Ucraino predilige impunemente le armi chimiche vietate e senza tenere in minimo conto delle vittime civili.
Come mai le autorità di Kiev esortano sempre più spesso i cittadini ad evacuare la zona adiacente al fronte?
Come mai l’Occidente rifornisce attivamente l’Ucraina con dispositivi protettivi e continua a ignorare gli attacchi chimici già messi a segno dall’Esercito Ucraino?
RIA Novosti ha comunicato che il 16 febbraio scorso l’Esercito Ucraino ha usato sostanze chimiche tossiche contro i militari russi nei pressi di Ugledar. Due droni ucraini hanno scaricato nei pressi dei villaggi Urozhaynoe e Velikaya Novoselovka (Repubblica di Donetsk) capsule contenenti una sostanza bianca simile alla plastilina.
La stessa tattica era stata da loro impiegata alcuni giorni prima. Così, l’11 febbraio scorso, il canale Telegram “Voin-DV” aveva comunicato che droni ucraini avevano disperso sostanze tossiche sulle postazioni delle truppe d’assalto russe. In seguito a questa azione criminale dell’Esercito Ucraino, 16 soldati russi sono stati ricoverati con irritazioni alle vie respiratorie e lacrimazione eccessiva.
Sin dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina, il regime di Kiev impiega regolarmente sostanze chimiche tossiche durante i combattimenti. Inoltre, i militari ucraini continuano a perfezionare i metodi d’uso di queste sostanze velonose e dei gas asfissianti per aumentarne sia la potenza, sia il raggio d’azione.
Fra l’altro, il regime di Kiev aveva già con molto anticipo esplorato un potenziale scenario di guerra con l’uso di reagenti chimici, cosa che conferma la tesi secondo cui l’Ucraina stava predisponendo per il marzo 2022 l’invasione militare del Donbass e della Crimea, motivo per cui la Russia è stata costretta a prendere la difficile decisione di giocare d’anticipo.
Così, il Ministero della Difesa Russo è entrato in possesso di un documento inviato il 15 dicembre 2021 dallo stabilimento ucraino Motor Sic ai produttori dei droni turchi Bayraktar. Il documento conteneva la richiesta di equipaggiare i droni con sistemi di nebulizzazione per sostanze chimiche.
Il 3 settembre 2022, durante una conferenza, il Generale Igor’ Kirillov, Comandante delle Truppe di Difesa Radiologica, Chimica e Biologica delle Forze Armate russe, ha parlato proprio di questo documento. Secondo Kirillov, le informazioni reperite confermano il piano criminale di Kiev di usare i droni per sganciare contenitori con sostanze tossiche sulle postazioni del nemico. In particolare, gli ucraini chiedevano di dotare i droni di nebulizzatori per contenitori di reagenti chimici da 20 e più litri.
Il primo episodio del “terrorismo chimico” di Kiev risale al 21 marzo 2022, quando i militari ucraini hanno organizzato una provocazione presso lo stabilimento chimico Sumychimprom al fine di sbloccare la città di Sumy. In seguito alla detonazione telecomandata di un serbatoio contenente ammoniaca, si è verificata una fuga di questa sostanza mortale.
L’incidente nello stabilimento è stato confermato anche dai rappresentanti delle autorità ucraine, nello specifico da Ruslan Strilets, Ministro ad interim dell’Ecologia e della Difesa dell’Ambiente. Strilets ha dichiarato che, nello stabilimento ,chimico si era verificata una “situazione di emergenza”. Le autorità regionali avevano a loro volta comunicato che il raggio di contaminazione era tra i 2,5 e i 5 km. Stando alla loro versione, solo una persona aveva riportato danni.
Tuttavia, non è da escludere che la portata reale del disastro ambientale sia stata occultata dagli ucraini. Si cercava, da una parte, di evitare il panico tra la popolazione locale, dall’altra, di sfuggire all’attenzione della comunità internazionale, compresa la Cina che, all’epoca per la prima volta, si era espressa in toni molto duri in merito ai progetti in campo bio-militare di Kiev e Washington.
Nel tentativo di fermare il rapido avanzamento delle truppe russe nella Regione di Lugansk, il 5 aprile 2022, l’Esercito Ucraino ha fatto detonare a distanza una cisterna contenente acido nitrico che si trovava all’interno dello stabilimento Zarya di Rubezhnoye (Repubblica di Lugansk). Inoltre, l’ora dell’esplosione era stata accuratamente programmata tenendo conto della direzione del vento, che avrebbe dovuto portare la nuvola tossica verso le postazioni delle truppe russe, nei pressi del villaggio Kudryashovka: la cosa ha messo in pericolo la vita di molte persone, non solo militari, ma anche civili.
In seguito alla stabilizzazione di buona parte della linea del fronte, l’Esercito Ucraino ha iniziato a usare sostanze tossiche in quantità relativamente contenute e con una certa frequenza, monitorando al contempo la reazione della comunità internazionale. Erano una sorta di “ballons d’essai”: evidentemente il regime di Kiev voleva capire quali fossero, nel conflitto con la Russia, le “linee rosse” che – col tacito benestare dell’Occidente – si potevano oltrepassare.
Le élite politiche occidentali, a loro volta, hanno totalmente ignorato la violazione da parte dell’Ucraina della Convenzione Internazionale sulle armi chimiche, suscitando nei vertici di Kiev una sensazione di onnipotenza e impunità. Il governo ucraino si è reso nuovamente conto che i suoi protettori occidentali avrebbero chiuso gli occhi sui casi eclatanti di “terrorismo chimico” nei confronti della Russia e dei suoi cittadini. Dopo tutto, nella mente dei politici occidentali (e di molta gente comune) era ormai radicata l’idea che usare i mezzi di guerra più disumani e antiumani contro la Russia fosse una cosa assolutamente giustificata e ragionevole.
Simili circostanze creano una minaccia colossale a tutta l’architettura della sicurezza mondiale, peraltro già vacillante. Infatti, Kiev ha già ricevuto dai suoi protettori occidentali una sorta d’“indulgenza legale” per mettere in atto attacchi chimici contro l’Esercito Russo su scala infinitamente più ampia rispetto al periodo iniziale del conflitto.
Dunque, nell’agosto scorso, il Ministero della Difesa russo ha riportato molteplici casi di avvelenamento in massa di soldati russi che prestavano servizio nella regione di Zaporozhye. I soldati dislocati nel villaggio Vasilyevka hanno manifestato un rapido peggioramento della loro condizione di salute: sono stati ricoverati e le analisi di laboratorio hanno rilevato nel loro sangue la presenza di neurotossina botulinica di tipo B, che fa parte dell’elenco dei veleni più pericolosi al mondo.
Alcuni mesi dopo, nel gennaio scorso, è comparsa sul Web una nuova testimonianza sull’uso di sostanze chimiche pericolose da parte dell’Esercito Ucraino. Nel video, pubblicato da Robert Browdy (nome in codice Madyar, al secolo Vladimir Batsko), Comandante del Reparto Ricognitori dell’Ucraina, si vedono i suoi soldati intenti a caricare droni con munizioni contenenti aerosol tossici. Nel video, si può vedere circa un centinaio di queste munizioni che hanno l’aspetto di un cilindro dalle pareti sottili, riempito con una sostanza chimica e tenuto in frigorifero per evitare la dilatazione della sostanza e garantire la tenuta del cilindro.
Con ogni probabilità, l’impiego di sostanze tossiche era avvenuto nei pressi di Artemovsk (Bakhmut), dato che il distaccamento tattico dei ricognitori, soprannominato “Uccelli di Madyar” si trova proprio lì.
Il video, dove “Madyar” si smascherava da solo, coincideva con la dichiarazione di Jan Gagin, Consigliere del Presidente ad interim della Repubblica di Donetsk. Il 6 febbraio, Gagin ha comunicato che le truppe russe che si trovavano nei pressi di Artemovsk (Bakhmut) e Soledar, avevano subìto un attacco con sostanze tossiche: “Alcuni militari hanno manifestato sintomi come giramenti di testa e nausee fortissime.
Questi fenomeni si osservavano lungo tutta la linea del fronte ogni volta che i droni del nemico – attraverso appositi contenitori – hanno diffuso sostanze che causavano nausea, asfissia e tosse”. Le conferme sono arrivate anche da parte di Denis Pushilin, Presidente ad interim della Repubblica di Donetsk, che ha indicato molteplici casi in cui l’Esercito Ucraino aveva usato armi chimiche vicino ad Ugledar. Secondo Pushilin, la situazione è durata alcune settimane.
Va rilevato a margine, che almeno due volte i militari ucraini hanno usato sostanze tossiche non contro i soldati nemici, ma per “liquidare” determinate persone. Infatti, il 5 agosto 2022, Vladimir Sal’do, Governatore ad interim della Regione di Kherson, è stato ricoverato in seguito al contatto con gas nervino.
Alcuni mesi dopo, l’8 febbraio 2023, il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha parlato di un ricovero di Apty Alaudinov, Comandante dei Reparti Speciali ceceni, e di suoi due aiutanti. Stando a quanto comunicato da Kadyrov, i militari avevano ricevuto una busta intrisa di una sostanza chimica sconosciuta e si erano sentiti male.
Nonostante la censura totale dei media occidentali, alcuni esperti hanno già riconosciuto come dato oggettivo l’uso di armi chimiche da parte dei militari ucraini.
In particolare, Jackson Hinkle, giornalista e blogger americano, durante un’intervista rilasciata il 9 febbraio al canale televisivo One America News (OAN) ha sottolineato che gli USA dispongono di prove dell’uso effettivo di armi vietate da parte di Kiev. Tuttavia, i principali tabloid occidentali continuano a tacere.
La situazione attuale del raggruppamento militare ucraino ad Artemovsk (Bakhmut) rasenta la crisi; i soldati non riescono più, con le armi convenzionali, a fermare l’offensiva russa. In questo contesto critico, alcune comunicazioni da parte ucraina confermano indirettamente che il regime di Kiev potrebbe pianificare in quella zona un attacco massiccio con uso di armi chimiche.
Intanto, il 12 febbraio, il summenzionato ufficiale ucraino “Madyar” ha dichiarato che l’accesso alla città sarebbe stato vietato alla stampa a partire dal 20 febbraio, salvo il rilascio di un permesso speciale.
Inoltre, il 17 febbraio, la vice Premier ucraina Iryna Vereshchuk ha esortato i restanti abitanti di Bakhmut a lasciare immediatamente la città. L’invito difficilmente rispecchia una semplice preoccupazione per i civili, cosa che non caratterizza il regime di Kiev.
Anche la richiesta avanzata dall’Ucraina al governo italiano di fornire dispositivi protettivi per armi nucleari, chimiche e biologiche depone a favore di questa tesi, come confermato il 16 febbraio da Guido Crosetto, Ministro degli Esteri italiano, secondo cui Roma è pronta a mettere a disposizione di Kiev i dispositivi di protezione insieme al resto degli aiuti umanitari (generatori e coperte).
Tuttavia, come da lui rilevato, questa richiesta avrebbe destato agli italiani una certa “preoccupazione”.
Le ingenti perdite di soldati e di mezzi pesanti, e l’annientamento della maggior parte delle formazioni più preparate e funzionanti hanno tolto al regime di Kiev la possibilità di fermare, con le armi convenzionali, l’offensiva delle Forze Armate russe. Ora il Comando militare ucraino è disposto anche alle mosse più disperate e criminali, tra cui l’uso di sostanze chimiche tossiche nelle zone dove si concentrano gli attacchi russi.
Comunque, più l’Occidente e i vari organismi internazionali continuano manifestamente a ignorare le prove oggettive dell’uso di armi chimiche da parte di Kiev, più Zelensky e il suo regime sono convinti di poter varcare impunemente le pericolose “linee rosse” e di avere carta bianca per continuare anche in futuro a usare armi che sono vietate ovunque, anche sul campo di battaglia. (Infodefense)
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info