L’ESSENZA DEL CARNEVALE BRASILIANO: “LA LOTTA E LA FESTA SONO SORELLE”
La festa europea trasportata in Brasile, nel corso degli anni e delle trasformazioni compiute dai brasiliani, è diventata un’espressione tipica di questo popolo, viva, polemica, che esprime curiosità, desiderio di sapere, di gioia e di lotta. Proprio come il corso della storia del paese, il carnevale rimane controverso, e spetta alle persone reinventarsi costantemente, cercando di impadronirsi della festa, delle strade delle proprie città e dei propri diritti.
Queste sono alcune delle lezioni presenti nella seguente intervista. Luiz Antônio Simas, storico e scrittore di Rio de Janeiro che si dedica allo studio delle tradizioni ancestrali brasiliane, ha tenuto una specie di lezione sul carnevale brasiliano.
“Quando dico che il Carnevale ha inventato il Brasile possibile, è perché per me il Brasile possibile è il Brasile della diversità, è il Brasile della solidarietà, è il Brasile della costruzione della socialità, è il Brasile che contesta un modello etero-patriarcale, normativo, bianco. E questo Brasile diverso, trasgressivo, inventivo, stimolante e plurale è il Brasile che si manifesta nel carnevale.”
Nell’intervista, Simas affronta la differenza tra antico e ancestrale, discute la mercificazione della festa nei grandi centri urbani, e insegna: “Il carnevale dà una lezione molto bella, che si può fare politica con la poesia e si può fare poesia con la politica .Poetica e politica possono andare insieme, non hanno bisogno di essere dissociate”.
Di seguito l’intervista completa:
Brasil de Fato: Una frase che lei ha pubblicato sui social media attira l’attenzione: “il carnevale ha inventato il Brasile”. Può iniziare raccontandoci un po’ della sua percezione dell’importanza di questa festa, dell’importanza del Carnevale per la formazione di un’identità per il popolo brasiliano?
Luiz Antônio Simas: Quando dico che il Carnevale ha inventato il Brasile, è una sorta di provocazione, perché mi piace attirare l’attenzione sul fatto che il Brasile è stato progettato sulla base di un’idea di esclusione. Dobbiamo affrontare questo, non possiamo andare alla ricerca di discorsi eccessivamente affabili, concilianti, quando la nostra storia si basa su progetti di colonialismo escludenti.
Il Brasile esclude gran parte della popolazione dai diritti fondamentali di cittadinanza. È un progetto di concentrazione del reddito, che annienta i corpi non bianchi. Questo è un progetto: è il progetto del Brasile.
Di solito paragono questo Brasile a una specie di muro, il Brasile ufficiale, ma mi piace dire che, nelle fessure di questo muro, coloro che sono stati resi subalterni dall’esperienza storica dell’esclusione costruivano significati della vita. Il carnevale è un esempio di questo genere di cose, perché il carnevale è arrivato in Brasile come festa europea portata dalla colonizzazione portoghese, ma in Brasile ha acquisito caratteristiche molto popolari, soprattutto per gli incroci tra l’eredità del carnevale portoghese e le varie africanità, musicalità, le spiritualità, le percezioni del mondo.
Il Carnevale, quindi, si africanizza e, di conseguenza, si brasilizza. Quando studio la storia del Carnevale, dimostro che c’era una feroce disputa interna. A un certo punto, soprattutto nel periodo post-abolizionista, a cavallo del Novecento, da una parte c’era un’élite che voleva difendere un modello elitario di carnevale, un modello di carnevale da sala, e dall’altra c’è stato il popolo del Brasile che ha voluto costruire un modello carnevalesco legato alla socialità delle strade.
Quando dico che il Carnevale ha inventato il Brasile possibile, è perché per me il Brasile possibile è il Brasile della diversità, è il Brasile della solidarietà, è il Brasile della costruzione della socialità, è il Brasile che contesta un modello etero-patriarcale, normativo, bianco. E questo Brasile vario, trasgressivo, inventivo, contestatore e plurale è il Brasile che si manifesta nel carnevale. Per questo dico che il possibile Brasile è quello che ci ha preparato il Carnevale. Non abbiamo inventato noi il carnevale, ma in un certo senso il carnevale ha inventato questo Brasile possibile, questo Brasile a cui aspiriamo in una prospettiva profondamente democratica.
Pensando a questa prospettiva popolare sul carnevale, pensa che la festa di quest’anno abbia un carattere diverso, considerando gli anni della pandemia e anche l’attuale contesto politico?
Alcune persone hanno l’errata impressione che il Carnevale sia una festa poco importante, ma è importante ricordare che gran parte del Brasile odia il Carnevale. Questo Brasile, che
contesta la diversità e la pluralità, non vuole sentir parlare di Carnevale in piazza. Uno dei più grandi malintesi sul Carnevale è considerarlo una festa di alienazione. In effetti, nel corso della storia del Brasile, il Carnevale è stato una festa altamente politicizzata. Già negli anni Ottanta dell’Ottocento portò in piazza la campagna abolizionista, con le grandi società di Rio de Janeiro che sfilavano e raccoglievano somme di denaro per creare fondi per la liberazione di schiavi. Lo stesso è avvenuto nei carnevali degli anni Ottanta, che hanno promosso la prospettiva della ridemocratizzazione dopo il ciclo autoritario della dittatura militare.
Quindi, credo in un carnevale di strada effusivo, in parte dovuto al rallentamento della pandemia di covid-19. Sebbene il covid-19 sia ancora presente, abbiamo un sistema vaccinale più efficiente. La maggior parte delle persone che vanno ad immergersi nel carnevale sono vaccinate e l’estrema destra fascista, a cui non piace il carnevale, probabilmente starà a casa a parlare male del Brasile o a praticare ritiri spirituali.
Credo che il Carnevale sarà estroverso, in un periodo molto difficile a causa della pandemia e del governo di Jair Bolsonaro, che ha segnato esperienze di morte e annientamento. Il suo governo è stato segnato dall’idea della morte, dell’annientamento, della differenza, della mortalità, e la pandemia ha solo aggravato questa situazione.
Quindi, in un certo senso, credo che il Carnevale quest’anno sarà una festa della vita, date le circostanze che stiamo vivendo. Sarà un incontro con la vita, più che un ricongiungimento con la strada. Dopotutto, siamo sopravvissuti a quattro anni di Bolsonaro mescolati alla pandemia, e questo è quasi incredibile. Come esseri umani, ci adattiamo a tutto.
Lei ha fatto una retrospettiva storica sull’accesa disputa tra un’élite che voleva un carnevale da ballo a scapito del carnevale di strada. Al giorno d’oggi assistiamo a un processo di mercificazione e dominio delle aziende sul Carnevale, con circuiti e intere parti di città dominate da marchi di birra e, ora, anche di farmaci. È una minaccia per l’essenza del carnevale?
Questo è qualcosa che deve essere preso molto sul serio. Ci sono due fattori molto forti che oggi minacciano il Carnevale. Il primo è l’avanzata del fondamentalismo religioso, con alcuni settori pentecostali che attaccano il carnevale con il fanatismo religioso e la demonizzazione della festa. Su questo versante è importante non generalizzare, perché ci sono evangelici che rispettano, amano e godono il Carnevale.
L’altra minaccia, che sembra un paradosso ma non lo è, è la cattura del carnevale attraverso la logica della pura e semplice circolazione del capitale. Sebbene il carnevale sia importante per l’economia creativa, generando reddito e portando cibo sulle tavole di molte persone, l’addomesticamento della strada da parte del mercato è un pericolo, in quanto può annientare la spontaneità del carnevale di strada. Quando trasformi il carnevale in un certo strumento di propaganda di massa. Parlo anche con un tono poco scherzoso, perché è come se si passasse dalla pedagogia di massa alla propaganda di massa, sottomettendo il carnevale alla logica di un ordine pubblico attraversato dagli interessi del mercato. Non è solo il Carnevale ad essere minacciato, è anche il modo in cui affrontiamo la città e il modo in cui affrontiamo la strada.
Il modo in cui affrontiamo il Carnevale rispecchia il modo in cui affrontiamo la strada e la città nel suo insieme. È importante discutere che tipo di strada vogliamo, se è una strada che offre incontri spontanei o una strada adatta solo alla circolazione delle merci, adatta a corpi precari, all’interno di una logica crudele scandita dal tempo del lavoro. Lo vedo con profonda preoccupazione nello stesso tempo in cui credo nel carnevale, e penso che il carnevale crei i suoi vuoti, con la comparsa di manifestazioni carnevalesche che ricostituiscono il senso più spontaneo della festa.
Il carnevale è un gioco che si gioca, ma è preoccupante che le due maggiori minacce al carnevale di strada provengano dal ristretto oscurantismo del fondamentalismo religioso e dalla fredda cattura della festa da parte della logica esclusiva del mercato. È necessario ricostruire un senso più spontaneo della festa in mezzo a questo carnevale mercificato.
Pensando al carnevale delle scuole di samba, il carnevale che pensa e produce tutto l’anno e porta le trame e i carri nei viali, a volte sotto forma di protesta, sotto forma di omaggi ad eroi ed eroine storiche; che lascia il posto ad eroi del popolo nero che a volte non hanno spazio nella storiografia bianca. Vorrei che approfondisse un po’ questa analisi sulle scuole di samba come luogo in cui si costruisce la storia, un luogo vivo in questo senso.
Per prima cosa dobbiamo ricordare che le scuole di samba compaiono a Rio de Janeiro, una città nera, il più grande porto di accoglienza per schiavi che abbiamo avuto nella storia della schiavitù. Ed emergono come costruttori di socialità, di reti di protezione sociale, delle popolazioni nere di Rio de Janeiro nel periodo post-abolizione.
Rio de Janeiro è una città nera. Punto. Questa è una prova assoluta. E la cultura di Rio de Janeiro è segnata da queste testimonianze: il cibo, i suoni, le spiritualità, il modo di praticare la strada. Le scuole di samba sono emerse in questa circostanza e la loro storia è evidentemente segnata da diversi dilemmi.
Direi che il momento peggiore per me nella storia delle scuole di samba è stato, curiosamente, quello in cui avevano maggiori possibilità di ottenere capitali, denaro. Siamo nella seconda metà degli anni ’90 e nel primo decennio del 2000. Comincia ad esistere un modello di costruzioni di trame e di temi per le sfilate basato sulla sponsorizzazione, sul marchio.
È necessario spiegare che per molto tempo, come previsto dal regolamento, le scuole di samba hanno dovuto sfilare con temi di interesse nazionale: storia del Brasile, letteratura brasiliana…
La famosa Scuola di Samba del Salgueiro, nel 1960, ha sfilato con la storia del Quilombo dos Palmares [fu una comunità autonoma, simbolo delle resistenza e della ribellione degli schiavi. Un regno fondato da africani fuggiti alla schiavitù nelle piantagioni brasiliane. Occupava una vasta area nella zona nordorientale del Brasile. NdT], prima ancora che passasse ad essere ricordata e studiata nei libri di testo nelle scuole, è sfilata per i viali nel Carnevale.
Quando negli anni ’90 arrivò un cambiamento che stabilì che il tema di interesse nazionale non era più obbligatoria, le scuole di samba furono catturate dalla logica della propaganda. Quindi si passa ad assistere a temi assurdi e sponsorizzati da marchi di imprese. Trame sponsorizzate da compagnie aeree, marche di shampoo, di yogurt, di preservativi. Dico sul serio, è letterale, non me lo sto inventando qui: addirittura fornitori di gas… è successo di tutto.
I samba di queste trame hanno perso molta qualità, perché se il tema è porcheria, probabilmente lo sarà anche il samba. E si è creata una disconnessione tra le scuole di samba e le loro comunità di origine e il campo simbolico in cui operano, che è il campo simbolico della cultura afro-brasiliana.
Per quanto possa sembrare incredibile, ironia della sorte, ciò che in un certo senso ha migliorato molto le scuole di samba negli ultimi anni è stata la crisi. Perché, con la crisi economica, e tutto l’intero processo segnato dal colpo di stato contro la presidente Dilma, l’arrivo di Temer, anche la crisi mondiale, la crisi delle materie prime, il denaro ha cominciato a scomparire. E quando i soldi spariscono, vengono a sparire anche quei marchi che cercavano di accaparrarsi il carnevale attraverso la sponsorizzazione. E poi si apre una possibilità molto più ampia per un rinnovamento del carattere pedagogico del carnevale, con la creatività dei temi carnevaleschi.
Oggi a Rio de Janeiro abbiamo una generazione importante, e praticamente tutti sono miei amici, quindi so esattamente cosa sto dicendo. Sono intellettuali, neri, giovani che partecipano attivamente alle scuole di samba. Hai un tipo come Vinícius Natal, che è un narratore di temi della Grande Rio, che è un importante intellettuale nero di Rio de Janeiro. Mauro Cordeiro, narratore della Scuola di Samba Beija-Flor; André Rodrigues, artista del carnevale nero della stessa; João Vitor, artista del carnevale nero della Scuola Paraíso do Tuiuti. Le donne di colore occupano sempre più spazio, come la presidente della Scuola di Samba Mangueira, Guanayra Firmino, una donna di colore del Candomblé [religione afrobrasiliana. NdT], della collina della Mangueira.
Quindi, questo dà una ventata di vita alle scuole di samba, che è molto forte ed esse oggi stanno lavorando su una dimensione di contro-narrazioni che trovo molto interessante. Facendo quello che Walter Benjamin chiamava “fare il contropelo alla storia”. E carnevalizzando! Dimostrare che tutto questo si può fare a carnevale, perché l’aspetto fondamentale del carnevale è l’allegria, no? Non è perché il tema è politicizzato che la sfilata si trasformerá in una marcia di cavalieri del Santo Sepolcro.
Puoi portare l’indignazione alla festa. La festa non è mai stata, in alcun modo, una componente dissociata dalla lotta in Brasile. Non esiste proprio, vero? Quindi, la lotta senza festa, penso sia vuota. E la festa senza lotta diventa anche un mero accadimento, soprattutto in un Paese come il nostro.
Quindi, di solito dico che le sfilate delle scuole di samba sono poetiche e politiche. Perché il Carnevale ci dà una bellissima lezione, che si può fare politica con la poesia e si può fare poesia con la politica. Poetica e politica possono andare insieme, non hanno bisogno di essere
dissociate. Penso che sia così. Quello che sta accadendo è molto interessante ed è una ventata di rinnovamento, compresa una ridefinizione del protagonismo, questo è molto importante.
Lei ha citato la parola “rinnovamento”, e vorrei riportarla nel dibattito, pensando alle nuove espressioni artistiche e culturali, ai nuovi ritmi che hanno preso il sopravvento nel carnevale e che sono considerati novità. Il samba e altri ritmi carnevaleschi storici non sono gli unici a consolidarsi. Come vede l’arrivo di queste nuove espressioni alla festa?
Credo che il carnevale sia una celebrazione dinamica, che è in connessione con ciò che sta accadendo oggi. Ha legami importanti con la musica di strada, con ritmi come il rap e l’hip- hop. Al giorno d’oggi, abbiamo blocchi di carnevale che suonano un po’ di tutto, e penso che faccia parte della festa.
Bisogna però ricordare che il carnevale è la festa dell’ancestralità, e che c’è differenza tra qualcosa di antico e qualcosa di ancestrale. Nel nostro lavoro sul Dizionario della storia sociale del samba e sulle filosofie africane, parlo con Nei Lopes di questa differenza.
L’antenato è qualcosa che attraversa il tempo e sarà sempre contemporaneo, dialogherà sempre col presente. Pertanto, è importante che il Carnevale abbia la capacità di conciliare il nuovo e il tradizionale, poiché questo è ciò che gli conferisce forza come festa. Non possiamo avere un carnevale ingessato che si mantenga negli schemi di come si sviluppava nel 1912. Oggi abbiamo altre rivendicazioni, protagonismi e dilemmi. Il Carnevale fa eco a tutto questo.
Il Carnevale ha una doppia faccia: è influenzato dal contesto in cui è inserito, ma è anche influenziatore e creatore di contesti. La festa flirta sempre con tutto questo, ma non bisogna mai dimenticare la dimensione dell’ancestralità che fa parte della sua essenza. Questa dimensione è una parte importante della festa e non può essere dimenticata, ma nemmeno assolutamente contraddittoria, estranea o nemica della grande allegria di strada. La lotta e la festa sono sorelle.
Fonte: www.brasildefato.com.br
Traduzione e riedizione a cura di Alessandro Vigilante