BRASILE: IL BILANCIO PARTECIPATIVO
La via d’uscita dalla crisi coinvolgendo direttamente il popolo nelle decisioni
Durante la campagna elettorale, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha affermato che una delle sue priorità sarebbe stata quella di combattere il “bilancio segreto”, un meccanismo creato nel precedente governo che prevedeva l’assegnazione di risorse pubbliche mirate a specifici programmi, occultando la fonte parlamentare che ne aveva fatto richiesta.
Nella sua partecipazione al Forum Sociale Mondiale, a fine gennaio, il Segretario Generale della Presidenza, Márcio Macedo, ha annunciato che il governo federale lancerà presto le linee guida per tornare all’applicazione del cosiddetto bilancio partecipativo – una proposta che esiste in Brasile già da 30 anni.
Il sistema è semplice: consentire ai cittadini di partecipare alla decisione sulle priorità per l’allocazione delle risorse pubbliche.
Il governo del Partito dei Lavoratori (PT) sta creando due segretariati, il Segretariato per la partecipazione popolare e il Segretariato per i dialoghi sociali, per avanzare nell’attuazione nazionale del bilancio partecipativo. Da quel momento in poi, un consiglio di partecipazione sociale, composto da 60 entità della società civile, contribuirà a garantire la trasparenza, il controllo e l’ispezione dei conti pubblici.
L’obiettivo finale del Bilancio Partecipativo – strumento previsto dalla normativa vigente – è quello di aumentare la trasparenza, l’efficienza e la responsabilizzazione della gestione pubblica, rafforzando la partecipazione dei cittadini e la democrazia.
Attualmente ci sono più di 11.000 esperienze di tale schema in tutte le parti del mondo. All’ultima conferenza annuale dell’Organizzazione Internazionale per la Democrazia Partecipativa (IOPD), tenutasi a dicembre, nella città di Grenoble, il Brasile è stato nuovamente salutato come il Paese dove si è verificata l’esperienza più avanzata di democratizzazione dell’applicazione del bilancio pubblico, nota appunto come Bilancio Partecipativo (BP).
Trentadue anni dopo la sua nascita, nella città di Porto Alegre, il Bilancio Partecipativo è diventato un segno distintivo dei governi di democrazie più avanzate e ha fornito innumerevoli dimostrazioni della sua efficacia sociale ed economica.
Concepito per superare la concezione della democrazia che limita la partecipazione delle persone alla vita pubblica al solo voto alle elezioni, il successo del BP è tale che è già stato implementato da più di 1700 municipi in tutti i continenti, comprese città come Parigi e Barcellona, ed è avanzato fino al punto di essere già un’esperienza nazionale, come in Portogallo e Mozambico.
Tutte queste esperienze dimostrano che l’applicazione di risorse pubbliche sulla base di priorità costruite con la partecipazione dei cittadini – i principali interessati – garantisce maggiore economicità ed efficienza negli investimenti. Tra l’altro perché sono realizzati con criteri di trasparenza sviluppati alla luce del giorno.
A partire dagli anni 2000, più di mille comuni in Brasile hanno optato per questo metodo di controllo delle risorse pubbliche. E, dal primo governo Lula nel 2003, questa politica è stata estesa ai Territori di Identità, che raggruppano più comuni a livello regionale, all’interno degli Stati. Oltre che per la gestione dei bacini fluviali del Paese, attraverso Comitati di Bacino eletti a livello territoriale con la partecipazione dei due terzi della società civile organizzata e degli utenti dele risorse idriche.
Le 74 Conferenze Nazionali tenutesi tra il 2003 e il 2010, inoltre, hanno mobilitato direttamente più di cinque milioni di persone nelle loro fasi municipali, statali e nazionali; e i 18 nuovi Consigli tematici hanno lasciato in eredità programmi e progetti di grande impatto per ridurre le immense disuguaglianze che esistono in Brasile.
Alle delibere di questa ampia mobilitazione partecipata si devono la creazione del Programma Nazionale per l’Edilizia Popolare, del Sistema Nazionale di Assistenza Sociale, del Programma Nazionale per i Giovani, del Programma Nazionale delle Politiche per le Donne, del Programma Nazionale per la Promozione dell’Eguaglianza Razziale, del Programma Nazionale sui Cambiamenti Climatici, tra molti altri.
Esperienze nazionali
Strumenti come il bilancio partecipativo restituiscono una parte del potere dato ai governanti, offrendo un’alternativa ai limiti della democrazia rappresentativa. Inoltre, incoraggiano il sorgere di leader locali che rappresentino la volontà delle comunità.
Osservato che il classico modello democratico non è più sufficiente a soddisfare i bisogni dei cittadini e che occorre assumere la garanzia della realizzazione dei diritti derivanti dalla cittadinanza civile, politica, economica, sociale, culturale, emerge lo sviluppo di un nuovo modello di gestione delle politiche pubbliche, in grado di ampliare il concetto stesso di Democrazia.
Si è discusso del concetto e della validità della democrazia, nonché delle modalità del suo esercizio, nell’ambito dello Stato. L’unico potere preso in considerazione è il potere sovrano, che gli consente di essere limitato e controllato da leggi e istituti giuridici. Gli interrogativi sui limiti della democrazia nella società odierna risiedono principalmente negli effetti del fenomeno della globalizzazione. Vi è un’evidente preoccupazione per il modello di potere sovrano, così come è attualmente esercitato dallo Stato, che finisce per diluirsi nelle mani di strutture sovranazionali che sfuggono ai suoi confini.
La partecipazione popolare al processo decisionale politico, e non solo elettorale, è diventata così una delle soluzioni suggerite per la crisi della Democrazia. Essa è un’arma di resistenza all’esclusione sociale e all’emarginazione inerente alla globalizzazione e alle sue politiche. All’interno di questo processo, città e territori hanno un ruolo strategico. Alla crisi dello stato-nazione e allo sviluppo delle strutture sovranazionali è associato il trasferimento di poteri e responsabilità alle autorità regionali e locali. Logicamente, questo trasferimento dà nuovo potere a queste autorità, aumentandone la rilevanza nel contesto politico.
La partecipazione popolare è uno strumento importante per approfondire la democrazia che, basata sul decentramento, rende la partecipazione più dinamica, soprattutto a livello locale. Secondo il principio della partecipazione popolare, si aprono nuove possibilità di relazione tra lo Stato e la società civile. La partecipazione popolare mira a stabilire collaborazioni tra lo Stato e la società civile, affinché, insieme, possano raggiungere l’obiettivo auspicato da tutti, che è il miglioramento delle condizioni di vita dell’intera popolazione.
I limiti della partecipazione
Il Bilancio Partecipativo è uno spazio di confronto e definizione delle destinazioni della città e dei territori. In essa la popolazione decide le priorità degli investimenti in opere e servizi da realizzare ogni anno, con le risorse del potere pubblico. Nonostante la sua popolarità, però, a volte il bilancio partecipativo diventa solo un dispositivo di consultazione popolare, mentre la decisione definitiva rimane ai governi.
Affinché questo meccanismo possa essere attuato a pieno regime, è necessario coinvolgere funzionari governativi e rappresentanti dei movimenti popolari e delle organizzazioni della società civile e della popolazione in generale.
Inoltre, è necessario formare la società e le autorità sul bilancio e le politiche pubbliche, in modo che le discussioni e le linee guida dei cittadini generino buoni risultati. Ciò significa che occorre destinare e investire risorse pubbliche tanto per la formazione permanente di tutti i cittadini, quanto per l’organizzazione delle attività presenziali (assemblee e riunioni tecniche) di partecipazione popolare.
Fonti: .cartacapital.com.br – outraspalavras.net
Traduzione e riedizione a cura di Alessandro Vigilante