IL BLOCCO ECONOMICO COMMERCIALE E FINANZIARIO CONTRO CUBA COMPIE SESSANTUNO ANNI, GRAZIE KENNEDY
Il 3 febbraio 1962 l’allora Presidente degli Stati Uniti J.K. Kennedy firmava la legge che istituiva il blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba, sono passati sessantuno anni da quel giorno ma il blocco contro l’isola caraibica, rea di aver scelto di essere un paese socialista a pochi chilometri dagli Stati Uniti, resta ancora in vigore.
Sessantuno anni fa veniva firmato dal Presidente statunitense Kennedy l’ordine esecutivo che istituiva il blocco economico, commerciale e finanziario contro l’isola di Cuba che negli anni verrà implementato da una serie infinita di altre leggi e disposizioni. Si pensi che solo durante la presidenza di Donald Trump la sua amministrazione ha emesso ben 243 provvedimenti per aumentarne l’efficacia. Il blocco aveva l’obiettivo di strangolare l’economia cubana e quindi, rendendo la vita dei cittadini difficile, avrebbe dovuto portare i cubani a ribellarsi contro il governo di Fidel Castro. Sessantuno anni dopo quel giorno si può certamente affermare che il blocco non ha ottenuto ciò che si prefiggeva ovvero sovvertire la nascente rivoluzione, ha comunque reso difficile la vita ad un intero popolo che aveva deciso di cambiare mandando a casa il dittatore Fulgencio Batista.
In piena guerra fredda Cuba, grazie agli aiuti dell’Unione Sovietica, era riuscita a mitigare abbastanza bene le conseguenze delle sanzioni statunitensi. Dopo il crollo del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell’URSS gli aiuti finirono da un giorno all’altro e l’isola si trovò a combattere contro le sanzioni con i soli propri mezzi. Infatti in quegli anni gli Stati Uniti davano la rivoluzione cubana per spacciata in pochi mesi ma la caparbietà del popolo cubano nel non rinunciare alla scelta socialista della rivoluzione ha portato il paese a resistere fino ad oggi.
Cuba resta una spina nel fianco degli Stati Uniti adesso come lo era in piena guerra fredda. Adesso come allora la sua posizione geografica è un problema per l’egemonia statunitense nella regione e senza esagerare nel mondo. Non sto esagerando perché l’isola si trova a 80 miglia dagli Stati Uniti: durante la guerra fredda era un avamposto privilegiato per l’Unione Sovietica nel controllo del nemico statunitense, oggi la situazione non è molto cambiata. Infatti Cuba ha stretto importanti alleanze con Russia e Cina in campo economico per far fronte alle conseguenze del blocco imposto dagli Stati Uniti. La sua vicinanza politica alla Russia ed alla Cina, nuovi nemici giurati degli Stati Uniti, pone nuovamente l’isola quale territorio da riconquistare per impedire che le due super potenze lo possano usare per scopi bellici.
Appare chiaro come strategicamente l’isola è importante sia per gli Stati Uniti che per Russia e Cina. Ovviamente Cuba accetta di buon grado la collaborazione con le due nazioni perché essendo sotto un blocco inumano da sessantuno anni deve continuare a viver. Quindi sarà molto difficile che gli Stati Uniti abbandonino le sanzioni economiche in questa fase politica mondiale in cui l’egemonia statunitense è seriamente messa in discussione proprio da Russia e Cina.
Spesso parliamo del blocco economico verso Cuba, ma quali sono gli effetti che quotidianamente la popolazione dell’isola subisce? Sarebbe molto più semplici elencare quali effetti non ha sulla vita di tutti i giorni dei cubani. Secondo le ultime stime fornite dalle autorità cubane sessantuno anni di blocco hanno causato danni economici all’isola superiori a 154 miliardi di dollari.
Il blocco impedisce all’isola di acquistare all’estero prodotti che abbiano più del 10 per cento di componenti prodotti negli Stati Uniti. Immaginate quante delle nostre merci contengono componenti prodotti negli Stati Uniti: tutti questi prodotti non possono essere acquistati dall’isola. Si pensi ad esempio alle attrezzature mediche necessarie negli ospedali o ai telefoni cellulari, non indispensabili per vivere ma quanti di noi ne farebbero a meno? Sempre nel campo delle telecomunicazioni sull’isola non è possibile accedere a Play Store o App Store per scaricare le applicazioni per i telefoni cellulari. Quando ci provi appare il messaggio che ti trovi in una zona geografica che non supporta tale servizio. Anche vari siti che si trovano su server statunitensi non sono accessibili.
Beh, direte voi, poco male se i cellulari non funzionano ma se invece andando in farmacia a cercare un’aspirina od un antidolorifico non lo trovate allora bisogna preoccuparsi. Infatti il blocco impedisce di acquistare medicinali prodotti all’estero perché le maggiori imprese farmaceutiche sono statunitensi o partecipate da soci del paese a stelle e strisce. Cuba produce molti medicinali in loco ma i principi attivi per la loro produzione arrivano in gran parte dall’estero. Per non parlare poi dei farmaci specifici per il cancro o per altre malattie gravi. La situazione che si sta vivendo a Cuba nel settore dell’approvvigionamento dei medicinali è molto difficile, le farmacie sono sprovviste di quasi tutto e per questo bisogna ringraziare gli Stati Uniti che con le loro sanzioni cercano di strozzare l’economia cubana. Sempre parlando del settore sanitario anche gli ospedali soffrono notevolmente i disagi delle sanzioni. Spesso mancano guanti, siringhe, medicinali specifici e quando si guasta un’attrezzatura medica possono passare mesi prima che appaia il pezzo di ricambio con ovvi ritardi per i pazienti in attesa.
Si pensi ad esempio ad un macchinario essenziale per eseguire interventi operatori: tutto si ferma con le facili ed immaginabili conseguenze per i malati. Ritardi e disagi che vengono poi usate ad arte dai gruppi controrivoluzionari finanziati lautamente dagli Stati Uniti per accusare il governo di immobilità ed incompetenza.
Quando poi una impresa estera vuole violare il blocco gli Stati Uniti sono pronti a sanzionarla oppure ad acquistare l’intera impresa per non permettergli di vendere a Cuba. A tale riguardo ricordo quando due anni fa una azienda svizzera con cui Cuba aveva regolari relazioni economiche nel settore delle attrezzature mediche fu acquistata da un’azienda statunitense per impedirgli di vendere respiratori da usare per le cure della pandemia a Cuba. Insomma quando non è possibile impedire che Cuba acquisti all’estero lo Zio Sam interviene acquistando l’intera fabbrica.
Sempre due anni fa l’imprenditore cinese proprietario di Alibaba, il colosso che vende merci on line, aveva donato materiali di protezione dal corona virus a tutti i paesi del sud America inclusa Cuba ma sull’isola non arrivarono perché la società incaricata delle consegne era statunitense e per questo non poteva avere rapporti con Cuba. La stessa società TNT che opera a livello internazionale non può consegnare o ritirare alcun pacco da o per Cuba in quanto la proprietà è statunitense. A me è capitato che si negassero di ritirare un plico all’ambasciata cubana di Roma in quanto si trattava evidentemente di una violazione alle leggi sul blocco.
Per elencare tutti i divieti che il blocco impone alle aziende estere occorrerebbero 20 pagine e per non angustiarvi mi limiterò solo a esaminare quali sono le conseguenze che il blocco causa giornalmente ai cubani. I bambini non hanno giocattoli, materiale scolastico come quaderni e matite. A Cuba i bambini scrivono sui quaderni con il lapis e quando le pagine terminano con la gomma si cancellano le prime pagine e così via. Spesso mancano abbigliamento e scarpe sia per i bimbi che per i grandi. Nel settore alimentare la produzione nazionale non è sufficiente per tutti quindi lo stato deve ricorrere all’importazione dei generi alimentari. Spesso mancano alcuni alimenti perché i tempi di consegna da paesi lontani come Cina o Vietnam sono lunghi senza contare gli alti costi di trasporto. Non è lo stesso acquistare un container di pollo in Cina che negli Stati Uniti: i tempi di consegna ed i costi di spedizioni sono enormemente diversi.. Inoltre per la legge sul blocco le navi che attraccano a Cuba non possono attraccare nei porti degli Stati uniti per i sei mesi successivi e questo complica ulteriormente i commerci sia in entrata che in uscita dall’isola.
Per la stessa ragione i combustibili scarseggiano dato che le petroliere dopo aver scaricato il loro contenuto non possono attraccare negli Stati Uniti. Poi tutte le transazioni finanziarie tra Cuba ed il fornitore estero sono illegali e devono essere effettuate attraverso terzi paesi con il rischio sempre presente che le banche che le accettano siano sanzionate dagli Stati Uniti. Anche le rimesse private verso l’isola sono bloccate o di difficile realizzazione e molto costose. Donald Trump ha di fatto impedito qualsiasi rimessa degli emigrati cubani residenti all’estero impedendo ad Western Union di operare sull’isola con uno dei suoi tanti provvedimenti.
Provate a pensare per un momento come sarebbe la vostra vita se non fossero presenti in Italia tutte le merci che direttamente od indirettamente contengono, come detto più del 10 per cento di, componenti prodotti negli Stati Uniti. Per i cubani questa è la realtà e non un semplice gioco mentale. La nostra mobilità sarebbe in grande pericolo dato che l’Italia dipende in gran parte dalle importazioni di combustibili.
Lo stesso sviluppo agricolo ed industriale del paese soffre molte limitazioni. Infatti per poter produrre prodotti nel settore agricolo od industriale occorrono oltre alla manodopera anche attrezzature e macchinari che a causa del blocco sono difficilmente reperibili. E’ vero che l’isola ha sviluppato buone relazioni con Russia e Cina, grandi produttori di macchinari ed attrezzature, ma per acquistarle occorre moneta pregiata che in questo momento scarseggia sull’isola sia per il crollo del turismo che per le difficoltà dell’esportazioni di quanto Cuba produce. Una grande battaglia di resistenza che l’isola sta combattendo è quella per l’indipendenza alimentare. Tra i principali obbiettivi dello stato vi è quello di riuscire a non dipendere dalle importazioni nel settore dell’alimentazione arrivando a produrre in patria la maggior parte degli alimenti. Ma anche questo indispensabile obbiettivo che deve essere raggiunto in quanto il blocco di fatto isola internazionalmente Cuba è di difficile ottenimento per la mancanza di macchinari e combustibili sempre a causa delle sanzioni.
Le sanzioni a cui l’isola è sottoposta se da un lato non riescono a isolare ermeticamente il paese come vorrebbero dagli Stati Uniti dall’altro impediscono un normale sviluppo e rendono Cuba un paese che non può crescere come invece sarebbe giusto avvenisse. Impedire volontariamente lo sviluppo e la crescita di una nazione è una palese violazioni dei diritti umani della popolazione a cui vengono applicate sanzioni in nome di una supposta violazione proprio dei diritti umani da parte di chi governa. Quindi un cane che si morde la coda.
Ma questo genocida blocco economico, commerciale e finanziario avrà mai una fine? Purtroppo sono pessimista, finché gli Stati Uniti saranno la prima potenza economica e militare al mondo il blocco non potrà avere una fine. Cuba non è solo un importante territorio da riconquistare ma è soprattutto un paese che ha deciso di non sottostare alle regole del selvaggio capitalismo, quindi togliere il blocco significherebbe per gli Stati Uniti ammettere la sconfitta: cosa questa che mai faranno. Dunque le possibilità che il blocco venga sollevato sono legate alla stessa forza che il paese a stelle e strisce ha di imporre le proprie decisioni alle altre nazioni. Solo la perdita dell’egemonia politica degli Stati Uniti potrà rendere il blocco una legge che solamente loro applicheranno.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info
Credo che oltre le altre motivazioni, Cuba possa essere una minaccia per gli USA per il suo esempio di socialismo alternativo al capitalismo.