DOPO L’ULTIMO ATTACCO LE INFRASTRUTTURE ELETTRICHE UCRAINE SONO AL COLLASSO
Oggi volevo riflettere un po’ sull’intervista di Zaluzhny all’Economist, ma stamattina è partito un altro raid missilistico russo sulle infrastrutture energetiche ucraine e sulla rete di trasporto ferroviario che ha avuto conseguenze piuttosto pesanti.
Ukrenergo riporta sul suo sito che il 50% della rete elettrica è fuori uso, cosa che fa entrare la distribuzione in modalità “avaria di sistema”. La rete elettrica della DTEK è disconnessa dal sistema di alimentazione e al momento i tecnici sono al lavoro per ripristinare almeno la fornitura di acqua fredda ai quartieri di Kiev serviti dalle sue linee, senza però fornire una data di ripristino del servizio.
Le aree dove si segnalano i maggiori disagi sono le oblast’ di Cherson, Kharkiv, Kremenchug, Kirovohrad e Čerkasy, che sono completamente senza corrente; procedure di emergenza e distacchi controllati per Odessa, Zhitommir, Poltava, Zaporozhie e Kiev , queste ultime anche senz’acqua e riscaldamento, e le stazioni ferroviarie senza corrente elettrica nelle regioni di Kharkiv, Kirovohrad, Donetsk e Dnipropetrovsk – tutte zone a ridosso del fronte, e certamente non è una coincidenza.
Intanto proseguono i movimenti di truppe in Bielorussia, impiegate al momento in una esercitazione “a sorpresa” che ha simulato un avanzamento veloce e il passaggio di fiumi mediante pontoni e passerelle.
Ieri i canali dell’opposizione bielorussa che li seguono hanno riferito dell’arrivo dell’aereo AWACS Beriev A-50U “Sergey Atayants” che stamattina, sempre secondo gli stessi canali, si è alzato in volo durante il raid.
Il 19, è stato reso noto oggi, Putin andrà di persona in Bielorussia a parlare con Lukashenko.
Questa concentrazione di truppe comincia ad essere davvero un po’ troppo grande e un po’ troppo equipaggiata per essere un semplice “prestito” delle FFAA russe all’esercito bielorusso. Certo, potrebbe servire come al solito a stornare truppe (e difese antiaeree) ucraine in un settore del fronte dove non succede nulla, ma ormai nessuno esclude che possano invece essere impiegate per un’avanzata in territorio ucraino.
Zaluzhny pensa (o dice di pensare, ovviamente) che si muoveranno un’altra volta verso Kiev, ma sarebbe molto più logico invece che si muovessero lungo il confine occidentale dell’Ucraina, per bloccare o quantomeno tenere sotto tiro le strade e le linee ferroviarie su cui transitano gli aiuti NATO.
Tornando a Zaluzhny e alla sua intervista all’Economist, invece, ci sono molti punti interessanti, al di là ovviamente di tutti i talking point della propaganda NATO; ma la cosa più interessante è il senso di frustrazione generale che aleggia in tutta l’intervista.
Frustrazione non tanto per l’invasione russa, che Zaluzhny è certo di poter contrastare con successo (come sopra: dichiara di esser certo eccetera) ma per la scarsità dei rifornimenti occidentali. Si parte dal numero delle munizioni, insufficiente alle necessità della controffensiva; si passa poi ai veicoli militari, che quantifica in 300 carri armati, 600-700 mezzi per il trasporto truppe e 500 obici (immagino semoventi). Avendoli, “è del tutto realistico tornare alle frontiere del 23 febbraio”. Ora, io non penso che sarebbero sufficienti, e noto che “le frontiere del 23 febbraio” già escludono la Crimea e le zone del Donbas che si erano separate. Però questi 300 carri e 600-700 blindati, e soprattutto 500 obici, la NATO non ce li ha.
L’intervista continua prendendo atto che la mobilitazione russa sta avendo successo, che le truppe non si rifiuteranno di combattere, che Surovikin ha messo molte cose a posto, che le FFAA russe possono contare su un pool di un milione e duecentomila/un milione e mezzo di soldati, che “da qualche parte oltre gli Urali stanno preparando nuove risorse”, che gli attacchi alle infrastrutture energetiche e logistiche stanno avendo successo, e che ormai le contromisure per gli HIMARS e affini sono state trovate e l’impatto di questi sistemi d’arma sul conflitto non è lo stesso dei primi giorni del loro utilizzo.
Infine, non potendo passare all’offensiva perché non gli mandiamo materiale () l’obiettivo strategico che Zaluzhny considera prioritario è mantenere il fronte e non perdere più terreno, in vista dell’offensiva russa che lui si aspetta per febbraio, ma forse anche prima. Resistere a questa offensiva (che lui ipotizza possa partire non dal Donbas ma verso Kiev, dalla Bielorussia, o da sud) e accumulare riserve è il secondo obiettivo strategico dell’Ucraina.
Questo accenno alle “forze fresche” sembrerebbe preludere a un’ulteriore mobilitazione che due giorni fa Anna Malyar, viceministra della difesa, ha dichiarato di ritenere possibile. Questo perché, come dice Zaluzhny, “le nostre truppe ora sono tutte impegnate in combattimento, stanno sanguinando. Stanno sanguinando e sono tenute insieme solo dal coraggio, dall’eroismo e dall’abilità dei loro comandanti”. E questo è decisamente vero. Ma nessuno ha mai vinto una guerra col coraggio e con l’eroismo. Più prosaicamente, si vincono coi soldi e con una cassa di munizioni in più dell’avversario.
Francesco Dall’Aglio (da Telegram)