SALE A NOVE IL BILANCIO DEI MORTI IN PERU’ PER LE MANIFESTAZIONI
La Polizia Nazionale del Perù ha confermato la morte di altre due persone nel corso delle manifestazioni seguite alla destituzione di Pedro Castillo, il bilancio dei manifestanti che hanno perso la vita sale a nove.
Gli ultimi due manifestanti hanno perso la vita nella regione di La Libertad ed entrambe le morti sono avvenute durante un blocco stradale. La prima morte è avvenuta nel distretto di Chao, nella provincia di Virú, e l’altra a Simbal, Trujillo.
Mercoledì pomeriggio le forze di polizia hanno informato i media locali che la persona morta a Chao, identificata come Huamán Cabrera di 26 anni, è stata colpita con un oggetto alla testa, nel mezzo agli scontri tra manifestanti e polizia. La seconda vittima, identificata come Yoni Rosalino Cárdenas Escobal di 51 anni, sarebbe stata uccisa al chilometro 26 della strada di penetrazione delle montagne.
Queste morti si aggiungono alle sette che sono state precedentemente confermate dalle autorità: cinque ad Andahuaylas, una nella provincia di Chinchero, nell’Apurim, e un’altra ad Arequipa. Le vittime precedenti sono state identificate come Becan Romario Quispe Garfias (18 anni), Jonathan Encino Arias Choccepuquio (18 anni), Wilfredo Lizarme Barboza (18 anni), Miguel Arcana (38 anni), Cristian Alex Rojas Vásquez (19 anni) e due minori di 15 e 16 anni.
Ma cosa chiedono i manifestanti per cessare le loro proteste al nuovo governo di Dina Boluarte?
Liberazione e ritorno di Castillo alla Presidenza.
Dall’inizio delle proteste, i manifestanti hanno sottolineato che per loro l’unico “presidente costituzionale” è Pedro Castillo, perché è stato eletto dalla maggioranza del paese in elezioni democratiche. Questa è la ragione principale per cui considerano che dovrebbe tornare al potere e assumersi le responsabilità nei confronti dell’esecutivo.
Allo stesso modo, considerano Castillo un “prigioniero politico” che è stato arrestato e privato della libertà dagli organi giudiziari, in modo incostituzionale e violando i diritti democratici dei cittadini.
Questo è un punto importante nelle richieste dei sostenitori di Castillo, che hanno avvertito che rimarranno nelle strade per far valere i loro diritti e che potrebbero anche radicalizzare le proteste proclamando uno sciopero nazionale a tempo indeterminato, se le loro richieste non saranno soddisfatte.
Uscita di scena di Dina Boluarte.
I manifestanti chiedono anche che Dina Boluarte, designata dal parlamento come presidente della Repubblica, debba lasciare l’esecutivo, perché è “un governo usurpatore”, che secondo i manifestanti non rappresenta il mandato popolare e fa parte di un “colpo di stato istituzionale” e “giudiziario” che si stava preparando contro Castillo, da quando ha assunto la presidenza nel 2021.
Per i sostenitori di Castillo, Boluarte è una “traditrice” e una “marionetta” che, secondo loro, si è prestata alla “persecuzione politica” che la “destra peruviana” ha eseguito contro il suo leader assieme alla “oligarchia radicata nel Congresso, nella Procura e nel sistema giudiziario”.
Inoltre, ricordano che Boluarte ha detto che si sarebbe dimessa se Castillo fosse stato destituito, una questione che non è avvenuta. Una volta che l’insegnante rurale è stato destituito, lei è andata come vicepresidente al Congresso per essere investita come presidente.
Dopo la sua nomina, Boluarte ha annunciato che sarebbe stata al fronte del paese fino al 2026. Tuttavia, di fronte alla pressione sociale e politica, le sue posizioni sono mutate e attualmente insiste sul fatto che il suo governo sarà di “transizione” e cercherà di anticipare le elezioni.
Sciogliere il Congresso.
Lo scioglimento del Congresso, come annunciato da Castillo prima di essere licenziato, è un’altra delle richieste che i manifestanti difendono perché ritengono che la situazione che il paese sta affrontando oggi sia responsabilità del parlamento che si è dedicato a “boicottare”, limitare e controllare l’esecutivo.
Nelle loro richieste sottolineano che i membri del Congresso hanno superato i loro poteri e stanno influenzando le decisioni che il governo dovrebbe prendere in modo indipendente. Inoltre credono che il Congresso sia diventato una sorta di “setta” o “mafia” che risponde agli interessi dell'”oligarchia”, che viola la volontà popolare e le libertà democratiche.
In questo senso ricordano che il Congresso è stato per anni l’epicentro dei conflitti politici in Perù e del clima di ingovernabilità, dopo aver forzato le dimissioni dei presidenti Pedro Pablo Kuczynski, Martín Vizcarra e Castillo.
Convocare un’Assemblea Costituente.
Quando Castillo ha fatto l’annuncio che il Congresso peruviano sarebbe stato sciolto ha anche ripreso un punto cruciale della sua campagna presidenziale ovvero riuscire a convocare un processo costituente che permetta di riformare lo Stato e la Costituzione in vigore dal 1993.
I sostenitori di Castillo hanno considerato questa richiesta come un punto trasversale che deve essere tradotto nella convocazione dell’Assemblea Costituente, che permetta ai peruviani di cambiare l’attuale scontro di poteri tra il legislativo e l’esecutivo, che per via costituzionale possono dissolversi l’un l’altro, se certe richieste sono soddisfatte.
Inoltre i manifestanti credono che la riforma costituzionale che Castillo difende dovrebbe mirare al rinnovamento totale del parlamento, che attualmente ha bassi livelli di popolarità, così come deve mirare ad una ristrutturazione del sistema giudiziario, che ha portato al confronto e accentuato la crisi politica.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info