I medici cubani della brigata Henri Reeve nel nondoI medici cubani della brigata Henri Reeve nel nondo

HA RAGIONE GRAMELLINI

di Gianni Minà

 

Gramellini il 13 ottobre scorso sul Corriere riprendeva una lettera della europarlamentare Laura Ferrara del M5S che, insieme ad altri suoi colleghi, protestava contro l’accordo quadro firmato dalla Regione Calabria e Cuba per l’invio di medici cubani nel nostro Paese, definendo il loro rapporto di lavoro “sfruttamento e una chiara violazione dei diritti umani”. Il giornalista ha buttato alla rinfusa le cose che ci sarebbero da dire. Lo farò pure io, tanto per andare sul concreto.

Domenico Minniti  aveva già dato una spiegazione tecnica il 19 agosto scorso su questa scelta obbligata , perseguita anche da altri paesi europei. La Germania e il Portogallo ad esempio, stanno da tempo “importando” molti nostri infermieri, stanchi delle paghe italiane non i linea con i parametri europei, ma soprattutto per le condizioni di lavoro che loro stessi definiscono “inaccettabili” aggravati anche dalla pandemia che ha creato una situazione al limite della sopravvivenza. In Piemonte, a gennaio scorso, la categoria è scesa in piazza per denunciare una situazione da tempo insostenibile: “Gli infermieri hanno richiesto assunzioni, ma anche riconoscimenti economici per gli straordinari (…) Molti sono morti, molti si sono licenziati per non morire di stress e per accudire le proprie famiglie (…) chiedendo per il solo Piemonte l’assunzione di almeno 4 mila unità per rispondere alle esigenze del territorio” .  Ma si sa, nel nostro  Paese non c’è mai una via di mezzo: le persone in prima linea, medici, infermieri, maestri, professori, o sono “angeli” salvatori della salute e della nostra cultura, o sono disgraziati da bastonare quando non riescono nella loro “missione”. 

La Sanità calabrese da tempo è al collasso e con la pandemia in atto la situazione è peggiorata tanto da rendere questa fetta dell’Italia simile a un Paese del Terzo Mondo. Minniti  nella sua dichiarazione enuclea lucidamente tutti i fattori che hanno portato a questo sfacelo: “Sono facilmente verificabili (…) quali provvedimenti siano stati posti in essere per cercare di rimediare al malgoverno degli ultimi quindici anni. Di quali e quanti siano stati i bandi di concorso a tempo indeterminato pubblicati ed andati deserti. (…) Singolari sono state anche alcune proposte, francamente irricevibili a normativa vigente, quale ad esempio quella dell’utilizzo dei Medici in Formazione (cd. Medici Specializzandi). (…) In Calabria l’emergenza, grave è sotto gli occhi di tutti, tranne probabilmente di quelli di chi pontifica da dietro una scrivania a chilometri di distanza dal fronte. E, naturalmente, non è di tipo infettivo ma di ben altra natura. Lo era, grave, già prima della pandemia; lo è oggi e lo sarà ancor di più domani se non si troveranno nel breve periodo soluzioni, anche solo temporanee, in attesa di quelle definitive. Abbiamo da anni un’emergenza organizzativa cui, pur avendo esperito come già detto ogni tentativo riconducibile tanto al Testo Unico del Pubblico Impiego quanto al CCNL non si è mai riusciti a far fronte. E adesso siamo allo stremo”. 

Noi da sempre siamo un popolo generoso e altruista: piuttosto che vedere alla violazione del diritto fondamentale alla salute dei calabresi, siamo attenti ai diritti umani dei medici e infermieri cubani. Sarà forse che siamo talmente abituati allo sfascio di alcune zone del nostro Paese che non riusciamo più a “leggerlo”? O forse perché c’è sempre stato un pregiudizio di fondo dove si preferisce pensare che “lo vogliono loro”, i calabresi, questa situazione, perché non arriveranno mai ad essere  operosi ed efficienti come la popolazione del  Nord? O semplicemente perché siamo abituati a leggere la realtà che ci circonda con un occhio “occidentale”, eurocentrico, piuttosto che tenere in debito conto le ragioni dell’altro o la sua diversa visione della vita?

Ma vengo al dunque sui punti di Gramellini:

1) “è avvilente dover ammettere che la dittatura cubana riesce a esportare medici in eccesso, mentre noi boccheggiamo in fondo alle classifiche dei laureati”. E’ vero, ha ragione lui, è avvilente, soprattutto alla luce del fatto che per Cuba la sanità e la cultura di massa sono sempre state una priorità. Sempre parlando di Sanità, in quell’Isola nel 1984 nacque il “Programma del Medico di Famiglia”, che mise a disposizione dei pazienti un medico e un infermiere garantendo, a partire dai primi anni ‘90, l’assistenza primaria al 95% delle famiglie cubane direttamente nel proprio quartiere di residenza. In quel periodo si aprirono 21 scuole mediche in tutto il territorio nazionale. Il sistema sanitario cubano ha poi iniziato ad essere preso dall’OMS, dall’Unicef e da altre agenzie internazionali come esempio ideale per Paesi in via di sviluppo (da noi c’è chi con senso pratico, come il Foglio, l’altro giorno ha rotto il ghiaccio sostenendo che forse bisognerebbe prendere esempio da Cuba: “(…) e dalla molteplicità dei vaccini che questi hanno sviluppato, non sarebbe ora che il pubblico, in certi settori strategici, non recuperasse un ruolo guida pianificando il futuro, invece di rincorrere gli altri a guaio avvenuto?”). E’ un sistema sanitario pubblico governato e coordinato dal Ministero di Salute Pubblica (MINSAP). Insomma Cuba può veramente esportare il suo sistema sanitario al mondo, compreso quello più ricco, perché ha dimostrato che con pochissime risorse economiche si può mettere in piedi qualcosa di eccezionale. Ovviamente la meticolosa persecuzione di Trump  continuata e non attenuata da Biden di aggravare il blocco economico durante la pandemia ha prodotto l’ennesimo paradosso che si è rivelato in tutta la sua brutalità nell’assurda situazione dove questa Isola dei Caraibi aveva creato più di un vaccino contro il Covid, ma non poteva vaccinare la popolazione perché non aveva le siringhe necessarie (o, ad esempio, gli elettrodi pregellati o i cateteri cardiaci pediatrici o il banale gel per le ecografie) perché non c’è nessuna azienda disposta a rischiare uno stop commerciale di sei mesi per venderle a Cuba. Eppure ad oggi Cuba non ha più decessi da Covid. Al contrario nostro, ma anche al contrario degli Usa, uno dei paesi che peggio ha gestito la pandemia che ha colpito principalmente le classi più povere, afroamericani, latinoamericani, ecc..

Nonostante la lettera al gruppo dei 20 del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres insieme al Consiglio Ecumenico delle Chiese che durante la pandemia chiedevano l’allentamento del blocco economico ai Paesi vittime perché quello era “il momento della solidarietà e non dell’esclusione”, sia gli Stati Uniti sia l’Unione Europea hanno risposto con un silenzio assordante. Tecnicamente, quindi, se Laura Ferrara avesse avuto a cuore i diritti umani dei cubani, avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme per questa vergognosa situazione. E invece silenzio di tomba.  

Silenzio di tomba anche quando è venuta in Italia la Brigada “Henry Reeve” per darci una mano quando eravamo completamente a terra. Strano che in quei momenti terribili nessuno si sia alzato con il suo dito inquisitore definendoli “schiavi del regime cubano”. 

2) “è incredibile che in Italia ci sia ancora gente, i famosi comunisti col rolex, che considera quel sistema, castrista e castrante, più egualitario del nostro, fingendo di non sapere che i 3500 euro sottratti allo stipendio di ciascun medico non andranno a migliorare le condizioni del popolo cubano, ma il conto in banca dei clan al potere”; è veramente incredibile, ha ragione Gramellini, a pensare che ci sia gente che ancora crede che il sistema sanitario cubano è migliore del nostro. E’ incredibile, ma è la dura verità.

Noi abbiamo il nostro SSN ormai al collasso come ha accertato il XIX Rapporto Osservasalute 2021, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane  tanto è vero che abbiamo accettato, disperati e in piena pandemia, aiuto offerto da Cuba attraverso la loro Brigada “Henry Reeve”, il Contingente Internazionale di medici specializzati in situazioni di catastrofe ed epidemie gravi istituito nel 2005 in risposta ai danni causati dall’uragano Katrina alla città di New Orleans negli Stati Uniti, che aveva provocato circa 1.336 morti e perdite per un valore di 75 miliardi di dollari (tanto per dare un altro dato di questo piccolo, ma coraggioso Paese, il capo del Dipartimento di Riduzione dei Disastri della Protezione Civile, il colonnello Gloria Gely Martinez, ha dichiarato che Cuba è preparata a questo tipo di situazione idrometeorologica, grazie agli studi di pericolosità, vulnerabilità e rischio, al sistema di allerta precoce e alle esperienze dell’esercitazione Meteoro 2022, tanto è vero che i morti dopo l’ultimo ciclone che ha procurato ingenti danni all’Isola sono tre più un disperso, mentre i deceduti prodotti dallo stesso ciclone sulla costa orientale degli Stati Uniti sono 46, in New Jersey 23 e altre vittime si contano in Connecticut, Maryland, New York, Pennsylvania e Virginia, secondo quanto riportato dalla Cnn).

La missione della Brigada “Henry Reeve” è sempre stata quella di fornire assistenza umanitaria-medico-sanitaria alle popolazioni vittime di calamità naturali ed epidemie in altri paesi e aiutarne la ripresa, senza distinzione di razza, religione, credo politico. La maggior parte dei suoi membri ha esperienza in missioni sanitarie internazionali e la partecipazione è completamente volontaria. Cuba, con il sostegno di questo Contingente, è stato uno dei primi paesi al mondo a rispondere all’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per affrontare l’epidemia di Ebola in Africa (Guinea, Liberia e Sierra Leone) nell’ottobre 2014. In meno di due settimane, più di 5.000 medici e infermieri cubani si sono offerti volontari per combattere l’epidemia e l’hanno praticamente debellata: era l’unica missione medica a fornire assistenza sanitaria diretta ai pazienti affetti da questo terribile morbo. Per questa missione sono stati selezionati e formati più di 500 operatori sanitari e la metà vi ha partecipato. Ma qualche anno prima, nel 2010, i medici cubani hanno affrontato l’epidemia di colera ad Haiti (un Paese praticamente distrutto e “fantasma” per i nostri media) dove sono stati forniti servizi sanitari a oltre 400.000 persone e sono state salvate le vite di circa 76.000 individui. Nel 2017 il Contingente “Henry Reeve” ha ricevuto il premio Dr. Lee Jong-Wook dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla cerimonia della sua 70a Assemblea. In questa occasione, il presentatore del premio, IHN Yohan, che presiede la Korea Foundation for International Health Services, aveva affermato: “Il contingente Henry Reeve ha diffuso un messaggio di speranza al mondo intero”. 

Perché lo fanno? Perché è questa l’essenza di Cuba, perché ancor prima che castrista, si è sempre riconosciuta negli ideali di José Martí, espressi nella famosa frase “La patria è l’intera umanità” e questo concetto fondamentale si esprime anche nel preambolo della loro Costituzione. 

Per le Brigate “Henry Reeve”, per il suo Sistema Sanitario, per il suo Centro di Biotecnologia da dove nascono vaccini e brevetti come il farmaco per il piede diabetico che noi occidentali pervicacemente non riconosciamo, per la Scuola di Medicina Internazionale dove ospitano ragazzi poveri da tutto il mondo gratuitamente per insegnare loro il mestiere di medico e infermiere; per curare gratis, dopo la creazione del “Programma globale di assistenza all’infanzia colpita dai disastri” nel 1990 all’interno del Istituto di Ematologia dell’Avana e nel Servizio di Oncologia dell’Ospedale Pediatrico Insegnante Juan Manuel Márquez, più di 26.000 bambini ucraini colpiti dalla catastrofe nucleare avvenuta a Cernobyl nell’86; per sviluppare l’”Operazione Miracolo” (che le Nazioni Unite hanno definito “una nuova visione del mondo  fatta di generosità e solidarietà”) ideata nel 2004, dove furono operati migliaia di persone che, in condizione di povertà, avevano sviluppato patologie che andavano dalla miopia, glaucoma fino alla cecità (campagna umanitaria poi estesa anche in Asia e Africa dove in 5 anni i medici cubani hanno operato 4 milioni di persone in 35 Paesi). E’ in questi progetti, insomma, che vanno i soldi trattenuti dal governo cubano, pochi o tanti che siano, perché Cuba, semplicemente, ha un sistema diverso dal nostro, socialista, non imposto, ma scelto. Sempre ovviamente se ancora vale l’autodeterminazione dei popoli. Loro questa scelta la stanno pagando ingiustamente con un blocco economico da più di 60 anni e con ignobili menzogne da parte di alcuni media mainstream che da trent’anni tento di scardinare. 

Ma la loro condizione ovviamente non vale quando si parla di difesa dei diritti umani. 

In questo momento i cubani stanno vivendo un periodo nerissimo; tra l’aggravamento del blocco economico durante la pandemia (e anche ora, dove le banche si rifiutano di versare nelle loro casse i soldi raccolti dalle varie organizzazioni umanitarie per la loro sopravvivenza) l’incendio dei silos a Matanzas provocato da un fulmine e l’uragano che ha devastato gran parte delle sue coste occidentali, l’Isola è allo stremo. Eppure, il 26 settembre scorso dopo un referendum, è passato il loro nuovo diritto di famiglia che contempla la responsabilità delle famiglie con la tutela dei loro membri e tutto ciò che riguarda il matrimonio e le unioni di fatto, compresa la possibilità di scelta del regime economico; i legami socio-emotivi, le adozioni e diverse situazioni, come ad esempio la riproduzione assistita; il supporto legale per il raggiungimento della maternità/paternità attraverso uteri solidali, la possibilità di cambiare l’ordine dei cognomi dei figli, e l’uso del termine padri/madri correlati, invece di matrigne e patrigni, con le loro connotazioni negative; le istituzioni di cura, custodia e protezione e la risoluzione transnazionale dei conflitti con una particolare attenzione alle persone vulnerabili, non solo i minori, ma anche gli anziani e i diritti delle persone con handicap fisici, il diritto a scegliere il proprio orientamento sessuale o l’identità di genere, la convivenza e, infine, la valutazione economica del lavoro in casa e tutte le definizioni relative alla violenza in questo ambito. Alla faccia del nostro DDL Zan e della sua fine miseranda.

Ma noi? Noi come siamo messi con la difesa dei diritti umani? Cosa facciamo per i troppi morti sul lavoro dimenticati dopo un articolo in cronaca o l’intervista alla madre della vittima (con la terribile, costante domanda: “Cosa si prova in questi momenti Signora?”)? Per i malati di tumore che hanno subito uno slittamento della loro operazione, magari salvavita? Per chi cura gli anziani e i disabili senza più una rete di assistenza? Per chi ha lo stipendio fisso e non potrà più pagare l’aumento vertiginoso delle bollette, aumentate già prima della guerra? E infine noi, oggi, abbiamo messo in pratica i dettami della nostra Costituzione, l’abbiamo tradita o siamo stati dei leali esecutori? 

Ah, già: “i soldi sottratti ai medici non andranno a migliorare le condizioni del popolo cubano, ma il conto in banca dei clan al potere”. Ha proprio ragione Gramellini.

 

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