MARIUPOL: IL FAMOSO OSPEDALE PEDIATRICO N.3 CHE NEL MARZO SCORSO SAREBBE STATO COLPITO DALL’AVIAZIONE RUSSA
di Rangeloni News
Per molto tempo questo ospedale ha rappresentato la linea del fronte nel cuore della città. La conformazione del quartiere sul viale Mira ha consentito ai militari ucraini – ormai accerchiati senza vie d’uscita – di rallentare l’avanzata delle milizie e dei russi. Tutti gli edifici, la maggior parte dei quali sventrati, testimoniano la violenza degli scontri.
Quartiere dopo quartiere sono riuscito a raggiungere anche l’ospedale pediatrico del centro città, finito alla ribalta della cronaca il 10 marzo – alla vigilia del summit in Turchia tra i ministri degli Esteri di Ucraina e Russia – quando secondo fonti ucraine un bombardamento dell’aviazione russa avrebbe colpito l’ospedale. Tutti i giornali riportarono le parole del presidente ucraino Zelensky, il quale parlò di crimine di guerra e atrocità, affermando che ci fossero persone e bambini sotto le macerie.
A distanza di un mese dall’esplosione nei pressi dell’ospedale le esplosioni delle bombe in sottofondo continuano a fare parte della quotidianità di Mariupol. Questo complesso, da diversi giorni sotto controllo russo, ora viene colpito dal fuoco dei militari ucraini, arretrati nel quartiere vicino allo stadio.
Di fronte all’ospedale pediatrico incontro Brazhnik Igor, il direttore della struttura. Accanto a lui 4 membri del personale, ossia tutti coloro che sono rimasti. Il 99% dei colleghi ha lasciato la città. Fortunatamente in tutte queste settimane non ci sono perdite tra il personale.
Vicino al parcheggio dell’ospedale non sono passati inosservati le file di sacchi bianchi pieni di sabbia: “era l’ultima linea di difesa dei soldati ucraini, ma non hanno fatto in tempo a finire di costruirla”, ha spiegato Igor.
Durante la breve visita all’ospedale pediatrico, ormai inattivo per assenza di corrente e per la mancanza di finestre, distrutte dalle onde d’urto, un paio di colpi di mortaio sono caduti dalla parte opposta della struttura in cui ci trovavamo, a non più di una settantina di metri: “tranquilli, sono lontani”, ha assiccurato il medico, proseguendo ad ispezionare i reparti. “Stiamo già compiendo una stima dei danni. Buna parte delle apparecchiature fortunatamente non ha riportato danni. La priorità ora è la riparazione del tetto e delle finestre, poi, poco per volta potremo ripartire. In un paio di mesi dovremmo farcela”.
Successivamente abbiamo raggiunto la palazzina dell’ambulatorio e quella delle sale parto. Nel mezzo del giardino di fronte alle strutture c’era il profondo cratere che è stato mostrato nei telegiornali di tutto il mondo, qualche auto distrutta e diverse grandi bombole blu. “Sospetto che il grosso dei danni non è stato provocato dall’esplosione che ha provocato questo cratere, quanto dalle bombole di ossigeno più in la”. In effetti i muri dell’ambulatorio (vuoto sin da prima dell’arrivo del conflitto urbano per via della ristrutturazione in corso) vicini al cratere riportavano ben pochi segni. I danni principali erano visibili a distanza di qualche decina di metri, proprio in corrispondenza delle bombole. La nostra guida ha affermato che quel giorno nei pressi della struttura in seguito ai bombardamenti non ci sono stati morti. Lui stesso ha affermato di essere uscito in quel giardino appena avvenuta l’esplosione. Diverse persone sono rimaste invece ferite a causa dei vetri infranti, che hanno provocato tagli, come nel caso di Marianna, una ragazza incinta presente nell’edificio accanto, inconsapevolmente divenuta famosa per via delle fotografie apparse immediatamente in seguito all’esplosione, scattate da un fotografo ucraino che segue l’esercito ucraino ( Giorgio Bianchi ha incontrato la ragazza e l’ha intervistata, smontando le principali fake news riportate anche in Italia.
Qui il video:
Il personale medico rimasto ha confermato che, nel periodo in cui il quartiere si trovava sotto controllo ucraino, i locali dell’ospedale sono stati utilizzati frequentemente come postazioni militari. Ad essere precisi, secondo quanto raccontato dai medici, nei vari edifici dell’ospedale si trovavano gli uomini dei battaglioni di “difesa territoriale”, formati dai riservisti e volontari. Nessuno ha potuto sostenere la tesi dell’attacco aereo, nonostante ce ne siano stati parecchi anche in zone non lontane e i medici hanno imparato a distinguerli. Tutte le persone presenti sul posto quel giorno hanno raccontato di una forte ed improvvisa esplosione.
Fonte: Rangeloni News