A CUBA I BAMBINI TORNANO A SCUOLA, I CONFINI VENGONO RIAPERTI MA DELLE MANIFESTAZIONI NEMMENO L’OMBRA
Il 15 novembre è arrivato e Cuba entra nella nuova normalità: i bimbi ed i ragazzi tornano a scuola, i confini dopo due anni riaprano ed i turisti arrivano sull’isola ma delle manifestazioni nulla.
Finalmente il fatidico giorno è arrivato e la vita a Cuba tenta di tornare alla normalità. Oltre 700 mila bambini e ragazzi tornano dopo due anni a frequentare in presenza le scuole, i confini riaprano ed i turisti iniziano a percorrere le strade dell’isola. Oggi doveva anche essere il giorno in cui i pochi controrivoluzionari, finanziati e sponsorizzati dalle innumerevoli agenzie e organizzazioni che ricevono soldi dall’amministrazione statunitense, dovevano scendere in strada per dare un colpo mortale al governo rivoluzionario.
Ma delle manifestazioni e dei manifestanti che dovevano invadere le strade di tutte le città cubane nemmeno l’ombra. Il promotore di queste proteste, il drammaturgo Yunior Garcia Aguilera, già da un paio di giorni aveva affermato che non sarebbe più sceso in piazza per protestare ed agitare le folle perché le condizioni non lo permettevano. Aveva optato per una semplice passeggiata da solo per le strade di L’Avana con una rosa bianca in mano. Ma nemmeno questa passeggiata è avvenuta.
Le condizioni per manifestare erano mutate e quindi le manifestazioni sono state annullate o posticipate. Ma non ci dovevano essere migliaia di persone che spontaneamente e dal basso dovevano inondare le piazze per protestare contro il governo? Invece nulla. Forse le oceaniche folle erano solo nella mente dei promotori che, come oramai accade da oltre sei decadi a Cuba, ricevono lauti finanziamenti dagli Stati Uniti per organizzare un movimento popolare di protesta che dall’interno rovesci il legittimo governo rivoluzionario, ma alla resa dei conti restano sempre soli. Come è accaduto anche in passato questi dubbi personaggi che nascono come funghi attratti dai dollari statunitensi alla resa dei conti spariscono con il malloppo in mano.
Oppure potrebbe essere che la strategia di Yunior Garcia Aguilera e compari fosse da sempre quella di non manifestare affatto. Annunciare proteste con lauto anticipo, creare un eco mediatico grazie ai social sempre disposti ad appoggiare le rivoluzioni colorate, arrivare a ridosso della manifestazione e annullare tutto passando così per martire. Se questa era la strategia bisogna ammettere che il giochino è ben riuscito. Attorno al 15 novembre si era creata una vera e propria onda mediatica contornata di dichiarazioni minacciose da parte dei maggiori apparati statunitensi. Si era mobilitato persino Joe Biden che aveva ammonito il governo cubano di non processare i manifestanti pena altre sanzioni contro l’isola. Il Segretario di Stato Anthony Blinken solo ieri su Twitter aveva elogiato i cubani che con coraggio avrebbero manifestato contro il governo.
Di fronte all’imponente macchina social messa in campo dall’amministrazione statunitense per promuovere la manifestazione il Ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez aveva denunciato che oltre l’85 per cento dei messaggi su Twitter inneggianti le manifestazioni non provenivano da Cuba, come invece poteva sembrare dalla loro geolocalizzazione. Secondo il funzionario cubano solo il 15 per cento dei messaggi del social provenivano da Cuba mentre agli altri era stata modificata la geolocalizzazione facendoli passare per messaggi provenienti dall’isola.
Se la strategia dei promotori fosse stata davvero quella di non manifestare e passare quindi per vittime a cui non è stato permesso democraticamente protestare non lo sapremo mai, resta però il fatto che Yunior Garcia Aguilera era stato ampiamente sputtanato nelle ultime due settimane. Il drammaturgo aveva perso la sua verginità e l’alone di spontaneità che si era costruito, con l’avvicinarsi del giorno delle manifestazioni, era gradualmente svanito. In vari reportages televisivi infatti era stato smascherato: il drammaturgo che si presentava come un semplice cubano animato dalla voglia di apportare cambiamenti al sistema di governo era invece finanziato dagli Stati Uniti.
L’agente Fernando sotto copertura aveva smascherato Yunior Garcia Aguilera pubblicamente dichiarando di aver partecipato con lui ad un seminario di formazione sulle forze armate sponsorizzato dall’American University Saint Louis, nella sua filiale di Madrid
Carlos Leonardo Vázquez González, medico, specialista di primo grado in medicina generale completa e specialista in oncologia è stato per 25 anni l’agente Fernando. “Sono un cubano, un rivoluzionario, un Martiano e un fidelista. Oggi sono qui per fare questa denuncia pubblica al popolo cubano in modo che non venga ingannato dai leader creati dai manuali, perché Cuba non sarà mai invasa dal grande nemico del nord”, aveva detto durante la sua denuncia nel telegiornale della televisione cubana della sera.
Nei giorni successivi un’altra inchiesta ha dimostrato come Aguilera ed altri promotori delle manifestazioni abbiano ricevuto rimesse in denaro per il loro lavoro sull’isola oltre a numerose e cospicue ricariche per i loro cellulari provenienti dall’estero.
Forse anche i pochi che lo seguivano dopo che la sua maschera è caduta lo avranno abbandonato. Avranno capito che anche Yunior Garcia Aguilera, come tutti quelli che in precedenza si erano dipinti come veri patrioti interessati alle sorti dell’isola, erano invece solo dei mercenari al soldo del vicino a stelle e strisce interessati non alle sorti di Cuba ma ai bigliettoni verdi che in quantità industriale finanziano questi dubbi personaggi. Chi in buona fede lo seguiva, forse meno scemo di quanto credesse il drammaturgo, scoperto che lui, grazie al loro appoggio, si stava riempiendo il borsello non se la sono sentita di seguirlo fino in fondo. Infine, cosa non da poco, davvero c’erano folle oceaniche disposte a manifestare?
Storicamente tutti coloro che hanno capeggiato questi movimenti controrivoluzionari hanno fatto credere alle varie amministrazioni statunitensi che dietro di loro ci fossero migliaia di persone pronte a rovesciare il governo cubano. Lo sbarco a Playa Giròn, meglio conosciuta come Baia dei Porci, quando fu tentata l’invasione di Cuba da parte degli Stati Uniti, doveva contare sul luogo con migliaia di cubani pronti ad appoggiare i mercenari. Ma non c’era anche quella volta quasi nessuno. Negli anni la storia poi si è ripetuta: nessuno era disposto a combattere contro il governo rivoluzionario.
Vedremo se la stella di Aguilera si eclisserà definitivamente oppure se tra qualche giorno il nuovo patriota cubano inventerà qualcos’altro. In ogni caso il governo cubano deve restare, come del resto ha sempre fatto negli anni, con gli occhi ben aperti perché gli attacchi da parte degli Stati Uniti alla rivoluzione non cesseranno.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info