CILE: A POCHI GIORNI DALLE ELEZIONI CONTINUA LA MILITARIZZAZIONE DELLE TERRE DELLA COMUNITA’ MAPUCHE
In Cile, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali, l’uscente Presidente Sebastian Piñera continua ad usare lo stato di eccezione militarizzando le regioni del sud del paese abitate dalla più grande comunità nativa cilena, i Mapuche, per dare ossigeno alla destra.
Lo Stato di Eccezione è stato applicato da Piñera dal 12 ottobre nelle province di Bío Bío e Arauco, che fanno parte della Regione Bío Bío, e nelle province di Malleco e Cautín, in Araucanía. Il presidente ha giustificato la misura come una strategia per controllare il “grave disturbo dell’ordine pubblico”.
La misura inizialmente sarebbe dovuta entrare in vigore per 15 giorni, ma Piñera l’ha prorogata fino all’11 novembre e dopo tale data intende estenderla per altri 15 giorni, dopo che il suo ufficio ha inviato una nuova richiesta al Congresso, sostenendo che il clima di violenza è sufficiente per mantenere la militarizzazione delle regioni, situate a circa 600 chilometri a sud di Santiago, la capitale del paese.
Da parte loro, la comunità Mapuche – il più grande popolo indigeno del Cile, con una popolazione di oltre 1,7 milioni di persone – insiste sul fatto che la militarizzazione aggrava il conflitto e che manterranno la loro resistenza per il rispetto dei loro diritti e la restituzione del Wallmapu, nelle mani di aziende e proprietari terrieri.
A questo proposito, il direttore esecutivo della Fondazione Chile 21, Eduardo Vergara, ha ritenuto che il governo Piñera non abbia interesse a risolvere la sostanza del problema, ma, al contrario, l’esecutivo usa il conflitto per dare “ossigeno alla destra”, nel bel mezzo della campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 21 novembre.
“La sicurezza era la grande promessa di Piñera ed è diventata il suo grande fallimento. In questo contesto, l’eccezionalismo è stato trasformato in una bombola di ossigeno per governare ed il presidente cerca di usarlo fino alla fine del suo mandato. È uno spettacolo pericoloso a cui dobbiamo porre fine”, ha detto Vergara su Twitter.
Piñera ha anche approfittato di questo momento per chiedere sostegno alle sue leggi di populismo criminale e pugno di ferro che si sono dimostrate essere regressive ma funzionali alle sue linee politiche basate sulla sicurezza: spettacolo triste ma elettoralmente brillante.
Di fronte a un tale scenario Vergara ha avvertito che il congresso cileno non può approvare l’estensione della militarizzazione perché sarebbe “una misura regressiva” di fronte a un problema che considera “molto più profondo”, che non viene risolto ma acutizzato con l’uso dell’esercito.
Vergara, che è stato capo della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno durante la presidenza di Michelle Bachelet, ha anche affermato che i settori dell’opposizione e le diverse candidature presidenziali hanno “responsabilità e l’obbligo” di risolvere il conflitto.
“Non possiamo continuare ad avallare questo spettacolo che, come tutti sappiamo, finirà molto male e genererà battute d’arresto storiche”, ha detto lo specialista, che ha esortato l’opposizione a non cadere in una “trappola” del Governo, perché “sono in gioco capacità politiche, serietà e responsabilità”.
La crisi si è radicalizzata dopo che mercoledì scorso un indigeno Mapuche, identificato come Yordan Llempi Machacan, è morto in presunti scontri con le forze di sicurezza nel comune di Cañete, provincia di Arauco, regione militarizzata da Piñera. La morte è stata confermata dalla Procura di Bío Bío, che ha aggiunto che un altro Mapuche che era stato precedentemente dichiarato morto si trova in condizioni “gravi” nell’Ospedale Regionale di Temuco.
La maggioranza dei cileni però non appoggia le politiche di militarizzazione delle regioni meridionali del paese andino. Infatti un sondaggio ha rivelato che il 57% dei cileni non è d’accordo con l’estensione dello Stato di eccezione applicato dal governo di Sebastián Piñera dallo scorso ottobre nelle province rivendicate dalle comunità originarie del popolo Mapuche.
Il sondaggio condotto dalla Fondazione Chile 21 ha rivelato che il 40% degli intervistati afferma di “essere fortemente in disaccordo” con l’estensione della militarizzazione nella cosiddetta Macrozona Sud, mentre il 17% “non è d’accordo”.
Chi invece sostiene le politiche governative di militarizzazione delle terre, il 43 per cento, si divide tra coloro che, il 17 per cento, è d’accordo e il 26per cento che è molto d’accordo. L’indagine è stata realizzata attraverso Internet ed era rivolta a persone di età superiore ai 18 anni, residenti in 204 comuni in cui vive il 91,3 per cento della popolazione cilena totale attraverso 1.743 interviste. (RT)
Andrea Puccio – www.occhisulmondo,info