GLI STATI UNITI SONO SEMPRE PIU’ DIPENDENTI DAL PETROLIO DELLA RUSSIA
Il mercato non risponde allo stesso modo della politica: gli Stati Uniti sono sempre più dipendenti dal petrolio della Russia. Infatti se da un lato la politica tenta di isolare economicamente la Russia con l’applicazione delle sanzioni i petrolieri non possono fare a meno del greggio del nemico.
La politica si sforza di arginare l’espansione della Russia in campo economico con l’applicazione costante di sanzioni più o meno fantasiose ma il mercato dell’energia risponde in modo contrario. Infatti gli Stati Uniti sono sempre più dipendenti dal petrolio proveniente dalla Russia per alimentare le proprie raffinerie. Insomma la geopolitica si scontra frontalmente con l’economia e in uno scontro come questo sarà inevitabilmente la prima a soccombere.
Le raffinerie statunitensi stanno scandagliando il mondo alla ricerca delle materie prime migliori per soddisfare la domanda di carburante ma il principale fornitore è la Russia di Putin. Stando ai dati della Energy Information Administration (EIA) statunitense, le importazioni di greggio e derivati dalla Russia hanno registrato a maggio (ultimi dati disponibili) un’impennata del 23%, raggiungendo gli 844.000 barili al giorno. A tale proposito si confronti il dato russo con quello delle forniture provenienti dal Messico, che registrano un incremento di soli tre punti percentuali.
L’anno scorso le importazione di prodotti petroliferi provenienti dalla Russia avevano avuto un’esplosione senza precedenti ponendo il paese euroasiatico al primo posto tra i fornitori statunitensi nonostante i tentativi dell’amministrazione Trump di strangolare l’economia della Russia con l’emanazione di numerose sanzioni. La Russia aveva scalzato dalla prima posizione l’Arabia Saudita che aveva ridotto l’esportazioni in seguito alla riduzione delle quote riservategli dall’Opec.
Inoltre le raffinerie statunitensi del Golfo del Messico non ricevono più, grazie alle sanzioni di Trump, il petrolio proveniente dal Venezuela. La situazione più complicata, infatti, la stanno vivendo le raffinerie del Golfo del Messico e della costiera orientale, fra cui Citgo Petroleum, Valero Energy, Chevron, le quali si basano sulla raffinazione delle varietà più pesanti di greggio come quello di produzione venezuelana. Queste imprese comprano dalla Russia essenzialmente il bismuto necessario alla produzione di benzina.
Quindi “Perdendo il greggio venezuelano e dovendo fare i conti con il rincaro delle materie prime provenienti dai tradizionali fornitori OPEC, gli USA sono diventati il principale consumatore di bismuto russo” spiega Adi Imsirovic, collaboratore scientifico dell’Oxford Institute for Energy Studies, riporta Sputnik. La Russia è diventata un fornitore indispensabile per queste raffinerie perché dispone di numerosi tipi di prodotti petroliferi tra cui quelli sporchi e pesanti che non arrivano più dal Medio Oriente e dal Venezuela.
A complicare la già difficile situazione è arrivato l’uragano Ida che ha danneggiato severamente le piattaforme petrolifere del Golfo del Messico. Infatti molte strutture estrattive sono state severamente danneggiate dalla furia dell’uragano Ida e, nonostante si lavori per riparare i danni, i tempi per il loro ripristino totale non saranno brevi.
“Tra settembre e ottobre le forniture aumenteranno, perché l’attività estrattiva degli USA nel Golfo del Messico non tornerà più ai livelli di un tempo” scrive Bloomberg. Infatti, nell’arco di pochi giorni, gli statunitensi hanno acquistato ben 3 lotti di greggio russo.
La domanda fa impennare i prezzi. L’8 settembre, le quotazioni del greggio russo Urals hanno raggiunto il loro massimo degli ultimi 7 mesi e hanno superato il Brent di 1,05 dollari. Prima che sugli USA si abbattesse Ida, lo Urals veniva scambiato con uno sconto sul Brent a 1,95 dollari, continua Sputnik.
Infine le tensioni tra Washington e Mosca non sono destinate a diminuire dato che il prossimo avvio del gasdotto Nord Stream 2, sempre osteggiato dagli Stati Uniti, renderà la Russia un fornitore privilegiato per l’Unione Europea. Ma come appare evidente le necessità dei petrolieri statunitensi vanno in direzione contraria agli interessi geopolitici della Casa Bianca.
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info