Julian AssangeJulian Assange

UN TESTIMONE CHIAVE NEL CASO ASSANGE RITRATTA LA SUA TESTIMONIANZA 

 

Il caso di Julian Assange potrebbe essere arrivato ad una svolta che farebbe crollare tutto il castello di accuse contro di lui promosse dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Un testimone chiave dell’accusa, Sigurdur Ingi Thordarson, ha dichiarato durante un’intervista ad un quotidiano islandese di aver mentito.

Sigurdur Ingi Thordarson, testimone chiave per l’accusa contro Julian Assange,  in un’intervista, rilasciata al quotidiano islandese Stundin confessa di aver mentito nelle sue dichiarazioni usate dalle autorità statunitensi per mettere insieme il caso contro il fondatore di WikiLeaks. 

Sigurdur Ingi Thordarson era un volontario di WikiLeaks che divenne il primo informatore dell’FBI all’interno dell’organizzazione in cambio di circa $ 5.000 e immunità dall’accusa. Ora, Thordarson ha ammesso che la sua precedente affermazione secondo cui Assange gli aveva chiesto di “hackerare” i computer dei parlamentari per accedere alle registrazioni delle sue conversazioni telefoniche private è falsa e che non l’ha mai richiesta. L’uomo ha spiegato di aver effettivamente ricevuto file da terzi che gli hanno detto di aver registrato i parlamentari e hanno proposto di condividerli con Assange senza controllarne il contenuto.

Julian Assange si trova ancora incarcerato in Gran Bretagna dopo che il governo ecuadoriano di Lenin Moreno gli aveva revocato il diritto di asilo permettendo così alla polizia britannica di arrestarlo. Su di lui pende una richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti che lo accusano di aver violato la legge sullo spionaggio e di aver cospirato per commettere intrusioni informatiche e accedere a computer governativi con informazioni classificate. Per queste accuse rischia una pena detentiva che potrebbe arrivare a ben 178 anni di reclusione, su di lui pendono18 capi di imputazione formulati dalle autorità statunitensi.

La giustizia britannica a temporaneamente sospeso la richiesta di estradizione per motivi umanitari. Infatti nella sentenza si legge che l’imputato potrebbe tentare il suicidio nel caso fosse estradato. Con le rivelazioni di Sigurdur Ingi Thordarson però tutto il castello di accuse formulate dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti crolla avendo lui negato la veridicità delle sue precedenti dichiarazioni. 

L’argomentazione del team legale statunitense si basa sul fatto che l’imputato e il suo informatore, Thordarson, avrebbero cercato di leggere un file rubato da una banca islandese. Thordarson ha chiarito a Stundin che quanto avvenuto era ben noto e che il file crittografato è stato trafugato dalla banca e condiviso su Internet dagli appassionati che hanno cercato di decifrarlo per motivi di interesse pubblico nel tentativo di scoprire le ragioni della crisi finanziaria in Islanda. Nulla conferma che il file sia stato “rubato, si presume invece che sia stato divulgato dai dipendenti della banca stessa.

Un altro punto fondamentale nel caso di presunto spionaggio sarebbe quello che Assange “ha utilizzato l’accesso non autorizzato” concesso da Thordarson “per accedere a un sito web governativo” destinato a rintracciare i veicoli della polizia. Intervistato da Stundin, l’informatore ha precisato che i dati di accesso erano le sue identificazioni e non erano ottenuti con mezzi illeciti. Thordarson ha detto di aver avuto accesso a quel sito web a causa del suo lavoro come soccorritore quando si è offerto volontario in una squadra di ricerca e soccorso, e che il fondatore di WikiLeaks non gli ha mai chiesto i dati di accesso.

Le autorità statunitensi stavano tessendo una tela per cercare di incastrare Julian Assange. Secondo quanto riferito dall’allora ministro dell’Interno islandese, Ogmundur Jonasson,  gli statunitensi stavano cercando di usare i loro cittadini “per tessere una rete, una rete che avrebbe preso Julian Assange” e ha ricordato il momento esatto in cui l’Fbi ha contattato per la prima volta le autorità islandesi il 20 giugno 2011 per avvertirle di un’imminente intrusione nei computer governativi, offrendo il loro aiuto che è stato accettato. Secondo l’opinione di Jonasson, l’obiettivo che gli Stati Uniti stavano davvero perseguendo era quello di catturare Assange e non aiutare l’Islanda. (RT)

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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