I FRANCESI HANNO NASCOSTO PER 50 ANNI GLI EFFETTI DEI TEST NUCLEARI AI POLINESIANI
Alle 5,34 del 2 luglio 1966 sull’atollo di Mururoa venne sganciata la bomba Aldebaran, il nome della stella più luminosa della costellazione del Toro. L’isola, disabitata e utilizzata solo per la coltivazione delle noci di cocco, era stata ceduta alla Francia che, nel pieno della guerra fredda, lo aveva designato come sito di esperimenti nucleari. L’ordigno aveva una potenza di 30 chilotoni, molti di più dei 18 di quella di Hiroshima. Pochi secondi dopo l’esplosione una palla di fuoco vaporizzò tutto, salì nell’aria, si raffreddò e si trasformò in una nube carica di particelle radioattive che venne dispersa dal vento. A 400 chilometri di distanza c’era l’arcipelago Gambier, abitato.
Era solo il primo di una serie di 193 test nucleari i cui risultati sono rimasti impressi nell’ambiente e nei corpi dei polinesiani, terminati nel 1996 dopo che il presidente Chirac, che aveva consentito una ripresa degli esperimenti dopo una sosta, in seguito a polemiche internazionali decise di mettere uno stop.
Il risultato furono leucemie, linfomi, cancri alla tiroide, ai polmoni, al seno e allo stomaco.
Problemi che forse si potevano evitare, o attenuare. Un rapporto meteorologico dimostra che tre ore prima del lancio di Aldebaran il vento stava soffiando in direzione Mangareva, l’isola principale dell’arcipelago Gambier. Non avrebbero dunque dovuto effettuare l’operazione perché i risultati erano prevedibili. I mali tra l’altro colpirono anche le forze armate francesi. In una mail del 2017 circolata all’interno del Ministero della difesa, si rivelava che circa 2mila persone, del totale di 6 mila che componevano lo staff, avevano contrato il cancro.
Queste informazioni sono rimaste segrete fino a ora. Sono venute alla luce solo adesso grazie al dossier Mururoa files preparato dal programma di Scienza e Sicurezza globale dell’Università di Princeton, da Disclose, un gruppo di giornalisti investigativi e da Interprt un gruppo che utilizza il design per documentare crimini ambientali.
Gli studiosi sono venuti in possesso di oltre 2 mila documenti militari che erano rimasti segreti fino al 2013 e sono stati resi pubblici grazie a una battaglia legale tra le vittime e il governo francese. Grazie a questi e a una serie di interviste hanno investigato sulle conseguenze dei test nucleari e hanno potuto dimostrare per la prima volta che le radiazioni hanno colpito pesantemente gli abitanti.
Secondo i nuovi calcoli circa 110 mila persone sono state raggiunte dalle radiazioni ionizzanti, in pratica l’intera popolazione polinesiana dell’epoca. Le autorità francesi hanno nascosto il reale impatto per oltre cinquant’anni. Il ministero della difesa ha sempre definito i test esperimenti “puliti” e ha sempre minimizzato le richieste, sostenendo di aver messo in atto con la Commissione atomica francese (Cea) un piano per prevenire le ricadute di materiale radioattivo.
Ci sono prove invece che il governo francese abbia sempre sottostimato l’impatto di quanto ha fatto e lo sta facendo ancora oggi. In febbraio 2021 l’Inserm, l’istituto nazionale francese di salute ha pubblicato un rapporto sulle conseguenze dei test concludendo che non si può stabilire con certezza di un legame tra i test nucleari e diversi casi di cancro nelle isole polinesiane.
Un documento del ministero della salute polinesiano dice però che le vittime di cancro alla tiroide sono state 10 mila tra Tahiti e l’arcipelago Gambier. Ciascuno di loro ha ricevuto dosi pari a 5 millisieverts. Il nuovo studio sostiene che la maggior parte della popolazione è stata sottoposta a 1 millisievert, in particolare in occasione dello sgancio nel 1974 della bomba Centaur, quando 500 volte il livello massimo di ricaduta di plutonio raggiunse Tahiti, 1.250 chilometri lontana. La nuvola prodotta in seguito all’esplosione sarebbe dovuta andare verso nord e salire ad altezze di 9 mila metri. Restò invece intorno ai 5 mila e andò verso est, raggiungendo Tahiti, che non era stata avvertita, 42 ore dopo lo scoppio. 1 millisievert è anche il minimo oltre il quale si ha diritto a un risarcimento. Quindi 110 mila persone, non 10 mila, potrebbero chiedere un risarcimento.
Nel 2010 venne creata una commissione, il Civen per aggiudicare le compensazioni dovute in caso di danni. Si basavano su un rapporto creato dal Cea nel 2006 e validato dall’Iaea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, in cui erano stati rivalutati gli effetti delle radiazioni ionizzanti. Non venne però mai reso pubblico e nessuno lo potè controllare e confutare. Neppure l’Iaea aveva avuto accesso ai dati originali.
Gli errori però erano numerosi, come hanno scoperto i ricercatori di Princeton. Per esempio tra i fattori non era stata considerata la contaminazione dell’acqua potabile. I calcoli Cea dunque erano da due a dieci volte più bassi delle stime effettuate ora.
La questione degli indennizzi ha sempre scatenato un acceso dibattito, anche perché non è per nulla facile accedervi. Le persone che li richiedono devono dimostrare di aver vissuto nella Polinesia francese all’epoca dei test nucleari e di avere una o più delle patologie incluse in un elenco di 23. Ma nei dieci anni da quando il Civen è stato istituito, solo 454 persone hanno ricevuto una somma in danaro, mentre l’80 per cento dei casi sono stati rifiutati.
I polinesiani spesso non hanno tutte le informazioni mediche necessarie per lo studio del loro caso, né dispongono di dati che possano stimare precisamente il livello di radiazioni subite. Dovevano esserci 26 stazioni radiologiche che consentivano questo tipo di misurazione, ma in realtà solo il 20 per cento del territorio è stato controllato. Una serie di errori e omissioni dunque hanno nascosto una verità drammatica, che lentamente sta venendo a galla.