L’OCCIDENTE SI SCHIERA CON NAVALNY MA FORSE HANNO SBAGLIATO CAVALLO
“Un liberale filo-occidentale, un nazionalista anti-migranti o un’opportunista politico?”: è la domanda che, in un lungo articolo firmato da Johnny Tickle per la testata RT News, si pone a proposito di Aleksej Navalny, l’oppositore grande avversario del presidente Vladimir Putin che ancora oggi si è fatto promotore delle manifestazioni di protesta contro il Cremlino nelle principali città russe. La questione non è peregrina in quanto, al di là della generalizzata levata di scudi occidentale contro gli interventi repressivi della polizia – la mobilitazione, peraltro, non era stata autorizzata dalle autorità anche in ragione della delicata situazione legata alla pandemia -, concerne il ruolo che lo stesso Navalnyj potrebbe aspirare a svolgere nei futuri assetti politici del Paese.
Il “nemico dell’establishment, che comunque finora pare avere rinunciato all’elaborazione di qualsiasi programma a parte le generiche, e spesso assai poco circostanziate, denunce contro il sistema, non è esattamente un neofita: in politica sin dal 2000, come ricorda Tickle, Navalny si allineò presto su posizioni di destra tanto che ancora nel 2011 un profilo stilato dal “The New York Times” lo definiva “un oratore apparso insieme a neonazisti e skinhead, che una volta ha parlato in un video in cui confrontava i militanti caucasici dalla pelle scura agli scarafaggi. Mentre gli scarafaggi possono essere uccisi con una pantofola, diceva, nel caso degli esseri umani consiglio una pistola”.
Di ambiguità in ambiguità, il nemico di Putin non ha mai rinnegato le sue posizioni estreme; quando il giornale inglese “The Guardian”, tempo dopo, gli offrì in un’intervista la possibilità di scusarsi, o almeno di smorzare i toni, replicò che le sue parole dovevano essere intese come una “licenza artistica” mentre ancora nel 2020, alla testata tedesca “Der Spiegel” che gli chiedeva se avesse avuto ripensamenti, disse asciutto: “No, assolutamente. Sono ancora fermo sulle mie idee del 2000”.
Nota Tickle: “Per una parte dei sostenitori di Navalny, le sue opinioni non contano. È l’incarnazione del sentimento anti-Putin e la persona per aprire la Russia a un futuro migliore attraverso una democrazia liberale in stile occidentale. Nel 2013 il giornalista di sinistra russo-ucraino Matvey Ganapolsky lo ha definito “uno strumento” per andare verso “elezioni oneste”, con opinioni “anti-Cremlino” simili alle sue. Come Ganapolsky, il mantra “il nemico del mio nemico è il mio amico” ha guidato gran parte del seguito di Navalnyj. Otto anni dopo, questa frase viene ancora pronunciata, con molti dei suoi sostenitori che esortano i critici a concentrarsi sull’obiettivo più importante e immediato, come lo vedono loro: rimuovere Putin. Per molte di queste persone, Navalny è un mezzo per un fine. Non vogliono che diventi presidente, o che salga al potere, ma vogliono semplicemente che rovesci il sistema esistente e aiuti a spingere il Paese verso un futuro politico diverso”.
Di quale colore politico, con quali risvolti anche in termini di effettiva applicazione dei tanto decantati principi democratici, è impossibile dirlo. Ed è preoccupante che a non occuparsene sia lo stesso Occidente che però reclama a gran voce la salvaguardia del “diritto dei russi a protestare”. Non che in un corteo, è chiaro, vi sia qualcosa di male. Anzi. Ma se l’intenzione degli avversari di Putin fuori dalla Russia è di “teleguidare” l’avversario verso propri obiettivi, il rischio concreto è di andare incontro presto a cocenti delusioni. Ha detto qualcuno: “Dopo di me, il diluvio”. C’è da sperare che Stati Uniti ed Europa individuino presto il loro Noè, prima di essere travolti dalla tempesta.
E infatti il notista di RT saggiamente conclude: “Nonostante la loro speranza che il blogger diventato attivista sia la persona che alla fine rimuoverà Putin, i commentatori occidentali sono probabilmente in errore quando descrivono un futuro roseo con Navalny al timone della Russia. Le sue opinioni, profondamente radicate, sono più simili a quelle che si trovano in alcuni dei leader più discussi d’Europa, come il primo ministro conservatore ungherese Viktor Orban o il leader dell’opposizione francese Marine Le Pen, piuttosto che nelle piattaforme liberali sposate da Angela Merkel o Emmanuel Macron. Alla fine, gli attivisti occidentali potrebbero scoprire che a volte anche il nemico del loro nemico si rivela essere un nemico”.
Alessandro Borelli