Manifestanti davanti al CampidoglioManifestanti davanti al Campidoglio

STATI UNITI: ASSALTO AL CAMPIDOGLIO

in America Latina, sub continente in cui le infiltrazioni e le interferenze più o meno mascherate degli Stati Uniti, sono all’ordine del giorno circola da tempo un aneddoto che tradotto recita così: l’unico paese del continente dove non ci sono colpi di stato sono gli Stati Uniti perché lì non c’è un’ambasciata statunitense. 

Il tentativo di colpo di stato, perché di questo si parla anche se dalle nostre parti la maggior parte dei commentatori, quando azzardano, lo definiscono laconicamente come un’insurrezione, ha , dimostrato come la base più estremista della destra statunitense se manipolata è in grado di mettere in seria difficoltà le istituzioni del paese nord americano.

La genesi che ha portato un gruppo organizzato di persone ad attaccare il Campidoglio proprio il giorno in cui veniva certificata la vittoria di Joe Biden è nota a tutti: l’uscente presidente Donald Trump aveva deciso in anticipo, se non rieletto, di non accettare la sconfitta. Le ripetute dichiarazioni di avvenuti brogli durante le consultazioni hanno stimolato gli istinti più bestiali della parte più estrema della variegata platea degli elettori trumpiani. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: 4 morti, 13 feriti e 52 arresti.

A questo punto perché i sostenitori di Trump non dovrebbero credere che le dichiarazioni del loro presidente non siano vere quando per anni le varie amministrazioni statunitensi hanno dichiarato irregolari miriade di elezioni in giro per il mondo solo adducendo il fatto che si sarebbero avuti brogli senza per altro fornire alcuna prova al riguardo?

Adesso se le elezioni statunitensi sono regolari perché ovviamente non sono state fornite prove del  contrario ma solo semplici supposizioni senza alcun fondamento perché le elezioni in Venezuela, in Bolivia, in Bielorussia, solo per citare tre esempi, non dovrebbero essere regolari?

Hanno per decenni dichiarato le elezioni altrui come truccate, fraudolente, illegittime ed oggi la loro arroganza gli si ritorce contro. In Venezuela hanno dichiarato legittime solo le due elezioni in cui hanno vinto i candidati della destra, sostenendo quindi che le altre ventitre fossero truccate perché non avevano vinto i candidati da loro appoggiati. Lo scorso anno hanno appoggiato i presunti brogli in Bolivia che hanno portato all’esilio di Evo Morales. Nelle democrazie i risultati delle elezioni si rispettano, nelle repubbliche delle banane si contestano. 

Forse questo modo di agire che maschera una superiorità senza alcuna base legale e l’inasprimento dei toni di Trump è la causa che ha scatenato i bollori dei sostenitori più ortodossi che si sono spinti fino a tentare un colpo di stato.

Il nuovo presidente Joe Biden ha definito gli insorti dei teppisti, ma dei teppisti non entrano indisturbati dentro il Capitolio il giorno in cui si certifica la vittoria di un presidente e lo occupano. Evidentemente l’azione non è frutto del caso ma era stata pianificata in precedenza. Se questo fosse, ancora una volta, tutti i soldi spesi per prevenire gli attacchi terroristici e per la sicurezza nazionale negli Stati Uniti, mi verrebbe da dire, sono stati proprio spesi bene. Ed in ogni caso almeno la metà di coloro che ha votato alle ultime elezioni pensa che le rimostranze di Trump abbiano un fondamento.

Con quale autorità morale, ammesso ne avessero avuta una in precedenza, da oggi in poi le amministrazioni statunitensi  continueranno a definire illegittime e fraudolente le elezioni negli altri paesi in cui non vincono i loro candidati?

Adesso sul comportamento di Trump viene invocato l’applicazione del 25’ emendamento che prevede la destituzione del presidente perché sarebbe pericoloso mantenerlo al potere per i quindici giorni che gli restano. Sarebbe un pericolo per la sicurezza della nazione, come se averlo mantenuto per quattro anni alla guida del paese più armato del mondo non sia stato un pericolo per l’intera popolazione mondiale. Non era un pericolo quando, con le sue politiche, interferiva negli affari di almeno la metà delle nazioni del mondo in nome della tutela degli interessi statunitensi. E’ un pericolo adesso perché si sono accorti che anche in casa loro la situazione sta degenerando. 

Dopo quanto avvenuto ieri gli Stati Uniti hanno perso ogni credibilità. Mi risulta difficile sostenere le opinioni che stanno girando in queste ore che sostengono che il fatto che il tentativo di golpe sia fallito è una vittoria della democrazia. Penso che quando un gruppo organizzato di persone occupa un parlamento in un paese palesando brogli non dimostrati e non accettando il verdetto elettorale sia invece una grande sconfitta della democrazia stessa. 

Cosa succederà adesso? Difficile da prevedere ma certamente Trump si adopererà per una transizione ordinata senza però rinunciare a rivendicare la vittoria alle elezioni. Il tentativo di golpe sarà archiviato come una ragazzata compiuta da un gruppo di scalmanati accecati dall’odio. E non potrebbe essere diversamente altrimenti cadrebbero tutte le certezze su cui si è basata la politica statunitense negli ultimi 75 anni. Immaginate poi tutti coloro che dalle nostre parti per decenni hanno cercato di farci credere che gli Stati Uniti rappresentano la punta più avanzata di democrazia al mondo come ci resterebbero se venisse messo in discussione questo modello?  

Per concludere e tornando all’aneddoto con cui ho iniziato questo articolo mi verrebbe da dire che anche gli Stati Uniti, anche se in modo molto inferiore a quanto da loro fatto in giro per il mondo, hanno provato cosa significa subire un tentativo di colpo di stato.

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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