JOAO PEDRO STEDILE TRACCIA IL FUTURO DEL BRASILE
Traduzione di Alessandro Vigilante
IL 2021 SARÀ L’ANNO DEL VACCINO, DELLE LOTTE SOCIALI E DEL CAMBIAMENTO IN AMERICA LATINA
Il leader dell’MST prevede l’isolamento del Brasile in un continente tendenzialmente progressista e crede nella ripresa della mobilitazione di massa
Il coordinatore del Movimento dei lavoratori rurali senza terra (MST) scommette sui cambiamenti nella correlazione delle forze nel continente americano nel 2021. “I venti favorevoli dalle Ande hanno già iniziato a soffiare”, ha affermato l’economista in un’intervista esclusiva a Brasil de Fato.
“Si svolgeranno le elezioni a febbraio in Ecuador, poi in Perù e poi in Cile. Le forze progressiste vinceranno queste tre consultazioni, e questo cambierà l’equilibrio delle forze in America Latina. Praticamente solo il Brasile rimarrà con un governo di destra”, ha spiegato Stedile.
“Qui in Brasile, cambieremo la correlazione delle forze con la lotta di classe”, ha prefigurato. “Sono fiducioso che non appena saremo in grado di universalizzare l’accesso al vaccino, ciò ci darà la capacità e lo spazio per mobilitarci, intraprendere lotte di massa e cambiare l’equilibrio delle forze”.
Quando Stedile parla di cambiare l’equilibrio delle forze, pensa di aprire strade per la riforma agraria popolare, il progetto di paese del MST. Tuttavia, durante l’anno 2020, si sono verificati vari interventi pesanti contro la lotta per la terra nelle campagne brasiliane.
Tra gli altri eventi, il periodo è stato segnato dallo sfratto violento durato 56 ore dell’accampamento Quilombo Campo Grande, nel sud del Minas Gerais, che è passato alla storia come il più lungo del XXI secolo in Brasile.
Sempre nel 2020, il governo di Jair Bolsonaro ha negato gli aiuti di emergenza agli agricoltori familiari durante la pandemia covid-19. Oltre a questo scenario, c’è stato anche un inasprimento delle azioni violente nelle campagne, secondo i dati della Commissione Pastorale della Terra (CPT) un aumento dell’1.880% dei casi rispetto al 2019.
Secondo Stedile, Bolsonaro e il suo ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, sono i legittimi rappresentanti del “latifondo arretrato” – “che basa la sua accumulazione solo appropriandosi dei beni della natura” – tuttavia, allo stesso momento, ha ceduto il suo ministero dell’Agricoltura all’agroindustria esportatrice, che mostra di essere più moderna ma ugualmente predatrice, poiché attacca ugualmente l’ambiente, dipende dall’uso permanente di veleni agrotossici e non paga tasse.
In contrappunto a questi due modelli distruttivi molto ben rappresentati dal governo federale, Stedile spiega il percorso dell’agroecologia e del cooperativismo. Inoltre, analizza i risultati delle elezioni nazionali e azzarda proiezioni per il prossimo 2021.
Leggi l’intervista completa di seguito:
Brasil de Fato – Quest’anno c’è stato uno sgombero all’accampamento Quilombo Campo Grande, gli aiuti d’urgenza sono stati negati ai lavoratori rurali e si è verificato un aumento della violenza nelle campagne secondo la CPT. Come analizza il 2020 di fronte a queste difficoltà, soprattutto in relazione ai temi legati al settore agricolo?
João Pedro Stedile – Oltre ad una nuova correlazione di forze avverse nello Stato brasiliano, sono state prese anche una serie di misure contro la riforma agraria e l’agricoltura familiare.
Per quanto riguarda la riforma agraria, il governo si è semplicemente bloccato. Non c’è più requisizione di terre incolte. Hanno rottamato il dipartimento per l’acquisizione di terreni, il Programma Nazionale di Educazione per la Riforma Agraria (Pronera), il Programma di Assistenza Tecnica, Sociale e Ambientale per la Riforma Agraria (ATES) e il Programma Nazionale di Alloggi Rurali. Hanno demolito anche il Programma di Acquisto Anticipato di Alimenti da parte della Compagnia Nazionale di Rifornimento (Conab).
Quest’ultimo era un programma molto generoso, perché garantiva l’acquisto di qualsiasi alimento dai contadini. Hanno anche praticamente eliminato i controlli sul Programma Nazionale di Alimentazione Scolastica (PNAE), che stabilisce che il 30% di tutte le risorse per la mensa scolastica deve essere costituito da prodotti alimentari oriundi dall’agricoltura familiare.
BdF – Questi fatti dipendono non solo dalla politica del governo, ma dal ruolo strutturale del Paese, che si basa sull’esportazione di merci a scapito dello sviluppo interno. Vorrei che parlassi un po’ della questione della posizione del Brasile nel mondo come esportatore di materie prime e di come il governo Bolsonaro intensifichi questo processo.
JPS – In Brasile, negli ultimi tre decenni, c’è stata una disputa permanente tra tre modelli di dominio agricolo. Uno è il latifondo arretrato che vuole solo impossessarsi di terreni pubblici e non produce nulla. Basa la sua accumulazione solo sull’appropriazione dei beni della natura, da cui il nome “arretrato”, perché è un riferimento all’accumulazione primitiva del capitale.
Il secondo è l’agrobusiness, che produce solo merci per l’esportazione, utilizzando un modello di produzione che danneggia l’ambiente con l’uso di semi transgenici e pesticidi ed espellendo manodopera con la meccanizzazione, oltre a non pagare nessun tipo di imposta. E il terzo modello è il nostro modello di agricoltura familiare contadina, nel quale ci dedichiamo alla produzione di alimenti per il mercato interno.
Questi tre modelli si affrontano quotidianamente, perché sono contraddittori tra loro. Attualmente, con il governo neofascista del capitano, nello Stato brasiliano si è rafforzato soprattutto il modello del latifondo, rappresentato dal ministro dell’Ambiente Ricardo Salles e da Nabhan Garcia (Segretario per gli Affari Territoriali ed ex-presidente dell’Unione dei Grandi Proprietari Terrieri).
Il modello dell’agrobusiness è il modello di punta dell’attuale capitalismo ed è quindi presente in America Latina, Africa, Asia, indipendentemente dai governi. Nel caso brasiliano, si viene sviluppando fin dai governi di Fernando Henrique Cardoso (anni 90), nei tempi in cui cominciò ad affermarsi l’agrobusiness.
Lo Stato brasiliano ha creato ancor più condizioni favorevoli per lo sviluppo dell’agrobusiness. A differenza dell’Argentina, ad esempio, l’agrobusiness non paga le tasse all’esportazione attraverso la legge Kandir. Quindi, è un modello che produce molta ricchezza, ma che viene accumulata solo da pochi proprietari terrieri. Quindi, di fatto, il governo Bolsonaro ha semplicemente continuato a incoraggiare tale andazzo, affidando il ministero dell’Agricoltura all’agrobusiness.
BdF – Ma l’agrobusiness non trova contraddizioni all’interno del governo quando lo stesso Bolsonaro entra in conflitto con la Cina, uno dei principali importatori di materie prime brasiliane?
JPS – Questa settore della grande industria agroalimentare sta cominciando ad affrontare contraddizioni nello stesso governo Bolsonaro. Prima di tutto per gli attacchi ideologici che il governo Bolsonaro sferra contro la Cina. Attualmente, la Cina acquista circa il 60% delle materie prime agricole brasiliane. È molto stupido litigare con la Cina. Quindi la ministra dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’approvvigionamento Tereza Cristina è costretta continuamente a stemperare questa contraddizione interna.
La seconda contraddizione si verifica nel rapporto con l’Europa, che limita sempre più l’uso di pesticidi e pone più condizioni, soprattutto per l’esportazione della nostra frutta, che contiene molti veleni agrotossici. L’Europa pone anche condizioni legate alla distruzione dell’Amazzonia e del Pantanal. Tutto ciò influenzerà il mercato agroalimentare esterno, quindi il governo ha molti problemi davanti a sé.
BdF – In questo scenario, la riforma agraria, l’agroecologia e l’agricoltura sono una soluzione?
JPS – Sono una soluzione nel settore agricolo, ma non per tutti i problemi nazionali. In primo luogo, i nostri territori devono essere utilizzati principalmente per produrre cibo per la nostra gente, non per il mercato estero. E non un alimento qualsiasi, deve essere cibo sano, senza pesticidi. Il modo per produrre questi alimenti è l’agroecologia.
Molti dicono che il mercato interno in Brasile è piccolo. È piccolo perché le persone non hanno lavoro, non hanno reddito. Se le persone passassero ad avere reddito sufficiente per mangiare formaggio e yogurt, non basterebbero le attuali mucche!
Dobbiamo realizzare un grande programma di agroindustrie, gestite in forma cooperativa dai contadini. Ogni comune deve avere più agroindustrie per la gestione del latte, della frutta e dell’alimentazione in generale. Nella forma cooperativa, quel valore aggiunto nella trasformazione dei prodotti non andrà alla Nestlè, non andrà alle multinazionali, ma andrà alle persone che lì vivono e inoltre la gestione cooperativa genera più posti di lavoro.
Oltre a proteggere la biodiversità, l’acqua e l’ambiente, completerei queste politiche pubbliche del settore agrario con un ampio programma educativo per raggiungere l’intera popolazione che vive nelle zone rurali. Abbiamo milioni di adulti, lavoratori, cittadini analfabeti che non hanno il diritto di conoscere le materie umanistiche e scientifiche. Dobbiamo creare meccanismi affinché i nostri giovani possano entrare all’università. Ognuno ha la sua vocazione e ha diritto all’istruzione superiore.
BdF – Dato questo scenario di nuova correlazione di forze che lei definisce “avverse” all’interno del governo Bolsonaro e di un programma di sviluppo nazionale opposto a quello attualmente in atto, quali sono le sfide poste sul tavolo della sinistra?
JPS – Innanzitutto il capitalismo è già in forte crisi, non è più in grado di risolvere i problemi dell’umanità. Al contrario, genera sempre più disuguaglianze sociali. Qual è lo scenario che abbiamo davanti a noi? Abbiamo la necessità di approfondire una lettura più strutturata e storica del fatto che ci troviamo in una fase di profonda crisi del capitalismo, del modo di produzione e che si tratta di una crisi sistemica; che sarà quindi prolungata, non terminerá con la diffusione del vaccino.
Al contrario, tende ad approfondirsi nella sua natura economica, nella disuguaglianza sociale, nei crimini ambientali commessi dalle imprese, nella crisi politica che è legata alla natura dello Stato borghese e, anche, nei valori insostenibili che predica il capitalismo, che sono il consumismo e l’individualismo.
Questa crisi che sto descrivendo sta facendo il giro del mondo. In Brasile abbiamo l’aggravante di avere un governo neofascista, ma anche qui i suoi giorni sono contati, perché non c’è un progetto per il Paese, non ha abbastanza base sociale e non ha creato un’egemonia nella società. L’egemonia si crea con idee e proposte.
Le stesse elezioni municipali hanno rivelato come non sia più in sintonia con le sue proposte. Lo scenario necessario è il cambio di governo. Tuttavia, per ottenere la caduta del governo, dovremo conquistare un ampio sostegno da parte dei settori della borghesia che attualmente pensano ancora di arricchirsi con le politiche pubbliche del ministro ultra-liberista dell’Economia Paulo Guedes.
Infine, come forze di sinistra abbiamo sfide organizzative in senso lato. In primo luogo, lottare affinché il vaccino arrivi presto, sia distribuito attraverso il Sistema Sanitario Pubblico Universale, e con ciò si creino le condizioni affinché la classe lavoratrice torni alle lotte di massa in difesa dei propri diritti.
La seconda sfida è quella di costruire un’ampia alleanza sociale con un’agenda comune, che comincia con la vaccinazione universale immediata, ma anche con la lotta per l’occupazione e per il ripristino degli aiuti di emergenza al reddito, perché queste sono le due condizioni che garantiscono la vita.
La terza sfida è il diritto alla sicurezza alimentare. Una parte della nostra popolazione è costretta a vivere al di sotto dei bisogni nutrizionali, quindi dobbiamo lottare per il diritto di tutti ad un’alimentazione sana. Questo lo potremo ottenere con programmi di sostegno all’agricoltura familiare, distribuzione di ceste alimentari, orti urbani, ecc.
La quarta esigenza che abbiamo è tassare i ricchi, le fortune, le eredità, i movimenti finanziari. Non so perché la sinistra abbia smesso di parlarne. E infine, dobbiamo lottare contro le privatizzazioni che il governo ha già messo all’ordine del giorno: la privatizzazione dell’Eletrobras (Impresa Elettrica Statale), delle Poste e della Banca Statale “Caixa Economica”.
BdF – Hai commentato l’esito delle elezioni comunali. I loro risultati potrebbero essere un preludio alle elezioni presidenziali e nazionali del 2022?
Le elezioni municipali sono sempre importanti, ma sono contrassegnate, come dicono i messicani, dall’idiosincrasia locale. In queste consultazioni non è in gioco l’ideologia, ma si tratta di scenari molto locali, che sono influenzati dai personaggi candidati, dalle precedenti amministrazioni. Quindi il risultato delle elezioni comunali è peculiare dei municipi. Non possiamo trarne lezioni a livello nazionale. Se volessimo ripercorrere la storia del Brasile, negli anni ’80, il PMDB (Movimento Democratico Brasiliano) controllava praticamente tutti i governatori degli stati e l’80% dei comuni. Lo stesso partito ha quindi lanciato Ulysses Guimarães come candidato alla presidenza e ha ottenuto solo il 3% dei voti.
Naturalmente, in alcune capitali, c’è stata anche una lotta ideologica tra i partiti. Ma in tutti i casi, il più grande perdente è stato il bolsonarismo. E sono lezioni da cui dovremmo trarre vantaggio. Dobbiamo avere un dialogo immediato con i sindaci e gli assessori che subentreranno il 1° gennaio, per vedere come nel territorio di un Comune si possano adottare politiche pubbliche che aiutino a migliorare le condizioni di vita delle persone. Penso che sia importante utilizzare lo spazio specifico del municipio per organizzare le persone, costruire una partecipazione più popolare nella politica municipale e conquistare una resistenza di massa attiva.
Dobbiamo prepararci per la lotta di massa, formare militanti e discutere un nuovo programma popolare per il Brasile, in modo che le elezioni del 2022 non siano solo un dibattito sugli acronimi di partito. Ma sia soprattutto una ampia discussione sul progetto di cui abbiamo bisogno per il Brasile.
BdF – Cosa aspettarsi dal 2021 sia a livello nazionale che a livello latinoamericano pensando alla correlazione di forze e alla pandemia?
JPS – In sintesi, il 2021 sarà un anno di vaccinazioni, tante lotte sociali e cambiamenti. Puoi scriverlo. Dunque, con quale scenario ciò si svilupperà?
A partire dall’America Latina, i venti favorevoli dalle Ande hanno già iniziato a soffiare. Le elezioni in Argentina e Bolivia e l’aggravarsi della crisi in Cile, Perù, Ecuador e Colombia stanno già dimostrando che avremo cambiamenti nel percorso di progresso della sinistra.
A febbraio si svolgeranno le elezioni in Ecuador, poi in Perù e poi in Cile. Le alleanze progressiste vinceranno queste tre elezioni e questo altererà l’equilibrio delle forze in America Latina. Praticamente solo il Brasile rimarrà con un governo di destra e la Colombia, che deve affrontare molti problemi sociali.
Credo anche che il governo Biden degli Stati Uniti non sia la stessa cosa di Trump, anche se rappresenta gli interessi del capitale. Ma Biden metterà in campo un’altra narrazione. Non è che sia a nostro favore, ma sarà caratterizzata da una maggiore convivenza e democrazia. Non potranno trattare l’America Latina nel modo in cui l’hanno trattata Trump e il “Sig. Pompeo”.
Qui in Brasile, cambieremo la correlazione delle forze con la lotta di classe. Il nostro compito è quello di organizzare la classe operaia, stimolare la lotta di massa, in modo che il rapporto di forze si capovolga anche da noi.
Sono fiducioso che non appena saremo in grado di universalizzare l’accesso al vaccino, questo ci darà la capacità e lo spazio per mobilitarci, organizzare lotte di massa, cambiare l’equilibrio delle forze e aprire la strada a un nuovo progetto per il nostro Paese.
Caroline Oliveira, 24/12/2020