I FONDI CONGELATI AL VENEZUELA NEGLI STATI UNITI USATI PER LA COSTRUZIONE DEL MURO CON IL MESSICO
I fondi congelati e sequestrati al Venezuela, tenuti negli Stati Uniti sono stati dirottati dall’amministrazione Trump nella costruzione del muro di confine con il Messico. Lo ha riferito il quotidiano britannico Financial Times citando come fonte di questa informazione il principale complice di Juan Guaidó nel Regno Unito, Vanessa Neumann, che si è dimessa dalla presunta carica di “ambasciatore” spiegando la sua decisione con l’esistenza di “dubbi all’interno dell’opposizione” sul futuro di Guaidó e ha affermato di avere “serie preoccupazioni” riguardo alla strategia da lui attuata finora.
La Neumann ha anche detto di essere sgomenta per il fatto che ci siano stati “ritardi burocratici a Washington” per consegnare a Guaidó il denaro sequestrato allo Stato venezuelano.
“Il futuro della leadership di Guaidó non è chiaro all’interno dell’opposizione”, ha sottolineato Neumann, come motivo fondamentale per non continuare con lui. La Neumann è stata uno dei principali responsabili del tentato furto delle oltre 30 tonnellate di oro venezuelano depositate nella Banca d’Inghilterra, che Guaidó voleva ottenere fingendosi il presunto “presidente” del Venezuela. L’ambasciatrice dimissionaria ha poi affermato che, da parte sua, “la lotta contro Maduro continuerà, e io personalmente continuerò quella battaglia”.
a disputa tra il regime di Nicolás Maduro e la Banca d’Inghilterra per l’accesso alle 31 tonnellate di lingotti d’oro (del valore approssimativo di 900 milioni di euro) che l’ente britannico tiene da anni in custodia sembra non avere fine. La Corte d’Appello di Londra ha, infatti, annullato il verdetto emesso lo scorso luglio dall’Alta Corte con cui Juan Guaidó ha ottenuto l’amministrazione dei lingotti d’oro depositati presso la Banca d’Inghilterra, che hanno un valore stimato di 1 miliardo di dollari.
Il contenzioso sui lingotti d’oro venezuelani depositati nei caveau della Banca d’Inghilterra è iniziato all’inizio del 2019, quando più di 50 paesi hanno riconosciuto Guaidó come legittimo presidente del Venezuela. La sentenza si basava sul fatto che il governo britannico aveva definitivamente riconosciuto Guaidó come presidente ad interim del Venezuela. Con questa premessa, concluse allora la corte, la Banca d’Inghilterra non era autorizzata a concedere quei soldi a Maduro, ma avrebbe dovuto trasmetterli a Guaidó. La decisione dei magistrati d’appello significa che il caso tornerà all’Alta Corte per determinare in modo definitivo chi il governo britannico riconosce realmente come presidente del Venezuela, se Maduro o Guaidó.
La corte d’appello di Londra considera ambigua la dichiarazione dell’allora ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, che nel febbraio 2019 aveva riconosciuto Juan Guaidó come “presidente ad interim del Venezuela”, perché anche il governo britannico ha continuato a riconoscere de facto l’amministrazione di Nicolás Maduro. Questa confusione di legittimità tra un leader o l’altro come capi di un paese, il Venezuela, ha portato la Corte ad avviare un’indagine approfondita la cui ultima conseguenza sarebbe quella di determinare quale dei due rivali politici ha diritto al controllo dei fondi. Prima di poter dare una risposta definitiva alle domande di riconoscimento sarà necessario stabilire se il Governo di Sua Maestà riconosce il signor Guaidó come presidente del Venezuela a tutti gli effetti e, quindi, non riconosce – a nessun effetto – il signor Maduro come presidente” – detta la sentenza. Se, quindi, la corte dovesse riscontrare un riconoscimento de facto dell’autorità di Maduro, sarà a lui che spetta il miliardo di dollari in lingotti d’oro.
L’esecutivo Maduro aveva chiesto la restituzione dell’oro per trasferirlo al Programma di assistenza allo sviluppo delle Nazioni Unite, e facilitare così l’acquisto di “forniture mediche, medicinali e generi alimentari di base” che avrebbero permesso la lotta alla pandemia di coronavirus. La Banca d’Inghilterra, insieme alla Federal Reserve degli Stati Uniti, è il più grande depositario internazionale di riserve auree. Contiene circa 400.000 lingotti nelle sue camere, per un valore di oltre 200 miliardi di euro. In risposta alla richiesta di Maduro, Guaidó chiese direttamente all’allora primo ministro, Theresa May, di non restituire l’oro al governo chavista. Il gesto è stato appoggiato dai parlamentari britannici e nel febbraio di quest’anno l’attuale primo ministro, Boris Johnson, ha ricevuto Guaidó a Londra con gli onori spettanti a un Capo di Stato.
La sentenza della corte segna la prima vittoria del governo chavista. Non è definitiva, ma, per il momento, ha una portata simbolica, così come l’aveva la prima sentenza a favore di Guaidó. L’amministrazione venezuelana, che ha respinto la prima sentenza del sistema giudiziario britannico, si preoccupa comunque di mantenere i rapporti con i paesi che hanno mostrato il loro sostegno a Guaidó. Nonostante i soliti incroci di accuse in pubblico, Maduro e il suo gabinetto non vogliono perdere questi canali di comunicazione. La corte d’appello di Londra ha sottolineato l’ambiguità de facto dell’architettura istituzionale del Paese sudamericano, con un leader dell’opposizione riconosciuto legittimo presidente da circa 60 Paesi, ma in pratica senza potere, che è legittimamente tutto nelle mani dell’apparato chavista.