MENO SANITA’ PIU’ ARMI, NEMMENO LA PANDEMIA FERMA LA SPESA MILITARE
La sanità, così come la scuola, hanno subito continui tagli negli ultimi anni. I risultati di tali scelte politiche sono sotto gli occhi di tutti: gli ospedali non hanno abbastanza mezzi e personale per fronteggiare l’epidemia, molte scuole cadono a pezzi. Un settore che non conosce crisi e non si ferma, nemmeno durante i lockdown, è quello degli armamenti. Le spese militari dell’Italia crescono sempre più.
Tornano in Parlamento i programmi della Difesa: blindati, nuovi elicotteri, satelliti e difesa spaziale. Da chi si deve difendere l’Italia? Perché non reindirizzare le risorse alla sanità durante la pandemia Covid? “Almeno per questo anno, il 2021, chiediamo una moratoria sull’acquisto di nuove armi. L’Italia ogni anno per gli armamenti spende circa 6 miliardi di euro. Per un anno non spendiamo soldi per nuovi sistemi d’arma, dirottiamo quei 6 miliardi nella sanità”, questo è l’appello fatto in un’intervista a Sputnik Italia da Francesco Vignarca, coordinatore Campagne – Rete Italiana Pace e Disarmo.
— Francesco Vignarca, l’Italia spende di più per le armi rispetto alla sanità, settore che ha sofferto continui tagli negli ultimi anni?
— L’Italia non spende di più in armi che in sanità, perché la spesa per la sanità è di oltre 110 miliardi, mentre per gli armamenti è di 26 miliardi. Il punto è che negli ultimi anni, come abbiamo verificato, la sanità ha subito dei tagli e non ha quindi avuto gli investimenti necessari anche solo per mantenere il potere d’acquisto con l’inflazione. La spesa militare complessiva invece, le risorse per mantenere gli eserciti e per l’acquisto di armamenti, è andata crescendo almeno di 1 miliardo fra il 2019 e il 2020. Ora stiamo aspettando i dati sulla nuova legge di bilancio per il 2021 per capire il nuovo trend.
Sicuramente negli ultimi anni l’Italia ha abbassato la sua spesa per la sanità rispetto al pil, mentre ha alzato la spesa per le armi rispetto al pil. La sanità, pur essendo 4 volte tanto le spese militari va a beneficio di tutti i concittadini, la spesa militare va a beneficio solo di chi produce gli armamenti.
— Durante la pandemia molti ospedali erano al collasso. Allo stesso tempo il business degli armamenti non si è mai fermato, nemmeno durante il lockdown. Perché secondo lei spendere così tanto in armi durante una pandemia? Da chi si deve difendere l’Italia?— Per anni è stata portata avanti la retorica della necessità di una difesa da un nemico esterno e dal terrorismo. Questo ha comportato che la politica subisse tanto questa retorica e questo approccio culturale, quindi non sono mai diminuite le spese militari. Ricordiamoci che viviamo in un mondo post 11 settembre 2001e se vediamo tutti i dati della spesa mondiale notiamo che da quel momento in poi c’è una crescita fortissima delle spese militari: in 20 anni sono aumentate del 50%.
Su quella percezione di paura e di minaccia, due fenomeni sicuramente costruiti, si è creata una risposta militare, quando invece la pandemia che stiamo vivendo dimostra come siano altre le minacce da cui dovremmo difenderci. Abbiamo visto lo shock sanitario che non si riesce ad attutire, il cambiamento climatico di cui si parla molto meno a causa del Coronavirus
Da cosa dobbiamo difenderci? Secondo noi dalle minacce vere: problemi di sanità, di lavoro, di cambiamento climatico e di welfare. In tutto ciò le armi non servono, ma occorrono scelte sull’energia pulita, sulla sanità e via dicendo.
Inoltre abbiamo visto erodere una serie di strutture come quella della sanità, strutture che sono fondamentali. In Lombardia, dove vivo io, negli ultimi anni si è puntato alla privatizzazione dove in realtà la risposta è stata meno efficiente che in altre parti.
— Fanno parte delle spese militari anche le missioni all’estero. La riduzione del contingente americano in Afghanistan non modifica l’impegno italiano nel Paese. Che ne pensa della missione italiana in Afghanistan?
— Noi abbiamo sottolineato da tempo che i fondi per le missioni militari, che hanno superato abbondantemente il miliardo all’anno, non solo andavano a finanziare missioni problematiche e a nostro parere non risolutive; negli ultimi anni i fondi sono stati utilizzati come una stampella perché comunque la struttura delle forze armate italiane è troppo grande e mancavano risorse per una gestione base della parte di addestramento, esercitazioni e dispiegamento. Si era utilizzato l’escamotage di avere molte missioni all’estero che garantissero non solo il dispiegamento verso quei teatri, ma anche paradossalmente una gestione standard delle forze armate.
Noi sull’Afghanistan in particolare abbiamo fatto uno studio anni fa come Osservatorio Milex che dimostrava come nei primi 16 anni di guerra avessimo speso 8 miliardi. Negli ultimi anni c’è stata una riduzione di mezzi dispiegati, nel 2019-2020 sono stati 200 milioni i soldi spesi per l’Afghanistan. Il totale oggi è di quasi 8,2 miliardi in tutti gli anni dal 2003 quando l’Italia è stata impegnata nel Paese.
Sono molti soldi per una missione che non aveva senso risolutivo. Da parte americana da anni si è registrato un lento disingaggio rispetto a quel teatro, dove non si è ottenuto nessun risultato. Abbiamo investito mezzi, risorse e anche vite umane purtroppo per una situazione che dopo anni si dimostra ancora peggiore di prima. È stata un’azione lanciata solo per poter rispondere all’11 settembre e dare l’impressione di fare qualcosa, alla fine si è favorito chi dalle guerre ci lucra.
— Secondo lei il tema delle spese militari troverà più spazio nel dibattito politico, magari nel contesto anche della crisi economica post-Covid?
— Noi cercheremo di farlo. Abbiamo lanciato diversi appelli già durante la prima ondata. C’è chi ha risposto ai nostri appelli dicendo che ci vuole un vaccino contro il virus che attacca le spese militari. C’è chi ha sostenuto che a causa della confusione nel mondo dovuto al Coronavirus ci sia bisogno di più armi. Evidentemente bisognerebbe invece rendere meno pericoloso il mondo affrontando i problemi della sanità ad esempio.
Ora che ci sarà la discussione sul bilancio dello stato rilanceremo con forza la proposta che abbiamo fatto qualche mese fa: almeno per questo anno, il 2021, chiediamo una moratoria sull’acquisto di nuove armi.
L’Italia ogni anno per gli armamenti spende circa 6 miliardi di euro. Per un anno non spendiamo soldi per nuovi sistemi d’arma, dirottiamo quei 6 miliardi nella sanità, nell’acquisto di nuovi strumenti necessari, in posti di terapia intensiva e anche nella scuola, l’altra grande struttura pubblica che ha sofferto in questi mesi. Anche la scuola ha bisogno di risorse perché i nostri figli possano andare in sicurezza a scuola. È la proposta che Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci continueranno a portare avanti.