LA LOTTA DI CLASSE AL TEMPO DEL COVID
Pensate alle immagini sorridenti dei vari Berlusconi, Briatore, Bolsonaro e Trump che guariscono dal Covid. Attorno a loro, la scienza e la medicina asservita alla classe dominante danno il meglio di sè: cure e medici d’eccellenza, stanze più confortevoli di un hotel di lusso, uno stuolo di infermieri a disposizione 24 ore al giorno.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia. O meglio della divisione della società in classi. C’è chi muore nel cesso di un ospedale, chi si contende una coperta termica nell’attesa di una bombola d’ossigeno, chi sta dentro l’ambulanza aspettando per ore che qualcuno lo possa salvare.
Ci stiamo abituando ad assistere alle scene quotidiane di bestiale disumanità. Ai pronto soccorsi presi d’assalto, alle autombulanze che vagano tra gli ospedali, dove anche essere parcheggiati nel corridoio di un ospedale diventa un miraggio: la quotidianità ci racconta di masse di malati che disperatamente si contendono l’ultimo brandello di sanità pubblica.
Chi è figlio della miseria non ha diritti. E’ un ingombrante rottame. Chi non frequenta ristoranti di lusso, non fa vacanze vip, non ha carte di credito ben ingrassate, non frequenta festini per ricchi e ricercate gioiellerie può morire, togliersi davanti, è insignificante per il Pil nazionale. Anzi, è un costo da abbattere.
E’ incurabile perché la miseria, in questo sistema, è incurabile. Questa è la democratica repubblica in cui viviamo.
Quella che i benpensanti, quelli di sinistra, i “sinceri democratici” contrabbandano come il frutto della Resistenza, offendendo la memoria dei partigiani che, certo, non hanno combattuto perché vivessimo in questa società di merda.
Nella morte, nella disperazione, nella sofferenza della nostra classe si può leggere a chiare lettere il fallimento del riformismo, in tutte le sue fetenti e infami versioni.
Le forze materiali in grado di ribaltare questa società ci sono, eccome. Ma decenni di passività, di inazione, di delega “ai partiti di sinistra” hanno creato un deserto.
La classe dominante riserva al popolo di schiavi, un futuro di fame e di elemosine, di ricatti e di degrado.
E’ il mondo della barbarie, è il mondo del capitale.